Di Claudio Rao
Come ogni anno dal 1971 il gotha dell’oligarchia mondiale si è riunito a Davos, in Svizzera, nel Cantone dei Grigioni, per discutere dell’avvenire del nostro pianeta. Dal 15 al 19 gennaio, fedeli al loro appuntamento. Sono esponenti del mondo economico, politico, scientifico e culturale.
Diecimila persone tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione dell’UE, Ursula Von der Leyen, il premier cinese Li Qiang, il segretario di Stato USA Antony Blinken, il nuovo presidente dell’Argentina, Javier Milei, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterrez, il ministro italiano dell’Economia Giancarlo Giorgetti e l’immancabile presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Tra i politici presenti ci sarà anche il primo ministro del Qatar, Mohammed ben Abderrahmane al-Thani.
Ma le vere personalità che tirano le fila sono i Dirigenti del mondo economico e finanziario noti a tutti e i cui nomi vanno ricercati con attenzione tra i fiumi di articoli consacrati al WEF che sgranano in bella vista soltanto i leader politici invitati e partecipanti a questo 54° appuntamento ai piedi della montagna cara a Thomas Mann.
Per gli italiani, oltre a Giorgetti, saranno presenti il presidente dell’ ENI, Carlo Messina del gruppo bancario INTESA SANPAOLO, Andrea Orcel e Pier Carlo Padoan per UNICREDIT, Giuseppe Zafarana e Paolo Scaroni per l’ENEL, Andrea Illy di ILLYCAFFÈ, Paolo Dal Cin di ACCENTURE, Paolo Merloni per il gruppo ARISTON, Mario Moretti Polegato di GEOX, Nerio Alessandri e Erica Alessandri di TECHNOGYM, e Matteo Laterza del Gruppo UNIPOL.
I delegati devono essere invitati e includono il personale senior delle principali compagnie internazionali, gli hedge fund, le banche, la tecnologia e le grandi case farmaceutiche. Per cinque giorni, questa piccola cittadina di montagna viene bloccata e controllata da un corpo permanente di cecchini dell’esercito svizzero, molti dei quali appostati sui tetti che si affacciano sugli hôtel e sulle sedi delle conferenze.
Lo scopo di questa riunione della Casta transnazionale non è quello di prendere decisioni, ma semplicemente quello di permettere ai Dirigenti che hanno grandi responsabilità di incontrarsi e scambiare a porte chiuse le proprie analisi sul mondo contemporaneo.
Nessun dibattito o conflitto ideologico, dunque.
Nato sull’intuizione del professor Schwab, questo confronto tra leader ha per scopo il miglioramento dei flussi di affari, commerciali, finanziarî e umani per contribuire alla causa della pace. Cosa che ha certamente permesso di evitare un buon numero di conflitti dopo lo smantellamento dell’impero sovietico. Filosofia che ha permesso altresì di diffondere il sistema dell’economia di mercato su scala mondiale.
A partire dal 2009/2010, tuttavia, la globalizzazione ha prodotto squilibri e disfunzioni che hanno causato tensioni nel sistema occidentale, tanto da favorire l’irrigidimento dei regimi autoritaristici e l’esplosione dei fenomeni cosiddetti populisti.
Quest’anno i Dirigenti del pianeta, analizzata la situazione dei cinque continenti, hanno maturato la convinzione che va facendosi strada una nuova organizzazione mondiale. Per questo hanno deciso di centrare la loro attenzione sui pericoli più rischiosi per gli equilibrî mondiali. Primo tra tutti quello della disinformazione in un’epoca in cui la manipolazione dell’informazione tra social network, fake news e intelligenza artificiale non è mai stata così agevole. Per questo l’oggetto di riflessione del WEF di Davos 2024 è “Ricostruire la Fiducia”.
Il rischio peggiore è senza dubbio la disinformazione e l’indifferenza “Dai mini compromessi di tutti, scaturirà l’infelicità di ciascuno” per citare il politico francese Philippe de Villiers.
All’inizio il problema è pressoché indolore, per poi sfociare nelle informazioni false o manipolate da organizzazioni terroriste o da lobby amorali. Una tematica vasta e complessa che potrebbe originare e favorire un’autentica guerra informatica, soprattutto nell’attuale contesto geopolitico mondiale.
Il problema di un’informazione coerente, documentata, corretta deontologicamente ed eticamente, ma altresì capace di contraddittorio e di critica, di sdegno e soprattutto mai allineata ad un pensiero unico è fondamentale per noi giornalisti.
Ultimamente mi pare di osservare che la mancanza di dibattito, di contraddittorio, di una sana opposizione ideologica fa difetto ai nostri Media in cui i colleghi stentano a lasciare spazio a idee ed opinioni diverse da quelle politically correct. Sostenere posizioni diverse e contrarie è alla base di ogni democrazia, così come confutare le ragioni di coloro che la pensano diversamente, ma con argomenti coerenti, rispettosi e inattaccabili. Non attraverso la messa all’Indice che spesso par nuovamente capolino.
Per questo mi domando: i Signori di Davos – i cui interessi economici e finanziari sono se non diametralmente opposti, quanto meno molto diversi da quelli della restante popolazione mondiale – cosa intendono per “Fiducia” e soprattutto per “Corretta informazione”?
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento