Sulla Strada del Vino: in Polesine per scoprire la Turchetta e il mondo di Corte Carezzabella

Sulla Strada del Vino: in Polesine per scoprire la Turchetta e il mondo di Corte Carezzabella

Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e del sommelier Massimo Casali

Un’occasione unica quella che ci è stata offerta qualche giorno fa per approfondire il discorso sul vitigno Turchetta, che forse non tutti conoscono. Siamo con Chiara e Francesco, titolari dell’azienda Corte Carezzabella, giuntia Roma per presentare alcuni dei loro vini: Metodo Ancestrale di Trebbiano, il Pinot Grigio, il Merlot e la Turchetta in due annate, raccontandoci del territorio che si stende tra il Po e l’Adige, lambito da un connubio eterno di acqua e terra. Dove siamo? Nel Polesine, a San Martino di Venezze, poco a nord di Rovigo, zona chiamata non a caso Cenerentola del vino perchéstoricamente poco vocata alla viticoltura, ma oggi con i titolari, insieme all’enologo Francesco Mazzetto, che da qualche anno collabora con loro, vogliamo raccontarvi che anche da suoli sabbiosi e ricchi di acqua, si producono vini di grande qualità. 

Non solo vini, perché di Corte Carezzabella ci sono piaciute tante cose, a partire dal nome, che ricorda un termine gergale che sta per strada bella, fotografia perfetta di quello che pare essere un luogo magico. Poi perché in questo posto, a pieno si sente forte il rapporto con la terra, in tutte i suoi potenziali. Ospitalità con agriturismo, visite guidate sul territorio, assaggi di prodotti a chilometro zero, dalle marmellate alle passate di pomodoro e i prodotti da forno fatti con farina macinata a pietra. Certificazione bio dal 2015, rispetto per la natura, oasi di verde e relax, fattoria didattica e tanto altro ancora. All’oggi 22 ettari vitati su 60 suddivisi tra frutteto, colture orticole e frumento a rotazione. La storia di questo angolo di paradiso risale all’epoca del papà di Chiara, innamorato della terra pur non essendo agricoltore, ma ancora prima dall’anima della nonna materna di Chiara, che lei descrive come donna molto forte e volitiva. Faceva la fornaciaia e costruiva mattoni, comprò lei i primi ettari per estrarre la materia prima. È stata poi la volta dell’edificio rurale e della corte con chiostro che ancora oggi si può ammirare, in architettura neoclassica, circondata da frutteti. Intorno è solo pianura, in una zona poco industrializzata e piuttosto vergine. Ci è voluto poco perché Francesco, marito di Chiara e architetto, si innamorasse di questa realtà fino a farne la sua ragione di vita e la collaborazione con l’enologo Mazzetto dal 2020 ha definitivamente aperto la strada ad un progetto enoico interessante.

Come sempre partiamo dal terreno che è la chiave di lettura di qualsiasi vino. Siamo letteralmente in mezzo a sabbie silicee con strato più profondo argilloso, a zero metri sul livello del mare, senza escursioni termiche e con rischi di stress termici non indifferenti. Parliamo però dei fattori positivi, perché questo terreno sabbioso è anche molto drenante il che rende le temperature torride dell’estate meno minacciose per le viti che rispondono bene, soprattutto nel calice, dimostrando la grande forza minerale rilasciata dal passaggio dei fiumi. Inoltre, il caldo in aumento ha beneficiato ad un vitigno come la Turchetta, che finalmente matura bene e si può produrre anche in purezza. Se non ne avete mai sentito parlare, la Turchetta esiste in queste zone già da un po’ di anni, fu il papà di Chiara, lungimirante, a riproporla piantandone un ettaro. Altri produttori nella zona la prediligono da tempo, ma su suoli un po’ più argillosi di questo. Già all’epoca la produzione si aggirava sui 60 quintali/ettaro, da poco la conduzione, in maniera unanime, è stata riconvertita a cordone speronato, oggi la varietà deve ancora farsi strada e imporsi sul mercato con delle caratteristiche sue proprie e distinguibili.

