Mio figlio ha un problema? Come scoprirlo e cosa fare

Mio figlio ha un problema? Come scoprirlo e cosa fare

Rubrica a cura del Dottor Claudio Rao

Le sofferenze dei giovanissimi non sono facili da individuare e anche i genitori
più attenti possono ignorare a lungo il malessere che i propri figli possono
banalizzare o nascondere.

Un’insolita irritabilità, problemi di concentrazione, un eccessivo stato di
affaticamento, un improvviso ripiegamento introversivo, difficoltà
nell’addormentamento o frequenti risvegli notturni sono tutti segni di disagio che
dovrebbero interpellarci come genitori o come professionisti. Soprattutto se
accompagnati da atteggiamenti “regressivi” proprî a individui più giovani (capricci,
enuresi notturna, etc).

L’intuizione precoce del disagio infantile è utilissima per evitare che diventi stabile e
rischi di evolvere verso dei disturbi psichici, spiegano gli esperti. Quando la salute
mentale di un bambino viene compromessa, essa impatta negativamente
sull’autostima, lo stress, le relazioni sociali, il sonno, l’alimentazione, l’andamento
scolastico e la motivazione a svolgere qualsiasi attività.

Come scoprirlo? Ecco 5 campanelli d’allarme

Ci sono dei segnali capaci d’indicarci se nostro figlio sta vivendo uno stato di
disagio o di difficoltà. Eccone alcuni relativamente facili da osservare.
L’ansia. Nulla di più naturale che ansia e stress precedano un esame o
un’interrogazione o colorino momenti di particolare intensità nella vita dei
nostri ragazzi.

Tuttavia, quando lo stress è costante o particolarmente intenso
da disturbare la loro quotidianità, può indicare un malessere più generale!
La stanchezza e i dolori fisici. Una certa dose di stanchezza e di sonno può
essere assolutamente passeggera e dovuta ad una settimana particolarmente
intensa o a un cambiamento negli orari e nelle abitudini. Tuttavia, quando un bambino si lamenta in maniera continua e ripetitiva di stanchezza e di diversi dolori, è necessario prestare particolare attenzione. In effetti crampi, dolori
muscolari, bruciore allo stomaco, cefalee o problemi intestinali, possono
essere la manifestazione di un disagio più ampio e complesso.

Se accompagnati da apatìa, irritabilità, eccitazione eccessiva o ripiegamento
introversivo è indispensabile non sottovalutarli. Importante la lettura incrociata
tra le nostre osservazioni e l’andamento scolastico o la comparsa di eventuali
tic, pallori, dimagrimenti e disturbi del sonno.

La frequenza scolastica. Alla scuola primaria, assenze frequenti e ripetute
dovrebbero allarmare docenti ed educatori, soprattutto se mal giustificate dalla
famiglia. Opportuna dunque, in siffatti casi, un’analisi approfondita del
contesto in cui avvengono tali assenze.

I problemi di apprendimento. Imparare a leggere, a scrivere a contare e a
pensare (quest’ultimo piuttosto negletto ad essere sinceri) costituiscono le basi
degli apprendimenti che ogni bambino acquisisce a suo ritmo e con
tempistiche differenti.

Tuttavia, se emergono e persistono difficoltà, bisognerà
analizzare attentamente la peculiarità del caso. Potrebbe trattarsi di disturbi
specifici dell’apprendimento, ma anche rivelare semplicemente un profondo
malessere passeggero del bambino.

La tristezza e l’isolamento. Un’osservazione più complessa da condurre è
quella relativa alle manifestazioni di tristezza del bambino. Può essere
passeggera e momentanea, dovuta a piccole difficoltà relazionali tra coetanei o
più incisiva e profonda. Tuttavia, se è accompagnata da fenomeni di
“evitamento sociale”, mutismo, agitazione, aggressività, provocazione,
iperattività sarà probabilmente la manifestazione di uno stato di disagio più
profondo.

Che fare? Il parere degli esperti

Per Bruno Falissard1, neuropsichiatra infantile, esperto all’Istituto nazionale francese
di salute e ricerca medica, « i genitori dovrebbero sentirsi interpellati da un insieme
di segnali: turbe del sonno, problemi alimentari, irritabilità ». La depressione
infantile si manifesterebbe altresì attraverso la collera, il ripiegamento introversivo,
l’auto-svalutazione e disturbi psicosomatici legati all’ansia come mal di stomaco e
mal di testa.

Lo specialista insiste sulla dispersione scolastica, intesa non come fobia
quanto un crollo in tutte le materie, come principale motivo di consultazione – in
particolare per i più grandi. E, precisa: « in caso di disturbi psichici, la tristezza è
meno presente nei bambini rispetto agli adulti ».
Il primo consiglio del professor Falissard è quello di chiedere al bambino come
sta: trattandolo alla pari e non dall’alto in basso.

«L’ideale è di farlo quando si è soli con lui o in un contesto diverso da quello
domestico. Per chiederglielo, approfittate di un percorso in macchina
accompagnandolo a un’attività o un hobby che condividete con lui» suggerisce
l’esperto.

Se nostro figlio ci confida la propria sofferenza o se constatiamo dei segni
inequivocabili del suo disagio (ovvero non riconducibili alla nostra ansia
genitoriale), il nostro primo interlocutore sarà il medico di base o il pediatra.

Dopo una concertazione con lui, potremo informarci sulle offerte territoriali convenzionate o meno e rivolgerci ad un professionista qualificato: neuropsichiatra infantile,
pedagogista clinico, psicologo o psicoterapeuta specializzato in età evolutiva.
Occuparsi del benessere di nostro figlio significa innanzitutto conoscere “il
funzionamento” di ogni fase del suo sviluppo. Prestare attenzione ai segnali che
ci invia e alle sue reazioni vuol dire testimoniargli l’importanza che ha per noi e
rassicurarlo con la nostra presenza.

Questo clima di fiducia e di ascolto, privo di tensioni psichiche, fisiche e verbali,
favorirà la crescita e lo sviluppo mentale del nostro ragazzo, ma anche la sua
disponibilità a manifestarci difficoltà e disagi prima che diventino ostacoli
insormontabili.

1 Autore del libro «Soigner la souffrance psychique des enfants», Éditions Odile Jacob, 2020.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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