Rubrica a cura di Susanna Schivardi e di Massimo Casali
Un viaggio in un mondo ancora da scoprire, quello dei Piwi, discussi, amati e contestati, possono rappresentare il nuovo baluardo della viticoltura per contrastare le intemperie dei cambiamenti climatici e percorrere la via della sostenibilità ambientale.
Una bella serata in compagnia di amici sommelier e amanti del vino, esperti e meno esperti, per un confronto aperto con i vitigni Piwi. Per chi non li conoscesse, facciamo una breve premessa. Questi vitigni nascono da un incrocio genetico tra diverse specie di vitis, iniziato in Francia tra fine ‘800 e primi ‘900, il nome è un acronimo che viene dal tedesco pilzwiderstandfahig, che significa viti resistenti ai funghi. Tutto nasce dalla travolgente fillossera e la volontà di trovare una soluzione. Incrociare varietà europee con quelle americane è stato un modo per ottenere varietà resistenti combinate con la qualità della vitis vinifera europea. Gli ultimi baluardi della scienza hanno spinto a ibridazioni più complesse, e il quadro che ne viene fuori oggi è molto interessante. Fondamentalmente queste varietà resistono alle intemperie delle malattie fungine, possono sopravvivere sane senza utilizzo di additivi e pesticidi, in previsione di una drastica riduzione rispetto ai numeri attuali. Oggi al Registro Nazionale si contano 34 varietà, in Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Emilia-Romagna e Marche.
Andiamo ad assaggiare i vini di un produttore del Trentino, Nicola del Monte, titolare della cantina Filanda De Boron. Siamo a Tione di Trento, un baluardo delle viti Piwi, proprio sotto Madonna di Campiglio a circa 700 metri di altitudine, un luogo ideale per questa coltivazione, investito dal freddo delle Dolomiti del Brenta che contribuisce a regalare ai vini forti caratteristiche.
A Tione Nicola è stato uno dei primi a sperimentare la viticoltura Piwi, quando era ancora illegale, per questo è stato denunciato penalmente e lo hanno obbligato a estirpare. Quando poi l’Università di Friburgo ha indetto un progetto di ricerca universitario europeo, Nicola si è salvato ed è riuscito a iscrivere le uve nel registro, tanto da rientrare oggi in una Igt. Tione non è mai stata baluardo di viticoltura a causa delle temperature rigide, la famiglia di Nicola inizialmente non era d’accordo, tanto che – racconta – il nonno per due mesi ha smesso di parlargli, tale era la vergogna. Nicola oggi però ha ragione delle sue scelte, fatte con coraggio. Proponiamo una bella verticale di vini Piwi, cosa molto rara, che il produttore ci ha gentilmente concesso, per verificare insieme la capacità evolutiva di questi prodotti.
La linea che accomuna i vini innanzitutto è una spiccata acidità e tanta freschezza, grazie a un territorio principalmente granitico. Il motto di Nicola è massima naturalità per avere il massimo del territorio nel bicchiere. Il vitigno di cui parliamo stasera è il Solaris, nato a Friburgo, uno dei più antichi tra i vitigni resistenti, dalla grande produttività e dalla spinta acida importante.
Assaggiamo Lauro, Metodo Charmat, millesimato Extra Dry, vendemmia 2022. Il nome Lauro è un omaggio al padre di Nicola, uomo brillante dalla personalità vivace, amabile con tutti. Qui abbiamo una base di Solaris con fermentazione spontanea e una rifermentazione in autoclave. Si sente il massimo della mineralità, spumante semplice, profumato, dolce e salato allo stesso tempo. Amabile all’ingresso e poi una sapidità sul finale che sarà la linea guida dei prossimi assaggi. Un perlage delicato, la bollicina è avvolgente e cremosa, un vino tattile. All’olfattiva mela verde, camomilla, frutta dolce. Si sente bene la montagna e la beva è agile, non impegnativa. Un aperitivo beverino e fresco. Lungo sul finale, risulta appagante.
La linea ferma è chiamata Dedit, dal latino che significa dare. Un impegno costante di dedizione e impegno che Nicola e la famiglia hanno portato avanti con determinazione e un dono della terra, che “ha dato”.
