Coppia in panne? Istruzioni per l’uso

Coppia in panne? Istruzioni per l’uso

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

La scorsa settimana abbiamo analizzato i segni del disfunzionamento di coppia. Ora vediamo quali possono essere i riflessi giusti da adottare.

 Prima che sia troppo tardi

Abbiamo provato a chiederci con sincerità e spirito (auto)critico perché ci siamo diventati così insopportabili?

Agli inizi di un amore ci sentiamo capiti. Animati da tanta buona volontà e con pochi vissuti emozionali comuni, possiamo permetterci di essere gentili e disponibili. Convinti che i problemi si risolveranno con facilità.

Col passare del tempo ci familiarizziamo col nostro partner e passiamo – per così dire – in modalità automatica. Nulla di grave.

Ad un certo punto, però, è possibile incominciare a pensare frasi del tipo: il mio compagno non mi capisce, reagisce male a tutto ciò che gli dico; non capisce le mie emozioni e non posso condividere con lui ciò che provo. 

Ci sentiamo giudicati, ma difficilmente ci fermiamo per verificare lo stato della situazione . “In terapia di coppia, i coniugi arrivano quando la loro relazione è già ai minimi termini” lamentava una collega psicoterapeuta.

Proviamo ad enucleare alcuni suggerimenti utili spiluccati qua e là tra la mia propria esperienza di professionista, le mie letture e ricerche ed i miei brainstorming con colleghi di diverse formazioni.

  • Primo suggerimento: disconnettere il cervello automatico. Quello che ci permette di economizzare tempo ed energìe, per intenderci. In un contesto familiare la nostra mente ci ripresenta automaticamente ricordi, giudizi, pensieri ed esperienze onde evitare di ripartire da zero per ogni esperienza. In questi casi, tale sistema difensivo non ci aiuta affatto, richiamandoci soltanto i vissuti negativi e problematici come le situazioni a rischio da rifuggire. Così, focalizzando unicamente i problemi, rischiamo di interpretare negativamente qualsiasi reazione del nostro partner. Conseguenza:“pensare male” senza neppure l’ombra di un dubbio! Spesso durante i litigi le coppie cercano spiegazioni negative al comportamento del partner, concentrandosi solo sulle lacune, sui difetti e sui limiti della relazione. In sostanza, quello che abbiamo chiamato cervello automatico tira immediatamente il campanello d’allarme. In queste condizioni è probabile che si entri in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire da soli. Pensare che il nostro compagno è “cattivo o stupido” e che metta continuamente in pericolo gli equilibri di coppia è esiziale. Perché fa perdere di vista la sua sofferenza e soprattutto chiude qualsiasi spiraglio di disponibilità all’ascolto e alla comprensione, rendendo impossibile ogni forma di dialogo.
  • Secondo suggerimento: affrontare le discussioni di coppia diversamente.  Vediamo come. In primis diamoci il tempo di riflettere a cosa ci perturba davvero. Cessiamo di lamentarci dell’altro e ascoltiamo noi stessi. Riformulando le nostre recriminazioni.  Al posto di dire “Sono arrabbiatissimo/a. Il mio partner è un egoista! Passa tutto il giorno con i suoi amici” proviamo con « Mi sento ferito/a dal fatto che il mio partner abbia passato tutta la notte con i suoi amici. Sto male; ho l’impressione di non interessargli più ». Oppure con « Il problema non è tanto che passi il tempo a giocare con i suoi amici o sullo smartphone. È che ho l’impressione di non esistere più per lui/per lei, che non voglia più stare insieme a me ». In secundis aspettiamo di essere calmi prima d’intavolare una discussione. Se siamo tesi come corde di violino, tremanti e pronti ad attaccare, prendiamoci un momento per rilassarci fisicamente. Mettiamoci all’ascolto del nostro corpo e disintossichiamoci dai pensieri e dai sentimenti negativi prima di iniziare un dialogo col nostro compagno. Da ciò che lessi diversi anni or sono, al nostro sistema nervoso bastano venti minuti per ritrovare la calma. Polso, respirazione, tensione arteriosa e muscolare dovrebbero avvertirci con relativa precisione sulla presenza dello stress. In tertiis cerchiamo il momento giusto per parlarci. Siamo pragmatici. Dobbiamo essere entrambi sufficientemente riposati per concentrarci sul problema. Evitando le interruzioni di figli o animali domestici. Sediamoci frontalmente, guardandolo/a negli occhi: un contatto visivo benevolo e disponibile predispone positivamente l’interlocutore.
  • Terzo suggerimento: iniziamo il dialogo su un tono sereno e disponibile. John Gottman¹ osserva che quando una discussione incomincia con difficoltà, in genere si conclude negativamente.
  • Quarto suggerimento: creiamo una situazione dialogica sana. Esprimiamo i nostri vissuti pacatamente e senza accuse. Una cosa è lamentarsi, altra è criticare o – peggio – colpevolizzare il proprio interlocutore. Esempi. Critica (negativa): “Mi avevi detto che mi avresti telefonato e non l’hai fatto! Perché mi hai mentito?”(non lascia spazio all’altro se non per scusarsi). Lamentela (costruttiva): « Eravamo rimasti d’accordo che mi avresti chiamato dopo cena. Io ho aspettato ma non ti ho più sentito. Mi sono sentita dimenticata, messa da parte » (manifesta una vulnerabilità, interpella l’altro).
  • Quinto suggerimento: evitiamo la còllera negativa; manteniamo solo quella positiva. Una còllera sana può accompagnare una discussione rendendola costruttiva e capace di migliorare la nostra relazione. Quella negativa è sempre controproducente. Dalla mimica ai gesti alle parole, cerchiamo di non burlare, ferire o sminuire il nostro partner.
  • Sesto suggerimento: manifestiamo una capacità di ascolto. Ascoltare per davvero – e non semplicemente sentire – significa mostrare al nostro interlocutore che il suo punto di vista può impattare il nostro modo di vedere le cose, il nostro modo di pensare e di agire. Tenere conto di quello che ci suggerisce lo aiuterà a sentirsi capito e considerato. Questo non significa sentirci obbligati ad accettare o a condividere tutto quello che esprime.

Concludendo potremmo dire che il denominatore comune di una lunga e serena intesa è la comprensione reciproca, non solamente (né necessariamente) quell’amore eterno che assume forme diverse e variegate a seconda delle età della vita e delle esperienze che la caratterizzano.

Le coppie che danno la priorità al loro amore sono quelle che sanno accettare e ricostruire, trasformare e rielaborare. Coloro che, anche se non sono sempre all’unisono, scelgono di nutrire la propria relazione, come un valore ed un investimento, faticosamente; ad immagine di chi lavora pazientemente la terra, disponibile ad accogliere con gratitudine i frutti che il tempo e la fortuna gli concederanno.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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