Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali
A riconoscerlo sono ormai tutti i produttori del territorio nazionale, l’anno 2023 è in parte da dimenticare, o da tenere negli annali per i suoi eccessi. Poche sono le eccezioni che sfuggono alla complessità di questa vendemmia. La maggior parte delle regioni d’Italia, colpite da piogge pazze primaverili e gran caldo, stanno soffrendo per un calo quantitativo senza precedenti, anche se le stime sulla qualità risultano essere più ottimistiche.
Le fitopatie insorte a causa di un clima ormai folle sono, nell’ordine, peronospora e oidio, la prima in particolare, una malattia fungina che si sviluppa a seguito di umidità estrema, sotto forma di spore, esce fuori quando piove molto. Nella sua fase evolutiva che parte in autunno, esplode attaccando in primavera prima le foglie della vite e poi i grappoli, rendendoli inutilizzabili (in foto). A pagarne care le conseguenze sicuramente le aziende che limitano i trattamenti, a scapito appunto di malattie per le quali nessun rimedio all’ultimo vale, se non per salvaguardare le prossime annate. Più fortunate le aziende a conduzione convenzionale, che spendono una parte del budget in pratiche agronomiche massicce e in anticipo, per affrontare situazioni estreme come questa.
Andiamo a fare un’analisi delle diverse zone, partendo dalla Toscana, dove Coldiretti assicura un decremento in fatto di quantità (meno il 20%) ma un livello qualitativo sempre alto, avremo infatti vini eleganti e raffinati, piuttosto aromatici grazie all’abbassamento repentino delle temperature notturne. Da non perdere di vista le differenze tra zone interne e di costa e tra chi si affida al bio o al convenzionale. In questi casi le perdite variano fino al 70%, costringendo alcune aziende a rinunciare alla raccolta.
A raccontare una storia differente è la Puglia, falcidiata dalla peronospora, con i contadini a guardar la terra e il cielo, e sperando per il meglio. Chi si è affidato ai trattamenti adesso tira un breve sospiro di sollievo, riponendo fiducia nelle escursioni termiche e una maturazione tardiva grazie a forti temperature. Altri produttori temono lo sbalzo dei prezzi e una concorrenza spietata da parte delle grandi aziende che venderanno tutte le giacenze in cantina. La qualità non ne perderà in lustro ma i prezzi dovranno innalzarsi.
In Sicilia l’annata è decisamente complessa, anche se le piogge in pochi casi hanno fornito l’acqua che è mancata nei periodi siccitosi. Inutile dire che le temperature che sfiorano i 50° uccidono gli acini e bloccano la maturazione. Laddove invece una lenta maturazione ha assicurato buon equilibrio tra zuccheri e acidità sostenendo la qualità, è la quantità a zoppicare, specialmente nel trapanese, dove si contano perdite tra il 50 e 60%, in alcuni casi le uve non saranno nemmeno raccolte. A soffrire di più la bacca rossa, mentre tengono le varietà a bacca bianca. Un quadro pressoché desolante, ravvivato da poche eccezioni.
A soffrire maggiormente le regioni del centro, mentre al nord si registra addirittura un lieve incremento. Sorridono infatti il Trentino Alto-Adige e la Lombardia, dove i trattamenti, anche se a costi molto elevati, hanno assicurato un raccolto piuttosto positivo in termini di quantità. Anche in Veneto valori in leggera controtendenza, perché nonostante le avversità climatiche, la produzione promette addirittura un incremento. I produttori sono intervenuti tempestivamente e a destare preoccupazioni adesso sono le altissime temperature di questi giorni che si spera diminuiscano per fine mese. Solo in queste regioni si registrerà un aumento del 5% rispetto al 2022.
Previsti i cali produttivi nel centro Italia, per il Lazio una buona partenza ma poi le piogge di maggio hanno rovinato una produzione che avrà un decremento del 20%. In Abruzzo e Molise il panorama ancor più fosco, con un calo tra il 40 e il 70%, qui ha piovuto ininterrottamente e alcune aziende hanno addirittura bloccato la produzione, specialmente quelle a conduzione bio. In generale le più compromesse sono le uve a bacca rossa, come in Campania, dove si parla di “disastro”, di fronte all’impossibilità a volte di entrare in vigna a causa del fango.
Le Marche registrano un calo tra il 40 e l’80% tra le aziende a conduzione biologica. Anche qui grandi difficoltà ad agire con i trattamenti per l’impossibilità di accesso ai vigneti a causa del maltempo.
In Liguria la situazione si discosta in parte da quanto detto sopra, gli interventi contro i fitopatogeni sono stati massivi e hanno inciso sulla quantità del prodotto, che sarà in aumento anche dal punto di vista qualitativo. Oltre all’innovazione tecnologica, qui è stata complice una bella escursione termica che ha accompagnato tutta l’estate, nonostante le alte temperature di questo ultimo periodo. Non dimentichiamo l’esposizione sul mare che ha permesso sempre una buona ventilazione.
A dare una tiepida speranza le notizie dalla Franciacorta, dove grandine e maltempo compromettono la quantità di un 10%, ma a risollevare l’animo dei produttori è la possibilità che le uve, le poche rimaste, giacendo di più sul grappolo, possano assumere caratteristiche inaspettate e risultare più interessanti.
Ricordiamoci che non solo l’Italia sta generalmente soffrendo per la peronospora, ma anche la Francia è stata messa a dura prova.
Nella eterna sfida tra due eccellenti culle del vino ne vedremo delle belle anche quest’anno.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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