Dedit, Dolomiti Igt Bianco 2021, un grande dono della viticoltura, vino particolarissimo. Fermentazione in legno di acacia per un anno sui suoi lieviti, due anni di bottiglia. L’acacia è ungherese, la scelta è motivata dal fatto che questo legno non da un’impronta importante, ma aiuta molto per arrotondare l’acidità. Il colore di questo vino è giallo dorato intenso, al naso si percepisce un piacevole legno, humus, fiori essiccati, erbe medicinali. Lieve la nota di idrocarburo che rievoca il Riesling. In bocca la sapidità è spiccatissima. Elegante e molto equilibrato.
Dedit Dolomiti Igt Bianco 2019, colore oro intenso, molto luminoso. In bocca è salmastro. I sentori sono di frutta secca, mandorla amara. Somiglia a un macerato per le caratteristiche olfattive e la pienezza del sorso. Un vino elegante, raffinato e complesso.
Dedit Dolomiti Igt Bianco 2013, una vera sperimentazione, dopo undici anni questo vino tiene benissimo il tempo e ha ancora qualcosa da raccontare. Il vero risultato pioneristico di un giovane produttore. Al naso elegante e verticale. Una parte legnosa si accompagna a sensazioni erbacee. In risalto la mela cotogna. Il sorso ampio, ricco, elegante. Una tensione continua verso la sapidità produce salivazione, persistenza e lunghezza lo rendono un vino importante.
Tre, da uve Souvignier Gris, 2021. Tre è la composizione di questo racconto, storia, passione e innovazione. La storia perché è un vino fatto in anfora, il primo contenitore nella tradizione vinicola. L’ innovazione è la fiducia estrema in una viticoltura resistente, e la passione è il racconto racchiuso nel bicchiere. Sei mesi di macerazione sulle bucce in anfora, altri sei mesi in anfora ma senza bucce. L’anfora va di moda, ma Nicola non la usa vetrificata perché la vuole porosa per una micro-ossigenazione naturale. Vino intenso, dal colore ambrato, con sentori di frutta candita in evidenza, fico secco, uvetta, miele, resine, chiude con una speziatura elegante, zafferano. Lo chiamerei un vino rosso vestito di bianco, quasi da meditazione. Un macerato di grande eleganza e compostezza, non facile da coniugare in questa forma. Ottimo da abbinare alla carne.
Filanda de Boron non è solo vino ma anche locanda e agriturismo, il pionierismo della famiglia è giunto in Sicilia per puntare sugli ulivi e dare luogo a un progetto legato all’olio, con la scelta di una cultivar eccezionale, Nocellara del Belice. Sono evidenti le note di pomodoro, peperone, rucola, carciofo e asparago. Molto delicato e persistente si presta ad accompagnare diverse ricette.
Piwi o non Piwi? Scegliere è una sfida, perché possono rappresentare i vini del futuro ma anche scatenare le critiche di chi vede in questa combinazione genetica un’alterazione della biodiversità. In pratica gli ibridi Piwi hanno un 97% di vitis vinifera nel corredo genetico e il restante di selvatica, che permette di resistere alle malattie fungine. Il tempo ci saprà dire se questa piccola percentuale conserverà il suo ruolo di “resistente” o se andrà anch’essa a indebolirsi.
All’oggi il risultato è un abbattimento dei trattamenti per il 70%. Altri ancora vi intravedono l’appiattimento delle caratteristiche proprie di ciascuna varietà legata al territorio, perché sarebbero viti adattabili ovunque e in qualsiasi condizione climatica, non più in grado di rappresentare un terroir specifico e vocato. La strada è lunga e come in tutte le sperimentazioni, ricca di incognite ma anche in linea con l’ambiente e i suoi cambiamenti ai quali siamo costretti, volenti o nolenti, ad adattarci.
Un ringraziamento agli organizzatori di questa serata, Marco Felini e Costantina Vocino, che insieme gestiscono Vino Sapiens, un hub culturale che vorrebbe generare consapevolezza nei consumatori, attraverso una personale selezione di vini.
L’intento è quello di creare una relazione con il vino, che vada oltre il mero esame sensoriale, ma sappia evocare un’esperienza estetica nuova. Una selezione molto ricercata si approccia al consumatore con un’attività strutturata, che conduce all’approfondimento delle seguenti categorie: Piwi, Ossidativi, Spumanti Tattili e vini del cuore.
Riferimenti: Enoteca Vino Sapiens – Via dei Platani, 6/A – shop online: www.vinospaiens.it
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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