Di Claudio Rao
“Responsable mais pas coupable” é una formula dei cugini d’oltralpe per indicare una indiscussa responsabilità che tuttavia non è intenzionale, quindi non è colpevole.
Cosa sarebbe successo se i macchinisti dei treni della morte che conducevano gli ebrei ad Auschwitz si fossero rifiutati di eseguire gli ordini?
Cosa sarebbe accaduto se i soldati di tutte le guerre si fossero rifiutati di sparare su altri ragazzi come loro solo per soddisfare la “Cupiditas atque libido possidendi et dominandi” dei potentati dell’epoca?
Cosa cambierebbe se ciascuno di noi, senza aspettare l’approvazione dell’altro o la solidarietà dei colleghi si comportasse secondo coscienza e non secondo regolamento?
Uno degli insegnamenti dell’indimenticata astrofisica Margherita Hack mi sembra illuminante a riguardo: “Non è necessario avere una religione per avere una morale. Perché se non si riesce a distinguere il bene dal male, quella che manca è la sensibilità, non la religione”. Altrimenti detto, ciò che fa di noi degli esseri umani, la nostra identità profonda è semplicemente l’empatia.
Per dirla con Cicerone, “Pietas fondamentum est omnium virtutum“. La nostra capacità di empatia è il cuore e l’anima di ogni altra virtù.
È dunque l’empatia e non la paura che dovrebbe illuminare le nostre scelte.
Eppure a cosa assistiamo passivamente da alcune generazioni? A un’amministrazione fredda e insensibile oltrecchè profondamente ingiusta. A una giustizia forte con i deboli e debole con i forti.
All’esaltazione irrazionale ed incondizionata della libertà individuale o confessionale fronte alle regole del vivere comune ed – insieme – alla reificazione della persona come utente, contribuente e consumatore. Ad un’autentica spremuta erariale del lavoratore e dell’acquirente in genere (si pensi all’IVA su tutto) per dei servizi sempre meno efficienti e, paradossalmente, sempre più privatizzati. La nostra testata se ne fa sovente portavoce.
Contraddizioni assurde eppur reali, per l’elenco delle quali non basterebbe una biblioteca, che affliggono tutti noi quotidianamente in contesti sociali in cui risulta impossibile anche una semplice segnalazione per migliorare le cose.
Politici e amministratori locali che, in mano a lobby e talora prede di interessi personali, non ascoltano più i loro elettori che capiscono sempre meno e con i quali non condividono quasi più nulla.
Ce ne lamentiamo tutti e quando troviamo un piccolo funzionario o burocrate più umano degli altri, ci confida di esserne a sua volta una vittima. Di essere costretto ad agire così, perché questo è il suo lavoro, purtroppo. Responsable mais pas coupable, insomma.
Possibile che assolutamente nulla possa essere fatto per cambiare le cose o, in subordine, per inceppare il sistema? Perché non ispirarsi alla non-violenza di Gandhi o al programma di Gramsci per cercare nel nostro piccolo di fare qualcosa?
Siamo tutti piccole rotelline di un immenso ingranaggio. Un sistema che si serve di noi più di quanto ci serva e ci aiuti.
Ci sentiamo così inutili e insignificanti per cambiare le cose, eppure se la nostra rotellina si inceppasse a momenti o anche semplicemente rallentasse, qualche sussulto lo potrebbe provocare. Anche senza invertire la rotta.
Allora, diamoci un compito, riflettiamo. Quali piccoli segnali potrebbe dare ciascuno di noi nel suo piccolo per manifestare la propria empatia, la propria umanità?
Anche il più insignificante potrebbe fare la differenza ed accendere altre scintille di umanità per illuminare l’immensa notte in cui ci troviamo.
Una presa di coscienza e una volontà di mettersi in gioco per non alienare la propria identità.
Un vecchio amico mi confidò che all’epoca in cui svolgeva il suo servizio di leva, si sforzava di chiamare tutti i suoi commilitoni per nome (e non per cognome) per valorizzare la persona che stava sotto l’uniforme. All’epoca sorrisi, ma ora mi pare un delicato e significativo atto rivoluzionario.
Forse la disobbedienza civile, aurora di cambiamento, inizia proprio così.
Proviamo a raccogliere una sfida: sostituire l’italianissimo non è di mia competenza con un che cosa posso fare io, nel mio piccolo? A volte basta una email, un “capisco”, un consiglio amicale e perfino – potrà anche stupirvi – un semplice sorriso.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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