Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
Miti e leggende parlano magistralmente della nostra condizione umana. Non per nulla Freud se ne è servito per indicare alcune problematiche e patologie. Recentemente mi è stato dato di ripercorrere il mito di Prometeo che questa settimana vorrei condividere con i miei lettori.
Prometeo simboleggia le forze arcaiche opposte alle forze dello spirito. Le forze inconsce che vogliono diventare coscienti.
Cosa racconta questo mito? Prometeo non è un umano, ma un Titano. Nati da Giapeto (figlio di Urano e Gea) e da Climene (figlia di Oceano), Prometeo e il fratello Epimeteo sono Titani, appartenenti cioè alla generazione divina precedente a quella di Zeus e degli altri Dei olimpici.
Il mito racconta che Prometeo ed Epimeteo sono entrambi al servizio degli Dei, che hanno affidato loro il compito di distribuire tutte le qualità e gli attributi necessari ad ogni organismo vivente.
Prometeo è una creatura primordiale indifferenziata e un astuto Titano che inganna Zeus stesso durante un banchetto. Zeus, furioso, si vendica di Prometeo togliendo il fuoco alle creature che aveva creato. Questa terribile punizione le restituisce alla loro animalità. Prometeo, preoccupato per il loro futuro, prende il Fuoco da Efesto, il dio del fuoco e della fucina, e da Atena, la dea della Sapienza. Con il fuoco, l’umanità riacquista la sua esistenza tecnica: può usarlo per produrre ferro e acciaio, per fare artigianato, per cucinare la carne e per comunicare con gli Dei.
Prometeo il conscio ed Epimeteo l’inconscio
Prometeo, “il lungimirante”, ovvero «colui che pensa prima di agire» e suo fratello Epimeteo, “il miope”, «colui che pensa dopo aver agito» rappresentano la duplice natura dell’essere umano: colui che contiene i suoi impulsi grazie alla riflessione e colui che che soccombe ad essi.
Il mito racconta che Epimeteo voleva lavorare da solo alla distribuzione delle qualità, dei talenti e delle risorse di ogni specie, compito che gli Dei gli avevano affidato sotto la supervisione del fratello maggiore, Prometeo. Quando Prometeo se ne accorse, poté solo constatare che il fratello, distratto, aveva dimenticato il genere umano. Così se in natura tutto era in ordine, la razza umana restava priva di tutto, debole ed impotente. I due fratelli erano confusi, così Prometeo, cercò di rimediare all’errore e decise di rubare ad Efesto il Fuoco, l’attributo supremo degli Dei, per consolare le sue creature e dar loro lo status di anime viventi, poiché animate dal Fuoco sacro della vita: il pneuma, il respiro. Una forma di divinizzazione accelerata con oneri e onori.
Il Fuoco sacro rubato dal titano, infatti, è il fuoco sacro della conoscenza e della saggezza. Prometeo lo donò all’uomo perché padroneggiasse le tecniche, le arti e le scienze. In questo modo, il genere umano condivise con gli Dei la conoscenza, l’intelligenza e la coscienza. Custodi della Conoscenza concreta rubata a Efesto, il dio della fucina e della metallurgia e della Conoscenza astratta rubata ad Atena, la dea della saggezza, gli uomini venivano a competere con gli Dei. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, ciò ha precipitato l’umanità in una civiltà tecnocratica, razionale e fredda, rischiante l’autodistruzione, minacciata dalle forze caotiche dell’inconscio da cui non si è differenziata.
Questo mito mi sembra di bruciante attualità. Il “fuoco eternamente vivo” di Eraclito, il fuoco della Pentecoste nel Cristianesimo occidentale, il fuoco celeste “Surya” nell’Induismo orientale, è stato sostituito dalle armi da fuoco, dal fuoco della passione distruttrice.
Il castigo di Zeus
Zeus, indispettito, si vendica dell’umanità e di Prometeo. Invia sulla terra Pandora, la prima donna che gli uomini abbiano mai visto ed Epimeteo, immediatamente la sposa. Pandora, incaricata dagli Dei di punire tutti gli uomini per i loro tentativi di competere con loro possedendo il Fuoco/lo Spirito, apre il famoso vaso contenente tutti i mali. Così malattie, morte, sofferenza, follia, odio, lavoro, miseria e disperazione si diffondono sulla terra. Solo la speranza rimane bloccata sul fondo della scatola. Zeus fa incatenare Prometeo alla cima dell’Elbrus, una montagna del Caucaso. Ogni giorno un’aquila gli divora il fegato, che si rigenera di notte. Il fegato, infatti, è l’unico organo umano capace di ricrescere.
Noi e il processo alchemico di individuazione di Prometeo
Un’analisi simbolica di questo mito, utile ad analizzarci meglio – introspettivamente, intendo – potrebbe essere quella che l’aquila che viene a divorare il giorno il fegato che ricresce la notte, rappresenti la Mente Conscia che si emancipa dalle forze oscure della Mente Inconscia.
Prometeo è esposto a un susseguirsi di giorni e notti difficili, incatenato ai suoi complessi, alle sue nevrosi, alle sue credenze e ad altri limiti che potrebbe rappresentare la roccia del Monte Caucaso alla quale è legato e dalla quale non può fuggire.
Per liberarsi potremmo ipotizzare che debba umanizzare i contenuti dell’inconscio e salire in modo consapevole e non con l’inganno sull’Olimpo.
Dopo mille anni di tormento, viene ammesso sull’Olimpo grazie al sacrificio di Chirone, il centauro metà uomo e metà cavallo, noto per la sua saggezza e intelligenza che ottiene da Zeus la liberazione di Prometeo in cambio della propria vita.
L’opinione di Jung¹
Per Jung, il mito illustra la vittoria della coscienza sull’inconscio, nella consapevolezza che l’inconscio non smette mai di cercare di inseguire la coscienza appena acquisita.
L’uomo deve fare appello all’energia dell’eroe per preservare il fuoco/lo spirito che ha acquisito e che l’inconscio vuole riprendersi. Deve lottare costantemente con la forza dell’inconscio, da cui nello stesso tempo è chiamato a differenziarsi. In altre parole, a risvegliare la sua coscienza e il suo discernimento.
¹ Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961) è stato unopsichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico, psicoanalitico e filosofico. (fonte Wiipedia)
***Immagine di copertina di Dirck van Baburen – https://www.rijksmuseum.nl/assetimage2.jsp?id=SK-A-1606, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48129071
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