Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
Ritrovo con piacere i miei lettori affezionati o occasionali dopo una breve pausa dovuta alla mia settimana annuale della disconnessione. Ne avevo fatto cenno in uno dei miei articoli¹.
Tendenzialmente, ognuno di noi è alla ricerca di coerenza, di logica. Risente il desiderio, direi la necessità, di capire e di spiegare ciò che avviene attorno a noi. Una volontà di decifrare il mondo che ci circonda che ci consente apprendimenti rapidi e perfino sorprendenti attraverso la scienza e la tecnologia.
Questa esigenza di capire, tuttavia, può condurci a false credenze e a ragionamenti sbagliati.
Per esempio siamo un po’ tutti convinti che, nella Storia, esista una forma di giustizia immanente, insita nelle cose stesse. Una giustizia cosmica, karmica che ci aiuta a vivere meglio il quotidiano (“i cattivi prima o poi saranno puniti”, “i buoni otterranno la meritata ricompensa”). Se questa forma mentis ci aiuta ad affrontare alcune situazioni, essa può – in altre – impedirci di “staccare la spina”.
Tutti noi viviamo situazioni che ci feriscono, ci fanno sentire a disagio o ci mettono in còllera. Uno spericolato che ci taglia la strada facendoci inchiodare bruscamente, il nostro capo che sembra dar per scontata la brillante risoluzione di un problema aziendale (costataci tempo e fatica), un nostro impiegato che si presenta regolarmente in ritardo senza mai scusarsene. Per capire queste e analoghe situazioni ed attribuir loro una logica (o quantomeno un senso), il nostro cervello elabora situazioni semplici e lineari. Così: chi ci taglia la strada è un incosciente, un “pirata della strada”; il nostro capo un insensibile ingrato; l’impiegato ritardatario un fannullone egoista. Paradossalmente, così pensando, tutto acquisisce una sua coerenza. La cosa fastidiosa, tuttavia è che il mondo non è così lineare e coerente e che la sua comprensione ed interpretazione ci impone un impegno cognitivo che non sempre siamo disposti a fornire.
Il mondo però non è tutto in bianco e nero e una visione binaria della vita è quasi sempre ad alto rischio. Giudizî, incasellamenti, categorizzazioni, si rivelano spesso falsi e perfino drammaticamente pericolosi. Riflettiamo su quante discriminazioni sono state pensate e volute per semplificare le cose e… manipolare la gente!
La nostra mente ha inoltre difficoltà ad accettare contemporaneamente una cosa e in suo contrario. Un ladro non può essere una persona per bene. Perdendo così di vista le diverse sfumature di grigio.
Sentirsi a disagio e sentirsi innervositi in presenza di un pirata della strada, di un ingrato o di un fannullone è del tutto naturale. Tuttavia, secerchiamo di prendere le distanza da queste prime impressioni e dalle emozioni che suscitano in noi, converremo che nessuno vuole e si adopera per essere, per esempio, un fannullone. Magari, al contrario, il lavoratore in ritardo ha l’impressione di dispensare molte energìe al lavoro sforzandosi di conciliare una vita familiare particolarmente disastrata (lutti, malattie, separazioni) o impegnativa (accordare l’attività lavorativa con l’assistenza a un genitore anziano o a un figlio disabile; coniugare i suoi orarî con quelli del coniuge che lavora la notte). Questo potrà portarlo a non considerare grave il suo cronico ritardo di 5’, tenendo conto che molto spesso si ferma fino a tardi per terminare i suoi compiti. Inoltre, difficilmente, con giornate così cariche e spesso frustranti, avrà voglia di spiegarsi e di giustificarsi.
Ancora una vòlta, una visione manichea delle cose non ci avrà aiutato ad una corretta lettura della realtà. Una siffatta lettura del mondo, condiziona il nostro comportamento e non ci è di molto aiuto per un sano momento di stacco e distensione.
Cerchiamo allora di adottare una terza via. Rendere più ampia ed elastica la nostra “lettura” delle cose, la nostra interpretazione del mondo. Sforzandoci di essere empatici e simpatetici; facendo domande, sforzandoci di capire le motivazioni e gli impegni degli altri, evitando di giudicarli aprioristicamente.
Cerchiamo di coordinarci più che di giudicarci, di concertarci più che di opporci. In luogo di dire (o pensare) « Hai torto / hai ragione », adottiamo piuttosto un « Hai le tue ragioni e le capisco. Io ho un parere diverso per ragioni diverse. Te le posso esporre per arricchire la nostra visione della cosa? ». La cosa è tutt’altro che facile e richiede pazienza e diplomazia. Tuttavia non è affatto necessario farlo regolarmente! Anche qui, non lasciamoci ingannare dal pensiero binario (Sempre / Mai) che scoraggerebbe ogni eventuale tentativo. Ciò che importa è provarci, almeno nelle relazioni più importanti. Più importanti che l’aver ragione o torto!
¹ Articolo di questa rubrica, titolato: «La settimana della disconnessione“
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento