Indagine: solo 1 azienda su 5 compensa la propria impronta carbonica

Indagine: solo 1 azienda su 5 compensa la propria impronta carbonica

Survey di Fòrema, ente di formazione del sistema confindustriale, su aziende del Vicentino e del Padovano. Tutti spendono su green e internazionalizzazione (ma poco), e la formazione è rivolta ai manager e non ai neo assunti. Il direttore generale, Matteo Sinigaglia: “La sensazione complessiva è che l’approccio green al momento sia più collegato a chi opera in ambito internazionale”

“Strategie competitive e sviluppo delle competenze”, è questo il titolo dell’indagine annuale sui fabbisogni aziendali proposta da Fòrema per il quarto anno, coinvolte centinaia di aziende principalmente dell’area del Padovano e del Vicentino (in scheda i dettagli dell’indagine, ndr), molte del settore metalmeccanico. Abbiamo analizzato i dati con focus sul green.

DOVE INVESTONO LE AZIENDE: SU GREEN E INTERNAZIONALIZZAZIONE TUTTI SPENDONO (MA POCO), MEGLIO INVESTIRE PER AUMENTARE IL FATTURATO

Agli intervistati è stato sottoposto un set di 12 possibili obiettivi per la propria organizzazione, da perseguire nel biennio 2023-2024, chiedendo di ripartire un ipotetico capitale da investimento di 100 euro tra le diverse priorità. L’analisi del peso attribuito alle diverse strategie permette di individuare quali registrano una priorità superiore alla media, creando i presupposti per delineare quattro cluster principali.

Le aziende che intendono investire sui temi green sono molte (96), ma dichiarano un investimento basso (8 euro); stessi valori quando si parla di strategia internazionalizzazione (90 aziende). Sale a 10 euro l’investimento quando si parla di innovazione di prodotto, le aziende invece investono tre volte tanto quando l’obiettivo è aumentare il fatturato.

La rilevazione ha quindi concentrato l’attenzione sugli investimenti già realizzati dalla singola impresa nello scorso biennio 2021-2022, raccogliendo quali fattori in grado di potenziarne la capacità competitiva siano stati oggetto di spesa da parte dell’organizzazione. Il 98% delle aziende intervistate dichiara di aver realizzato almeno un investimento; l’acquisizione di nuovi impianti o macchinari ha registrato la maggiore frequenza (41% del panel), seguita dalle dotazioni software (23%). Lo sviluppo delle competenze del personale si colloca al terzo posto (21%); gli investimenti dedicati alla creazione e allo sviluppo di nuovi prodotti o servizi si fermano al 13%.

“Gli investimenti sono scarsi in termini relativi perché finora le aziende si sono concentrate sulle analisi di materialità, la redazione di documenti di rendicontazione verso mercato o verso clienti e sulle policy da adottare”, commenta Matteo Sinigaglia, direttore generale di Fòrema. “Ci aspettiamo che ora partano gli investimenti in tecnologie, processi, materiali usati. Gli investimenti in impianti e macchinari sono stati fatti per un tema di redditività e marginalità, ma hanno potenzialmente ricadute positive sulle performance ambientali”.

L’IMPATTO DELLA RIVOLUZIONE GREEN. INVESTONO LE AZIENDE CHE MIRANO AI MERCATI INTERNAZIONALI. SOLO UN’AZIENDA SU CINQUE COMPENSA LA PROPRIA IMPRONTA CARBONICA

Transizione green, nella survey è stato previsto un focus retrospettivo per realizzare una prima mappatura delle azioni già intraprese e individuare possibili leve di miglioramento delle performance ambientali. Il 69% del panel dichiara di aver già avviato un percorso finalizzato alla sostenibilità ambientale. Le attività realizzate più di frequente vedono iniziative di awareness raising e di sensibilizzazione green (70% dei rispondenti), di analisi degli impatti ambientali generati dall’azienda (57%), l’adozione di nuove policies e di linee guida dedicate (56%); il 36% del panel si è già trovato nella condizione di rendere delle dichiarazioni sulla propria sostenibilità ambientale al mercato, a partner produttivi o finanziari, a soggetti pubblici finanziatori.

