Opportunità e limiti dell’empatia

Opportunità e limiti dell’empatia

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

«Ma che cosa diavolo è l’empatia?» « Potremmo considerarla il tratto distintivo della nostra umanità»

La battuta è tratta da uno scambio tra me ed un vivace signore di mezza età durante una conferenza di diversi anni or sono .

Il termine “empatia” deriva dal filosofo tedesco Robert Vischer che, nel 1873, definì l’empatia estetica come una modalità di relazione emotiva tra un individuo e un’opera d’arte attraverso l’einfühlung (immedesimazione).

Secondo il Nuovo Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti: «Empatia è un termine introdotto nel 1909 […] che significa “sentire dentro”. L’empatia, infatti, designa la capacità d’immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo».¹

L’empatia è dunque una preziosa facoltà. Ci permette di comprendere gli altri, di provare le loro emozioni e di saperci mettere nei loro panni. Tuttavia l’empatico è bombardato dalle emozioni degli altri, positive e negative: sente le loro emozioni come se fossero le sue, il che può diventare una fonte di stress.

Allora, concediamoci un viaggio nel paese dell’empatia per conoscerla meglio e definirne limiti e possibilità.

Concetto onnipresente da circa dieci anni, sia nella ricerca scientifica universitaria che nel mondo professionale della sanità, dell’istruzione e del lavoro, l’empatia viene presentata come una capacità emozionale che permette di lottare contro alcuni mali sociali come l’individualismo, l’isolamento, il comunitarismo e la violenza.

Essere empatici significa comprendere e provare l’emozione che l’altro prova in una determinata situazione. L’empatia sembra quindi essere un’abilità essenziale per le interazioni sociali, la cooperazione e l’altruismo.

Secondo i ricercatori, oltre a fattori biologici e perfino genetici, sarebbero le nostre esperienze, il nostro apprendimento in campo emotivo ed educativo a generarla e promuoverla in noi.

Possiamo vederla sia come la consapevolezza degli stati interiori altrui (dai pensieri, ai sentimenti, alle intenzioni), sia come una risposta “affettiva” agli altri (espressività di sentimenti ed emozioni). Vi sarebbero due tipi empatia: quella cognitiva e quella emotivo-affettiva. La prima si riferisce alla capacità di comprendere i pensieri e le intenzioni degli altri, mentre la seconda è la capacità di percepirne gli stati emotivi.

Non solo. « Hofmann² distingue un'”empatia egocentrica”, quando un soggetto attribuisce all’altro lo stato emotivo che egli può aver provato in situazioni analoghe, dall'”empatia per i sentimenti dell’altro”, che è una forma più evoluta di empatia resa possibile dalla rappresentazione cognitiva del vissuto altrui ».³

Non tutti siamo empatici in egual misura. Alcuni di noi provano le emozioni esterne in modo molto più violento di altre. Altri non  sviluppano questa capacità.

Empatia significa una grande connessione con un’altro essere, sia esso umano, animale o perfino vegetale. È la prova di profonde capacità emozionali e psichiche, che vanno oltre la comprensione del mondo attraverso i cinque sensi.

Una persona empatica può connettersi con l’essere profondo che è l’altro, sia a livello di pensieri che di sentimenti.

L’empatia emotiva che si attiva più facilmente è quella che si prova di fronte a una persona addolorata, in pericolo o che è vittima di un’ingiustizia. Questo vissuto ci mette a disagio e ci spinge tendenzialmente ad aiutare chi sta soffrendo.

Non tutte le persone empatiche hanno la stessa sensibilità nei confronti degli altri. Essere empatici, tuttavia, può essere complicato e perfino stressante perché si percepiscono costantemente le emozioni degli altri. Spesso inoltre può risultarci difficile distinguere tra un’emozione che ci appartiene e un’emozione che ci proviene dagli altri.

Inoltre, l’empatia che ci fa sentire le emozioni altrui può “farci assorbire” i loro vissuti negativi, il loro disagio. A maggior ragione se si tratta di un familiare od un amico!

Come gestire la nostra empatia

  • Da empatici prendiamo per noi stessi le emozioni provate dalle persone che ci circondano, soprattutto se chi ci sta raccontando il proprio disagio è un amico o un parente. È necessario fare un passo indietro: sì, questa persona sta soffrendo, ma non c’è motivo per vivere il suo disagio come se fosse il nostro!

Non è facile, ma è indispensabile renderci conto che condividere la sofferenza dell’altro non lo aiuterà. Nè aiuterà noi a consigliarlo meglio. Il suo problema non è nostro, è suo. Soltanto mantendendo le dovute distanze emotive potremo realmente aiutarlo.

  • Quando il momento empatico col nostro interlocutore è finito,  respiramo profondamente e ricentriamoci su noi stessi, sulle nostre sensazioni ed emozioni (differenziandole da quelle condivise!).

L’empatia si dissipa a poco a poco quando non si è più a contatto. Concediamoci un momento privilegiato con noi stessi, rilassiamoci, ascoltiamo la nostra musica preferita, rivediamoci un vecchio film. Insomma, disattiviamo le emozioni che ci hanno pervaso.

  • Parliamone ad un amico fidato. Confidiamoci con una persona cara, purché neutrale, spiegandogli la nostra preoccupazione per colui che ci ha parlato (omettendo le cose troppo delicate e le preoccupazioni che ci animano).

Anche gli psicologi hanno i loro supervisori!

  • Prendiamo le distanze dalla situazione, evitandoci di entrare nella sfera ansiogena dell’altro. Se uno dei nostri amici è alla ricerca di un lavoro o di un compagno, ricordiamoci che non spetta a noi cercarglielo!

Il rischio è che oltre al trasferimento delle emozioni ne viviamo uno relativo alla situazione. Aiutiamo pure l’amico, ma non proviamo a risolvere il suo problema: quando siamo sottoposti ad emozioni invasive, dobbiamo impedirci di subire una situazione che non ci appartiene.

  • Altro strumento principe per le persone empatiche è la consapevolezza. Essa ci permette di comprendere le emozioni e i pensieri che ci attraversano, per accoglierle certo, ma  soprattutto per determinare se appartengono a noi o agli altri.

Nel caso in cui le difficoltà di gestione della nostra empatia  impattino sul nostro quotidiano, non sottovalutiamo il ricorso a professionisti capaci di aiutarci a differenziare le nostre emozioni da quelle degli altri.

¹ U. Galimberti, Nuovo Dizionario di Psicologia Psichiatria Psicoanalisi Neuroscienze, Feltrinelli, 2021, pag. 440.

² Martin L. Hoffman è stato psicologo statunitense e professore emerito di psicologia clinica e dello sviluppo presso l’ Università di New York.

³ Ibidem, pag. 441.

 

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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