Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
La paura del Natale esiste. Si chiama natalofobia.
Natalofobia, un neologismo nato per indicare l’ansia, la paura, il forte disagio personale e sociale ingenerato dai rituali legati al Natale.
Alberi e decorazioni natalizie, luminarie e vetrine addobbate, pubblicità e musiche tradizionali colorano dicembre e si succedono per la gioia di grandi e piccini. Non di tutti, però.
Per alcuni, questi segni esteriori sono fonte di ansia, perfino di angoscia. Il solo pensiero della veglia natalizia o della lista di regali a di persone da omaggiare li paralizza!
La prima volta che ho raccolto le confidenze di Lisa, non credevo alle mie orecchie! « Un incubo. Me lo sogno di notte. E se il regalo non gli piacesse? Cosa cucinare per l’occasione? I miei suoceri passeranno il weekend con noi. Speriamo che tutto vada bene e non emergano tutti i nostri problemi!».
Così mi sono documentato.
Per alcuni di noi, spiegano gli specialisti, il Natale è una festa così bella che paradossalmente ingenera tristezza perché la magìa, la sacralità, la gioia, il clima di frizzante cordialità rinviano all’insipida routine del resto dell’anno.
Il periodo natalizio costituisce un momento di forte pressione sociale che richiede impegno in termini di soldi, tempo, riflessione, scelte, preparazione. Tutte cose che possono risvegliare fragilità e disagi (“Ci riuscirò?”, “Che figura ci faccio?”).
Imperativi sociali con effetti depressivi per alcuni di noi. Obblighi – Natale è forse l’ultimo baluardo di sacralità – da cui non possiamo prescindere (contrariamente a Pasqua o ai compleanni, per esempio). Boicottando i quali saremmo considerati più che marginali; «quasi eretici», stando alle riflessioni della psicoterapeuta Juliette Allais.
Le sorgenti di conflitto interiore, a ben pensarci, sono molteplici.
Le festività natalizie sono fonte di tensioni interiori, generatrici di sensi di colpa. Una sorta di rito collettivo di appartenenza che ci permette di ritrovare i nostri legami. Di rassicurarci sul nostro ruolo familiare, radice del nostro essere. Il problema è che le nostre società postmoderne ed individualiste valorizzano ed incoraggiano tutt’altro, l’autonomia e la libertà che confliggono con lo spirito della festa.
Altra contraddizione, rilevata da Samuel Dock¹ è che «Durante le feste è necessario rallentare i ritmi, saper aspettare (gli invitati, la cerimonia, i cenoni, i regali…). Sennonchè, viaggiando tutto l’anno ai 100 all’ora, votati al culto della rapidità, abbiamo smarrito la capacità di decelerare».
Infine, specialmente in questo periodo dell’anno, ci troviamo tra l’incudine dei nostri desideri e aspirazioni, del nostro bisogno di rituali e il martello delle innumerevoli attività che la festività impone. Smarrendo il significato profondo della nostra quotidianità.
Possiamo immaginare e raccogliere qualche suggerimento per bypassare o quanto meno affrontare più serenamente la natalofobia?
Matteo, approdato nel mio studio per tutt’altro mi confidò: «Grazie ai consigli del mio psicologo, a Natale 2003 sono finalmente riuscito a dire di no! Non stavo per niente bene, ero esaurito: problemi di lavoro, problemi di coppia…
È stata dura, ma mi sono preso tre giorni tutti per me, in un simpatico agriturismo in riva al mare. Così, per capire. Vedere quello che succedeva in famiglia e in me. Penso sia stato il Natale più arricchente e stimolante della mia vita! I miei amici hanno finalmente capito che non ero più il ragazzo modello a cui tutto sorrideva ed io ho trovato il coraggio di superare il perfezionismo per occuparmi davvero di me».
Oggi, se dovessi consigliare una persona rifugiatasi nel mio studio con analoghi problemi, mi sentirei di indicarle questi tre paletti.
Prova a cambiare le tue abitudini. Osare il cambiamento non è sempre cosa facile per tutti. Non siamo obbligati a conformarci costantemente al 100%.
Chiediamoci cosa ci farebbe davvero piacere quest’anno: un viaggetto? una sera a teatro? una passeggiata tra i boschi? Uscire dalla mentalità consumistica e conformista per riassaporare l’autenticità delle feste.
Parlane prima. Incontrare prima i nostri amici e i nostri cari per un momento meno solenne e più veritiero attorno ad una buona tazza di caffè. Osando precisare le cose che ci è difficile accettare durante i ritrovi “più ufficiali” nei quali sarà opportuno evitare l’argomento.
Interroga te stesso. Natale offre l’occasione per riflettere sulla relazione che abbiamo con i nostri familiari.
Ci sentiamo liberi ed autonomi o prigionieri dei nostri doveri, impediti dalle esigenze dei nostri cari? Con o senza l’aiuto di un professionista, riflettiamoci insieme, liberamente e senza giudizi morali, magari durante un bel consiglio di famiglia vicino al caminetto.
¹ Rif. Samuel Dock, dottore in psicopatologia clinica, psicanalista e scrittore francese.
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