I 60 anni del Collio – 1964-2024 – Passato, presente e futuro di un consorzio ancora da raccontare

I 60 anni del Collio – 1964-2024 – Passato, presente e futuro di un consorzio ancora da raccontare

Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali

Il Consorzio Collio protagonista e festeggiato, in questi due giorni che abbiamo trascorso in Friuli, alla presenza di quelli che ne permettono la crescita grazie a eventi e a un’opera di comunicazione capillare. Il 31 maggio e il 1° giugno il Consorzio ha aperto le sue porte, con la direttrice Lavinia Zamaro, il presidente David Buzzinelli, il vicepresidente Luca Raccaro e gli altri esponenti che hanno contribuito a diffondere un messaggio inequivocabile. I vini, specialmente bianchi, del Collio, rappresentano un’eccellenza e un’unicità riconosciute a livello internazionale.

A partire dagli autoctoni, Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla, fino agli internazionali, Pinot Grigio, Pinto Bianco e Sauvignon. La produzione conta l’89% di anima bianchista, anche se il rosso si difende bene grazie a varietà come il Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Durante la degustazione, organizzata presso la Cantina di Produttori Cormons, a cura del sommelier Michele Paiano, abbiamo avuto modo di assaggiare i bianchi più giovani fino a un’annata come la 2013, buona dopo le 2011 e 2012 decisamente più difficili. I più recenti risultano puliti, freschi, dalle tipiche note minerali, molto adatti a un mercato in evoluzione. Più complessi quelli d’annata, con punte affumicate e balsamiche, finali lunghi e ampi all’olfatto.

Tra i rossi, bella sorpresa della giornata, visto che in queste zone siamo abituati a pensare bianco, interessante è l’evoluzione del Cabernet Franc, con le note vegetali in evidenza. La frutta si evolve e diventa marasca sotto spirito, sottobosco. Le note scure si alternano a una certa austerità e un tannino ancora vigoroso. In generale una buona impressione anche dal comparto rossista.

La serata dedicata a una bellissima cena di gala, anticipata da un aperitivo a base di finger food, si è aperta con un incontro dedicato alle personalità che hanno reso possibile il progetto del Consorzio, nato nel 1964 per una Doc riconosciuta nel 1968. Il talk, organizzato a Villa Russiz a Capriva del Friuli (Gorizia), si apre con le parole di Michele Formentini, anima storica del Consorzio che ha scritto l’atto costitutivo.

Gianni Bignucolo, enologo, ha ricordato come l’impianto di alcuni autoctoni, Malvasia e Ribolla, ha regalato una bella spinta acida al Friulano. Solo dopo sono arrivati i francesi, che oggi occupano una bella posizione, trovandosi anche spesso in blend per la produzione del Collio Bianco.

Le varietà che si contano arrivano a ben 19, e fra tutte i bianchi vengono esaltati grazie a un’attesa in bottiglia, almeno a un anno e mezzo dalla vendemmia, nonostante le insistenti richieste di mercato. Tanto da raccontare ancora, a detta del Presidente David Buzzinelli, mentre la direttrice Lavinia Zamaro punta sull’export e soprattutto a creare un messaggio unico e chiaro in merito alle varietà del Collio, che metta in risalto le caratteristiche di questo territorio.

All’incontro in Villa Russiz ricordiamo una presenza eccellente, Bruno Pizzul, che torna con la memoria ai tempi duri di questa regione, dove ne succedevano di tutti i colori e dove sono passate molte razze. Per questo parla di Gorizia come capitale della cultura europea. In questo senso Villa Russiz è emblema di incontri e fatica per portare avanti una progettualità, un lavorare insieme.

Tra i meriti del Collio, quello di non avere la pretesa di fare bollicine, perché avrebbero bisogno di una base spumante povera di acidità e poco alcolica, cosa impensabile da queste parti. La trasformazione del territorio contribuisce a un arricchimento del paesaggio, le vigne diventano giardini e le cantine cattedrali, e le aziende zone di ricezione e enoturismo, aiutato da vallate uniche al mondo.

