Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
Non siate intolleranti di fronte all’intolleranza. Soprattutto a quella dei vostri figli. I bambini, specie in gruppo, possono diventare intransigenti, talvolta perfino settari. Tra di loro, ma anche con gli altri, con le femmine, con i vicini.
Rispetto e pluralismo sono valori e atteggiamenti che si insegnano e si imparano poiché diffidare del diverso è un istinto naturale, di sopravvivenza che ci accompagna dalla notte dei tempi. Se non avete mai affrontato l’argomento con i vostri pargoli, non stupitevi se se ne escono spontaneamente con osservazioni o propositi imbarazzanti.
Fabienne e Julien sono due genitori che ricevetti in momenti diversi nel mio studio di Pedagogista Clinico®. Eccovi a braccio una sintesi dei loro vissuti.
« L’altro ieri, passeggiando in città con Simon [8 anni] abbiamo visto due uomini che camminavano tenendosi per mano. Non appena li ha visti, nostro figlio ha puntato il dito dicendo “Guarda, due checche!” Ci siamo sentiti super-imbarazzati soprattutto perché nessuno usa queste parole in famiglia. Giunti a casa lo abbiamo rimproverato, ricevendo per tutta risposta un serissimo “Ma a me fa schifo!”. E, nonostante le nostre spiegazioni e le nostre insistenze, Simon è rimasto sulle sue posizioni, promettendo però di non comportarsi più in quel modo per strada. Suo zio, con cui ha una complicità tutta speciale, è gay. Non glielo ha mai nascosto, ma Simon forse non lo ha ancora davvero realizzato. Secondo lei, dottore, il parlargliene con chiarezza aiuterebbe nostro figlio a capire meglio la situazione o gli farebbe rifiutare completamente il legame con mio fratello? » Un dilemma non da poco per Fabienne.
Altro problema per Julien che qualche mese prima mi spiegava: « Durante l’estate i ragazzi del quartiere fanno sempre delle partite di calcio all’interno del giardino del nostro condominio. Con mia moglie andiamo spesso a vederli se non siamo in vacanza. Una sera un ragazzino non era potuto venire e mancava un giocatore. Così, dopo averci pensato su, ho proposto di andare a chiamare Patrick. Al che mio figlio Maxime [9 anni] mi ha risposto: “Patrick il nero? Ma sei matto?!”. E i suoi compagni lo hanno sostenuto con propositi ancora più espliciti. Sono rimasto allibito perché non pensavo che ai nostri giorni si potesse ancora ragionare così! Soprattutto qui da noi. E’ vero che non siamo un quartiere particolarmente multietnico, ma mai avrei immaginato di sentire mio figlio parlare così. Come posso riprendere l’argomento per modificare questa mentalità? »
Come dicevamo all’inizio, è importante in società come le nostre e nell’interesse dei nostri ragazzi educarli alla diversità, evitando ed arginando le idee estremiste e facendo loro capire che bisogna considerare gli altri per ciò che possono portarci come valore aggiunto, pur continuando a restare noi stessi.
Fin da piccoli cerchiamo di sensibilizzare i nostri figli e nipoti alle altre culture. Se non possiamo viaggiare, regaliamo loro dei libri che illustrino altri paesi ed altre società; seguiamo con loro dei documentarî in televisione o su internet. Facciamo loro sentire la fortuna che hanno di vivere a contatto con altre culture. Mostriamoci curiosi rispetto ai compagni o agli amici stranieri. « Ousmane è africano? E di quale Paese? È nato lì? Che lingue parla? È bello che ti abbia invitato al suo compleanno; pensa a quante cose potrai scoprire e assaggiare a casa sua! ».
Alle domande che possono sembrarci sciocche o senza risposte possibili (“Perché lui è nero?”; “Perché la zia non si è sposata?”) rispondiamo facendo semplicemente riflettere i nostri giovani interlocutori a come sarebbe monotono un mondo di cloni, di fotocopie di individui tutti uguali. Per quelle più complesse, abbiamo ormai a disposizione una vasta letteratura di opere che aiutano adulti e bambini ad affrontare problematiche quali il razzismo e l’omofobia, ma anche la disabilità e l’handicap. E perfino il lutto. Leggere insieme ai nostri figli questi libri può essere, all’occorrenza, un modo per scambiarsi pensieri, riflessioni e punti di vista, ritagliandosi un tempo di complicità e di crescita comune e condivisa.
Per accettare bisogna prima di tutto conoscere e capire. L’intolleranza germoglia sempre nel terreno dell’ignoranza.
Se avete amici omosessuali che i vostri figli conoscono ed apprezzano, come nel caso di Fabienne, create le condizioni perché ne parlino serenamente, in maniera semplice e informale. Più la cosa sarà conosciuta e banalizzata, meno sembrerà anormale o patologica.
Al di là delle convinzioni, dei limiti o delle scelte di ciascuno, il rispetto per l’altro è quello che deve imporsi come il denominatore comune della civiltà di un popolo. Solo così potremo sperare di formare futuri adulti più aperti e tolleranti di noi.
Ricordiamoci sempre che molte reazioni dei nostri giovani e giovanissimi tendono piuttosto a sollecitare da noi una risposta che ad esprimere un giudizio. E allora reagiamo prima spiegando e poi, se è il caso, sgridando.
Il “che schifo” del piccolo Simon di fronte a due uomini mano nella mano, sarebbe magari lo stesso davanti a un uomo e una donna che si baciano! E’ in un’età in cui tutto ciò che richiama ad un’intimità fisica tra due persone fa reagire. Allora: sforziamoci di contestualizzare queste reazioni per poi lavorarci su con pazienza e soprattutto evitando di trasmettere i nostri pregiudizî. Operiamo affinché i nostri giovani crescano aperti e rispettosi, in una cultura che si vuole comprensiva e tollerante della libertà di ciascuno. Per tutti e verso tutti: italiani o stranieri che siano*!
Siate invece intolleranti di fronte agli insulti razzisti, omofobi o xenofobi (da qualunque parte provengano), anche se possono essere frutto della dinamica del gruppo amicale o sportivo. E, ove possibile, non esitate ad andarvi a scusare con la persona offesa per ciò che vostro figlio ha appena detto; fatevi anzi accompagnare da lui affinché assista a questo gesto di cittadinanza attiva e responsabile.
Costruire il futuro dipende anche, in buona misura, da ciascuno di noi.
* N.B. La tolleranza è da intendersi a 360°, compreso fronte al triste riemergere dell’antisemitismo e al nuovo razzismo anti-bianco.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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