Sconfiggere la cultura dell’odio

Sconfiggere la cultura dell’odio

Editoriale di Claudio Rao

Riflessione a margine delle dichiarazioni di Ken Loach a Cannes

Su La Stampa del 26 maggio u.s. scopro un articolo che mi interpella. Trattasi di una dichiarazione del regista inglese Ken Loach al Festival di Cannes.

« Loach: Ribelliamoci alla cultura dell’odio » titola in prima pagina il pezzo della Collega Fulvia Caprara. Che prosegue: « Bisogna lottare per acquisire la consapevolezza, le parole chiave che mi permetto di suggerire sono quelle della vecchia tradizione sindacale americana, e cioè “aiutate, educate, organizzate”. Tra queste la più importante è l’ultima, se non ci organizziamo, non vinciamo ».

Una dichiarazione rispettabile, intendiamoci, che però viene focalizzata esclusivamente sul fenomeno migratorio. A pag. 19 infatti, l’altro titolone precisa: « La speranza è una questione politica non lasciamo spazio all’odio delle destre ».

Una visione capace di provocare riflessioni e reazioni. Che però in me sollecita una considerazione ad ampio spettro, scevra dalle querelles destra-sinistra.

Il rispetto per le opinioni altrui, la tolleranza, la pacifica ancorché critica e dinamica convivenza tra concittadini di ogni razza¹ e colore sono valori che mi sembravano acquisiti e perfino metabolizzati fino al 2020, l’annus horribilis.

Superati i sospettosi “torcinaso” nei confronti di diversi e omosessuali, la società europea ed italiana in particolare mi sembrava ormai capace di lasciare in eredità ai proprî figli e nipoti un mondo diverso da quello che caratterizzò gli oscuri scenarî del Novecento. E, per dirla tutta, migliore.

Razzismo e discriminazione mi parevano malattie in via di definitiva estinzione.

¹ Mi si perdoni la parola, presente nella nostra Carta costituzionale, che personalmente non mi scandalizza affatto.

Poi, improvvisamente, inaspettatamente, quest’assurda pandemìa, il tambureggiare monocorde dei Media, l’assoluta impossibilità d’immaginare un contraddittorio, il cenno ad un’ancorché minima riflessione.

Radio, giornali, televisione si fecero portavoci di derisioni e discriminazioni ancora senza precedenti nel nuovo secolo. Senza distinzioni di alcun genere. Il dottor De Donno messo a tacere e suicidato, il premio Nobel Luc Montagnier sbeffeggiato ed insultato sono soltanto due dei casi più emblematici.

A nulla sono valse le riflessioni di eminenti personaggi come il filosofo Massimo Cacciari o le vive reazioni di brillanti giornalisti come Michele Santoro, marginalizzati quando non apertamente vilipendiati.

Cittadini discriminati, fomentati all’odio e alla delazione, esclusi e sospesi senza alcuno stipendio (in barba alle garanzie costituzionali!) ci hanno fatto rivivere scenarî che credevamo accantonati nelle polverose soffitte della Storia. Fornendocene, in qualche modo, anche una chiave di lettura. E questo trasversalmente, in tutto il mondo!

Così per l’attuale guerra in Ucraina. Si è perfino arrivati a discriminare nella cultura e nello sport! Un autodafé dal sapore medievale, dove la Santa Inquisizione era l’unica fonte accreditata di verità e di giustizia.

Dalle commemorazioni per la liberazione dai campi di concentramento nazifascista sono stati esclusi quei Russi che, da Sovietici, hanno largamente contribuito alla sconfitta dell’impero del Terzo Reich: Forse in nome di un’altra dittatura, ma con perdite non indifferenti.

Commemorazioni e manifestazioni sportive, invece di volare alto seguendo la  loro vocazione, si sono prestate allo sporco gioco delle parti.

Ecco allora che le giuste parole dell’ottantaseienne regista britannico appaiono quanto meno parziali se non riescono a sollecitare nel lettore attento e scevro da manipolazioni una riflessione a 360°.

Riflessione capace di favorire l’unione contro la disgregazione, l’inclusione contro la discriminazione, la tolleranza contro l’intransigenza, la lucida ed informata comprensione dei fatti contro le “narrazioni di regime” ed il pensiero unico.

Perché, come giustamente afferma Loach: « La società digitale tiene le persone lontane, così fare comunità diventa più difficile ». L’invito allora è quello di restare uniti nella diversità perché “se non ci organizziamo non vinciamo”.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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