Rubrica a cura di Claudio Rao
«Nomofobìa». Così si chiama la dipendenza da smartphone, ovvero ciò che spinge alcuni di noi a guardare continuamente il cellulare temendo di perdersi qualcosa d’importante non facendolo¹.
Per il nostro percorso sulla distensione e la capacità di riuscire, almeno periodicamente, a staccare la spina, questa settimana riflettiamo sul nostro grado di dipendenza da Internet. La domanda, che può sembrarci un po’ pleonastica, è: « Posso ridurre il mio stress disconnettendomi? ».
In questi ultimi decenni il tempo sembra essersi drasticamente accelerato anche “grazie” alle nuove tecnologìe che ci permettono di essere sempre disponibili, 24 ore su 24. Per questo ci sentiamo in dovere morale di replicare ed agire il più rapidamente possibile fronte a qualsivoglia richiesta. Come se la qualità del lavoro svolto avesse minor importanza dei tempi in cui viene realizzato. Tutto riveste ormai un carattere d’urgenza.
Da questo punto di vista, potremmo dunque considerare la tecnologìa come fonte di stress.
Se ci riflettiamo un po’, il nostro cervello è in overdose d’informazioni, di sollecitazioni, di urgenze. Perso in questo dedalo di sollecitazioni, non ha più la lucidità per distinguere con nettezza ciò che è urgente da ciò che può attendere. Così, paradossalmente, rischia di non “reagire intelligentemente”, lasciandosi in balìa degli avvenimenti; senza più fare una cernita ragionata delle cose da fare. Un vissuto che – anche se non percepito lucidamente – lo stressa e gli impedisce di concentrarsi realmente sulle cose più importanti.
Gli schermi (dal tablet, al televisore, fino al pc ed allo smartphone) accompagnano ormai le giovani generazioni, i cosiddetti “nativi digitali”, fin dalla più tenera età, nonostante i pericoli ormai noti segnalatici da autorevoli studiosi. Alcuni psichiatri non esitano a denunciarne l’influenza su certi tipi di autismo!
Non che noi adulti ne siamo esenti! Basta sedersi in un bar o avventurarsi in treno o in metropolitana per osservare come, per la maggior parte di noi, tablet e smartphone abbiano sostituito giornali e riviste.
Una relazione quasi fusionale, quella coi nostri telefonini tuttofare, come accennavamo all’inizio. « La prima cosa che guardo quando mi sveglio e l’ultima prima di andare a dormire » mi confidava di recente qualcuno nel mio studio, precisando: « Anche senza una ragione particolare! ». Una presenza trasversale quella degli “schermi”, intergenerazionale. Nonostante le ragioni che ci motivino siano diverse. E ridurre quest’autentica dipendenza non è cosa facile. Perfino per il sottoscritto.
Tuttavia esistono pratiche virtuose o suggerimenti utili.
Al lavoro dobbiamo sforzarci di non cedere alla tentazione della rapidità, ma alla buona abitudine della concentrazione imparata sui banchi di scuola (prima dell’avvento di lavagne multimediali e 5G).
Stabiliamo dei momenti nella giornata o in settimana in cui ci dedichiamo unicamente al nostro lavoro: elaborazione di dati, calcoli, programmazioni, preventivi, visite guidate… concentrandoci al meglio ed evitando inutili intromissioni. Disattivando o ignorando scientemente tutte le notificazioni che non riguardano quel dato compito. E, naturalmente, evitando o limitando al massimo anche le interazioni con i colleghi!
Personalmente (e questo spiega il titolo prescelto) ho optato per una settimana all’anno in cui non mi connetto per nessuna ragione, utilizzando unicamente un vecchio cellulare per chiamate e SMS.
A casa manteniamo gli stessi propositi dell’ufficio. Se possediamo un numero professionale, disattiviamolo (o spegniamo il cellulare di servizio). Non c’è nulla che non possa attendere l’indomani e, in casi veramente urgenti (ma quali?), le persone riusciranno comunque a rintracciarci. Impediamoci di rispondere a email di lavoro quando siamo in famiglia. Il contrario ci esporrebbe alla moltiplicazione degli “impegni” e la conseguente riduzione del proprio tempo vitale. Stessa cosa per il proprio numero personale. Diamoci delle regole valide per tutta la famiglia (con le dovute differenze) e cerchiamo di dare l’esempio. Nessuno “schermo” a tavola (eccezion fatta, se necessario, per la tivù) né in camera, soprattutto poco prima di andare a letto. Riscopriamo la sveglia o la radiosveglia dei nonni e lasciamo riposare smartphone e tablet. E se riuscissimo ad arginare le attività online anche dopo cena, scopriremmo certamente un modo nuovo di stare insieme!
¹ Per approfondire l’argomento: https://www.stateofmind.it/2016/01/nomofobia-dipendenza-smartphone/
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