A cura di Susanna Schivardi e di Massimo Casali
La Puglia e i suoi vini raccontati in una masterclass organizzata da Vinario 4, protagonisti del Mercato Centrale di Via Giolitti a Roma, il 26 ottobre.
Con la guida di Alessandro Nigro Imperiale, pugliese doc e miglior sommelier d’Italia 2022, laureato all’Università di Foggia in Viticoltura ed Enologia, e Umberto Trombelli, best Ais Lazio sommelier 2024, la Puglia si è aperta e raccontata in un percorso articolato, partendo da un Metodo Classico e terminando con una Riserva. Emerge una realtà complessa, stasera tracciata dal Consorzio di Tutela Dop, Salice Salentino, nato nel 2003 per mettere insieme piccole realtà che da sole non avrebbero avuto la forza per competere e imporsi sul mercato. Comprende le Doc Salice Salentino e tutte le Igp Salento, si compone di 2800 soci e 4mila ettari di terreno vitato.
La varietà principale è il Negroamaro, uva versatile, dalla maturazione tardiva e con acino ricco e succulento. Per anni la Puglia è stata sinonimo di uva da taglio tanto da essere definita “cantina d’Europa”. Da qui partivano vagoni pieni di uva pugliese verso il Nord Italia, per la sua vigoria, il suo colore caratteristico, il tasso alcolico alto, molto amato dalla Francia. Negli anni ’70 si è poi verificata una vera svolta enologica, per mettere fine a questo spreco, chiamiamolo così, e andare invece a incentivare la produzione in loco di vini che poi faranno la storia di questa regione, primo fra tutti il Primitivo. È stato proprio qui che nel 1943, mentre i paesi d’Europa e non solo erano in guerra, la Puglia, grazie all’azienda Leone De Castris, imbottigliò il primo rosato d’Italia.
Non da meno, è da attribuire al senatore Arcangelo De Castris l’origine della denominazione Doc Salice Salentino. Il tacco dello stivale ha ben cinque varietà che portano avanti etichette di qualità riconosciuta: Negroamaro, Primitivo, Malvasia bianca e nera, Chardonany e Aleatico. Nel disciplinare del Salice Salentino Dop emerge un peso specifico per i bianchi da uve Pinot Bianco, Fiano e Chardonnay con un minimo dell’85%, per i rossi da uve Negroamaro per un minimo del 90%, concorrono chiaramente Aleatico, Malvasia Nera e Primitivo. Per la menzione Riserva si prevede un affinamento di almeno 24 mesi, con minimo 6 di legno. Il filo conduttore dei vini pugliesi passa attraverso le mani di famiglie che hanno lavorato per anni queste terre ricche di ferro, argilla e sabbia che regalano al naso dei profumi inconfondibili. Profondità ma anche freschezza e sapidità, sapori mediterranei, ariosi, dove la qualità ha preso il posto della quantità, dove lavoro attento e rese basse hanno innalzato l’asticella di questi prodotti.
Andiamo ad analizzare i vini da vicino, secondo la linea che il Consorzio e il conduttore della serata hanno voluto dettare.
Leone De Castris – Five Roses Metodo classico 2020 – siamo di fronte alla storia vitivinicola della regione. Da uve Negroamaro e Malvasia nera di Lecce, il colore è rosa brillante, trasparente, limpido. Bollicina raffinata, al naso piccoli frutti rossi, in bocca molto persistente, ricco il parterre di lievito, panificazione, per una freschezza in chiusura ambiziosa e suadente.
Apollonio 1870 – Mani del Sud, Salice Salentino Dop Bianco 2021 - i riflessi di questo vino sono verdi dorati, i profumi eleganti, erbacei e di frutta fresca. In bocca il sapore è rotondo e piacevole l’acidità. Un vino piuttosto strutturato, da una delle aziende più grandi dell’area, un’azienda da un milione e mezzo di bottiglie, che arrivano in 40 paesi nel mondo.