Un intervento sul finale quello di Tiziana Frescobaldi che ha spiegato i motivi che l’hanno spinta a scegliere di investire nel Collio, venendo da un delle regioni più note al mondo per la produzione vinicola e acquisendo nel 2000 la storica azienda Attems. Per la cena di gala sono stati scelti la Malvasia Doc Collio 2022, Villa Russiz, Ribolla Gialla Doc Collio 2022 Castello di Spessa, Friulano Doc Collio Venica&Venica, Collio Bianco Doc Collio 2019 Raccaro, Merlot Doc Collio 2021 Borgo Conventi, Picolit Doc Collio 2020 Livon. Accompagnati dai piatti preparati dallo chef Cristian Nardulli, della Taverna sul Collio.

Una mattinata spesa a Borgo Conventi ha dato l’occasione per celebrare il diciassettesimo premio Collio in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine, il MIB Trieste School of Management e l’ARGA Friuli Venezia-Giulia, andando a premiare le miglior tesi universitarie e i migliori articoli sul Collio e le sue potenzialità.

Una piccola nota sul Collio Bianco che riprendiamo da un articolo che è stato già pubblicato: lunga la querelle che ancora riempie le pagine della sua storia, dibattito ancora accesissimo sulla questione Collio, o Collio Bianco, che denominazione vuole essere fatto di uve autoctone, quali Friulano, Ribolla Gialla e Malvasia, ma anche internazionali, escludendo le varietà aromatiche se non in minima parte (15%). Che vuol dire? Che all’oggi, ciascun produttore, a sua discrezione, può inserire nel Collio le varietà che ritiene opportune, in base alle caratteristiche del terreno e alla tradizione aziendale.

Emerge un puzzle variegato di sensibilità e progettualità, laddove alcuni si attengono al vecchio disciplinare del 1968 che voleva solo uve autoctone, altri inseriscono nel blend varietà internazionali a bacca bianca, come Pinot Bianco e Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay e Picolit, attenendosi alle nuove modifiche degli anni ‘90. Il risultato è un Collio estremamente duttile, espressivo del terroir ma non immediatamente riconoscibile. All’assaggio abbiamo subito intuito un legame forte con la sapidità data da una ricchezza minerale del terreno che in questa zona prende il nome di Ponca o Flysh, marne e argille stratificate, che in punta di collina risulta più friabile mentre a valle rimane compatto, permettendo una rara alternanza tra vini eleganti e altri più strutturati. Il corpo e la struttura si mantengono vigorosi già in vini di giovane età, e quello che il tempo regala con l’invecchiamento è senza dubbio un vino complesso e proiettato alla longevità, dai sentori arrotondati e definiti grazie anche spesso all’utilizzo del legno.

Un quadro già complesso si arricchisce da quando quattro produttori, Cantina Produttori di Cormons, Terre del Faet, Muzic e Edi Keber, nel 2022 si mettono insieme per formare in associazionismo un gruppo che rispettasse, forti di un disciplinare parallelo a quello esistente, il Collio come era in origine, chiamandosi Collio Doc da Uve Autoctone, per tornare all’utilizzo esclusivo di Friulano, Ribolla e Malvasia. Oggi sono sette i produttori e il micro-disciplinare prevede utilizzo della bottiglia Collio e etichetta Collio Uve Autoctone per una comunicazione diretta senza nomi di fantasia, uscita del vino almeno 18 mesi dalla vendemmia, uso minimo di legno se non piccole botti e di secondo passaggio. Dalle parole di Andrea Drius, titolare di Terre del Faet, deduciamo che “questa nuova-vecchia idea di vino per noi è fondamentale per dare identità allo storico Bianco delle nostre colline. Pensiamo che mettere il Territorio davanti a tutto, anche a costo di fare un passo indietro come aziende sia importante per riportare il Collio al prestigio che aveva un tempo”. 

Ricerca di territorialità più che risalto al produttore, questa la filosofia portante che durante i tre giorni di press tour nel Collio ha sostenuto lo sforzo comunicativo. Che la forma sia un Collio Bianco da uve autoctone o miste a internazionali, la parola d’ordine rimane territorio. Il Consorzio, ufficializzato nel 1968, si sta dando da fare perché emerga questa forte visione unitaria di appartenenza, in un’ottica che superi i particolarismi di ciascuna azienda. (da www.gliscomunicati.it giugno 2023).

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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