Le aziende che basano le proprie strategie sulle performance ambientali e l’internazionalizzazione (più esposte alle dinamiche di mercato) dimostrano di posizionarsi in un punto più avanzato nel percorso verso la sostenibilità; per contro l’adozione di strategie di crescita mostra un’attenzione inferiore alla media ai temi ambientali.

Il 26% del panel segnala di non aver impiegato risorse in progetti strutturati capaci di migliorare l’impatto ambientale delle attività. Tra i progetti realizzati con maggiore frequenza dalle aziende industriali si segnalano le misure strutturali per il contenimento delle emissioni, dei rifiuti e degli scarti di produzione (60%), l’acquisizione di certificazioni ambientali per il prodotto o l’azienda (51%) e l’utilizzo dell’approccio dell’ecoinnovazione applicata ai materiali utilizzati, al design dei prodotti e dei processi produttivi (48%). Tra le direttrici meno utilizzate l’attuazione di misure di compensazione della CO2 emessa (19%), l’installazione di impianti per il riutilizzo dell’energia e per la sua produzione da fonti rinnovabili (36%).

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

METODOLOGIA La rilevazione, condotta tra i mesi di febbraio e marzo, ha coinvolto 174 imprese localizzate nelle province di Padova e Vicenza, di cui circa la metà (53%) con meno di 50 dipendenti, quasi il 40% di medie dimensioni e l’8% con più di 250 collaboratori. I settori rappresentati nel panel rispecchiano le specializzazioni produttive dei territori in cui le aziende sono radicate: quasi il 44% è afferente alle filiere del metalmeccanico, cui si aggiungono i comparti dei servizi innovativi e tecnologici (10%), della chimica-farmaceutica-gomma-plastica (10%), del legno-arredo e dell’edilizia (entrambi al 8%), dell’alimentare. Per quanto riguarda il ruolo aziendale dei partecipanti alla survey, cresce rispetto allo scorso anno la componente dei decisori aziendali: nel 37% dei casi abbiamo interpellato direttamente l’imprenditore o l’amministratore (24%) e la direzione generale (13%), cui aggiungere un 12% di risposte da parte dei CFO, spesso braccio destro del CEO; gli HR manager sono stati coinvolti direttamente nel 28% dei casi, categoria naturalmente molto rappresentata dato il focus dell’indagine sui fabbisogni di competenze.

FÒREMA – Nata a Padova nel 1983 in seno all’Associazione degli Industriali con l’obiettivo di formare i propri associati, dal 2012 ha iniziato a concentrarsi nella formazione esperienziale applicata allo sviluppo delle persone e alla lean production. Dopo la separazione da Niuko (la Srl costituita nel 2014 da Confindustria Padova e Confindustria Vicenza), completata nel 2019, e il conferimento della società ad Assindustria Venetocentro, oggi Fòrema si basa sul lavoro di sessanta professionisti, chiamati a proporre e gestire corsi e attività di consulenza con focus su salute, sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, ambiente (HSE), sviluppo organizzativo e metodologia lean nelle smart factory, soft skills e formazione esperienziale, servizi per il lavoro. Fòrema lavora in partenariato con molteplici enti pubblici, in particolare segue progetti per la scuola, gli ITS e l’Università di Padova. Questi sono i numeri che la rendono una delle maggiori società di formazione del sistema Confindustria in Italia. Nel corso del 2022 sono state 26.368 (+9% sul 2021) le persone che hanno seguito corsi di formazione (nel 2021 furono 24.314; +14% sul 2020). In tutto, sono state erogate 41.641 ore in corsi di vario genere, con una crescita del 7,5% sul 2021. Grazie a questi numeri, per Fòrema il 2022 si chiude con un fatturato a 7,7 milioni di euro, con un balzo in avanti del 10% rispetto all’anno scorso (quando si era già registrato un +12% sui 6,3 milioni del 2020). Fòrema, che ha sede negli uffici di proprietà collocati nel centro direzionale “La Cittadella” di Padova, nel 2022 ha fatturato 7,7 milioni di euro (+10% sul 2021); occupa 45 persone e collabora con decine di professionisti. Il consiglio di amministrazione è guidato dal direttore generale Matteo Sinigaglia, ed è composto da Roberto Baldo, responsabile attività finanziate, Giada Marafon, responsabile progetti a mercato, Anna Cracco, responsabile commerciale e Andrea Sanguin, responsabile amministrazione, finanza e controllo. Presidente è Enrico Del Sole.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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