Editoriale di Daniel Abbruzzese, corrispondente da Berlino
Da mesi indagata dalla Procura Europea, Ursula von der Leyen è ora finita nel mirino di Reuters e del Financial Times: i suoi accordi con Pfizer potrebbero rappresentare uno scandalo di dimensioni epocali. In Europa, la notizia si perde nel silenzio, o nella noia che l’argomento vaccini suscita ormai in molti. Ad ogni modo, un eurodeputato sta provando a fare un conto approssimativo di quanto la campagna vaccinale è costata e costerà ai cittadini della EU.
Difficoltà con i telefoni
“Le dirò ora una frase che presumibilmente nessun uomo le ha mai detto: vorrei avere il suo numero di telefono. Con nessuno si possono fare degli affari così sporchi come con lei”, così l’europarlamentare Martin Sonneborn apostrofava pochi giorni fa la presidente della Commissione Europea. Il riferimento era chiaramente allo scambio di SMS fra Ursula von der Leyen ed il CEO di Pfizer Bourla, unica trattativa scritta con cui l’Unione Europea si è impegnata ad acquistare 1,5 miliardi di dosi di vaccino: una testimonianza andata persa, purtroppo per la Procura Europea, la Corte dei Conti e la commissione parlamentare interessata.
Qualora il lettore dubiti della buonafede della presidentessa, può subito tranquillizzarsi: von der Leyen dichiara di aver concordato privatamente l’acquisto per impedire che i membri più forti dell’Unione approfittassero della situazione di crisi. D’altra parte, la storia di Ursula è piena di incidenti con la tecnologia: ai tempi in cui era ministro della difesa del governo Merkel, erano stati stipulati tramite SMS anche i contratti di consulenze esterne con la McKinsey & Co. La memoria dei cellulari era sfortunatamente andata persa, così che la Corte dei Conti tedesca si era trovata ad esaminare dei contratti in gran parte censurati. L’indagine si era chiusa con un’archiviazione e con la promozione della nostra a presidente della Commissione Europea.
Carriere fulminanti
In molti sostengono che i contratti oscurati con Pfizer, unica risposta alle curiosità di inquirenti e giornalisti, saranno il miglior viatico alla segreteria generale della NATO, per cui Ursula von der Leyen sarebbe una candidata favorita. Del fatto che le accuse di abuso d’ufficio, distruzione di documenti pubblici e corruzione (che tanto hanno irritato Reuters e il Financial Times) non saranno un ostacolo nella sua carriera non dubita comunque nessuno. Neanche Martin Sonneborn, l’europarlamentare eletto per il partito-scherzo Die Partei.
Direttore del settimanale satirico Titanic, si ritrova inaspettatamente a Bruxelles dopo le elezioni del 2019: non nel ruolo l’outsider idealista, né in quello del giustiziere urlatore da trasmissione TV; piuttosto, consapevole che al momento attuale il potere perpetua se stesso solo tramite la corruzione e l’incompetenza, decide di continuare ad impersonare l’umorista in una declinazione tipicamente tedesca: espressione seria, tono monocorde, qualche smiley pronunciato ad alta voce per darsi un tono più farsesco.
In un’intervista al magazine online Telepolis, Sonneborn si dice convinto che, sotto la legislatura von der Leyen, “i principi fondamentali del pensiero europeo, come la pace, il multilateralismo, il libero scambio e una società libera sono stati falciati via”. Eppure, il suo intervento rivolto alla presidente, e ancora di più il lavoro di ricerca sui contratti con la multinazionale del farmaco, rivelano una ingenua speranza, se non nelle istituzioni, quanto meno nei cittadini, che dovrebbero reclamare il loro diritto alla trasparenza. Ad ogni modo, sulle cifre astronomiche, sulle trattative poco ortodosse, sui contatti capestro prevale il silenzio: quello opposto dalla Commissione Europea, quello dei grandi media, quello degli europarlamentari, quello della nuova epoca a cui ci siamo appena affacciati.
Il prezzo della libertà
Premesso che i vaccini prevenivano, hanno salvato, erano sicuri … eccetera eccetera, ma soprattutto che ci hanno permesso il totale ritorno alla normalità, ci si chiede quale sia il motivo per cui oltremanica si dimostri un interesse così profondo per un passato che tutti vorrebbero lasciarsi presto alle spalle. Non è stato tanto il prezzo (Sonneborn riferisce di un ipotetico volume di 35 miliardi di euro iniziale) ad attirare l’attenzione di Reuters e del Financial Times, quanto, più probabilmente, il malumore che da un anno serpeggia in diversi paesi europei, che, alla vigilia di una nuova fornitura di 450 milioni di dosi, hanno difficoltà a smaltire i milioni di vaccini non ancora somministrati. Alcuni governi hanno provato ad intavolare trattative separate con Pfizer, rischiando penali milionarie: le condizioni dei contratti escludevano fin dall’inizio ogni possibilità di recesso e rinegoziazione, anche per il futuro.
È dunque da considerarsi un merito di von der Leyen quello di aver aggiustato nel maggio 2022 gli accordi: se inizialmente l’Unione Europea si era impegnata ad acquistare ulteriori 500 milioni di dosi, il gigante farmaceutico (nel frattempo unico partner commerciale per i vaccini anticovid) aveva concesso una riduzione delle forniture a 280 milioni di dosi, ritoccando il prezzo unitario dai 15 ai 19,50 euro. Per i rimanenti 220 milioni di vaccini, l’Unione si è impegnata a risarcire Pfizer per un totale di 2,2 miliardi di euro (in pratica 10 euro a dose). Non solo, ma, come ci informa la commissaria alla salute Stella Kyrikiades, si è aggiudicata il prolungamento del contratto con la casa farmaceutica fino al 2026, garantendosi una fornitura di 70 milioni di vaccini all’anno, il cui prezzo sarà di volta in volta stabilito dal produttore in base agli aggiornamenti del farmaco.
L’Unione Europea ha assicurato inoltre alla multinazionale che i suoi guadagni continueranno ad essere sottoposti al regime fiscale lussemburghese, che prevede un’aliquota unica del 12,5%. Insomma, l’aggiornamento dei contratti, pur non mettendo d’accordo tutti i membri della UE, è riuscito a contenere considerevolmente le perdite di Pfizer – o, a sentire il Financial Times, si è rivelato il commercio più imponente e più illogico della storia dell’Unione. Sempre Sonneborn segnala allarmato come questi contratti creativi stiano diventando la norma, anche nel caso delle forniture di armi all’Ucraina: la Commissione coinvolgerebbe dei consulenti esterni, svolgerebbe le trattative con gli offerenti in maniera riservata e presenterebbe poi il conto in pubblico a contratto già stipulato. Dimentica, l’europarlamentare, che per la libertà nessun prezzo è abbastanza alto. E, anche se la libertà riottenuta dopo la pandemia non convince proprio tutti, il prezzo pagato economicamente ci aiuta quantomeno a quantificarne il valore.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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