Feudi di Guagnano – Rosarò Salice Salentino Rosato Dop 2023 – rosa limpido e brillante, all’olfatto frutti rossi e erbe aromatiche. Le piante da cui vengono queste uve hanno almeno 50 anni, nel territorio di Guagnano, con la tipica conduzione ad alberello. Ha una beva fresca e vivace, un vino allegro, gioviale e longevo.
Cantina San Donaci – Anticaia Rosato Salice Salentino Dop 2023 – al naso immediati i frutti, fragranza di fragola e ciliegia, mediterraneità diffusa anche al gusto, un vino di corpo, gastronomico, di grande versatilità. La cantina nasce nel 1933, all’oggi conta 300 soci, è una parte di storia importante per il Salice Salentino, perché ha dato impulso a una produzione di qualità.
Cantalupi Riserva – Salice Salentino Dop 2021, Tenuta Conti Zecca – passiamo ai rossi con una delle realtà più antiche del Salento, da uve Negroamaro in maggior percentuale e Malvasia Nera, situate su terreni alluvionali. La riserva riposa in barrique di rovere, ne deriva un vino seducente, equilibrato, strutturato, con sentori di frutta rossa e spezie. Una leggera affumicatura sul finale. L’azienda ha una storia centenaria ma è nel 1935 che avviene la svolta con la capacità visionaria del conte Alcibiade Zecca, che decide di produrre vino dalle uve dei suoi possedimenti. Nei decenni successivi la strada è stata tutta in discesa, portando la cantina a una qualità riconosciuta a livello internazionale.
Agricole Vallone – Graticciaia Rosso Igt Salento 2018 – da uve Negroamaro di alberelli di almeno 70/80 anni del Cru Caragnuli, offre un profilo organolettico molto caratteristico. Il nome deriva proprio dal fatto che le uve vengono fatte appassire sui graticci, questo non comporta però una componente zuccherina accentuata, anzi, rimane forte un equilibrio estremo per un vino importante, complesso e piacevole. La prima fase dell’affinamento avviene in piccole botti di legno, segue una breve fase in cemento e poi bottiglia. Il naso è profondo, al gusto frutta secca, vaniglia, tabacco, note speziate, liquirizia. L’azienda è una delle più rinomate della zona, anch’essa ha scritto la storia della viticoltura della Puglia, grazie all’insistenza dell’enologo Severino Garofalo, che ha creduto fin da subito nella versatilità di questo vitigno.
Confermiamo ancora una volta la grandezza vinicola di questa terra. Vocata grazie alle sue qualità geologiche e poi custode di un saper fare millenario e alla conduzione ad alberello che è da attribuirsi propria a questa parte d’Italia. Non a caso, molte aziende abituate ad altri metodi, stanno tornando sui vecchi passi dell’alberello, per curare ancora di più la qualità delle uve in vigna. Un terreno ricchissimo, rosso e fatto di minerali, chiuso tra i due mari, dove non può mancare l’escursione termica. Il vino qui, insomma, si è sempre fatto, il paesaggio che fa da cornice alle viti sembra apposta disegnato per la viticoltura, terreni profondi e città barocche, masserie come piccoli pezzi di un mosaico variegato, dove eleganza e spessore contemplano la ricerca di un affinamento sempre più specifico, anche in vista di una nuova era dettata da cambiamento climatico e vendemmie precoci, alla ricerca della perfetta maturazione delle uve. Anche quest’anno la vendemmia ha visto caldo torrido e calo di produttività in termini di quantità, ma dall’altra parte assenza di malattie fungine e ottimo livello qualitativo.
Grazie ai ragazzi di Vinario 4, Matteo, Riccardo e Marco, che hanno organizzato un evento ricco di novità, attraverso un percorso di approfondimento del Salice Salentino Dop, con banchi di assaggio di 25 aziende del Consorzio, in abbinamento a tanti piatti dalle cucine di tutto il mondo e in particolar modo un focus sulla tradizione salentina.
***Tutte le fotografie compresa quella di copertina sono di Susanna Schivardi
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