Andiamo all’assaggio. Il pranzo presso Alfredo alla Scrofa si apre con un bell’antipasto di tartare di tonno con guacamole, cipolla in carpione e crescioni. Per iniziare un aperitivo di Metodo Ancestrale 2021, il Brillo, 85% Trebbiano romagnolo, e 15% Pinot Grigio. Il primo è un vitigno piuttosto esile, quindi, va rinforzato col Pinot Grigio che come dice l’enologo, probabilmente negli anni potrà aumentare la sua percentuale. La prima fermentazione è di dieci giorni a temperatura controllata, e la seconda almeno 40 giorni sur lies in bottiglia, i batonnage avvengono all’assaggio e poi il tempo fa il resto. Mentre il Pinot Grigio è destinato al vino fermo, in questo caso il trebbiano è da subito pensato per base spumante e viene raccolto separatamente a fine agosto perché ha una maturazione più tarda. Insieme uniscono la dolcezza del Pinot e la giusta punta di acidità e pulizia del Trebbiano. Vino che nasce per essere conviviale e semplice, non si limita a sentori di lieviti che anzi vengono messi da parte dalle personalità forti dei due vitigni blendati, si fa strada con finezza, bollicina elegante, una certa persistenza, finale leggermente sapido.

Pinot Grigio delle Venezie Doc 2021, unica Doc del Polesine, che adesso appare sulle loro etichette perché da Igt Veneto passò nel 2016 a Doc delle Venezie comprendendo la provincia di Rovigo, un progetto messo in atto proprio per dare risalto al Pinot Griglio che nel Triveneto rappresenta una delle maggiori espressioni vinicole in termini di qualità e numeri. Il colore giallo scarico, al naso profumi tipici floreali, in bocca il corpo è fine, come ci si aspetta da terreni sabbiosi, aromatico e poi in chiusura sapido. Vini eleganti e puliti, questo è il mantra dell’enologo, che ha accolto una scommessa spiazzante, quasi sfacciata, per riscrivere la storia dei vini di questo angolo di Veneto.

Merlot Veneto Igt 2021, da vigneti di oltre trent’anni, raccolta di 90 quintali/ettaro, il diradamento, come sottolinea l’enologo, è la chiave di lettura della conduzione dell’azienda. Una parte dedicata al rosé e l’altra alla versione in purezza. Merlot verticale, non corposo e potente, note più scariche e più tenui. Una maturazione fenolica accentuata porta ad un rosso rubino intenso brillante, al naso glicerico, frutta rossa matura, poi una bella freschezza cede il passo ad un’acidità piacevole, note di amarena, una lieve spaziatura, alloro, e nonostante faccia solo acciaio rimane una sensazione di mandorla tostata. Il tannino è immediato, finale pirico. La struttura sgrassa bene il piatto di fettuccine Alfredo che accompagna il calice, pulisce bene la bocca.

Turchetta Veneto Igt 2021, varietà come detto riscoperta da poco, ma presente nel padovano e nel rodigino, probabilmente dalle bonifiche ad opera dell’operosità veneziana, normalmente usata come uva da taglio per il suo profilo polifenolico importante, per una tannicità che se non controllata, fa letteralmente scomparire la saliva. La 2021 come annata perfetta dona al vino un’ottima acidità e una struttura materica molto più importante rispetto al Merlot. Colore intenso, profondo, al naso è profumato, fruttato, sottobosco, in bocca pieno e succoso, si fa strada una sensazione di legno bagnato e spezie.

La nota floreale ci fa quasi pensare al Porto, e chissà che non sia arrivata proprio da lontano attraverso le intense attività marittime della repubblica di Venezia. L’annata 2020 risulta più complessa, rotonda, più matura rispetto alla 2021 che però dimostra grande carattere e soprattutto longevità. Sono vini diritti che puntano al passare del tempo in bottiglia per evolvere. Utilizzo di solo cemento non vetrificato, e vinificazione all’assaggio, non esiste ancora una ricetta fissa per l’enologo, se pensiamo che in tre anni hanno fatto la Turchetta in sette modi diversi. Un esempio di vera sfida enoica, su terreno sabbioso che risulta paradossalmente freddo, compatto, e dove la tecnica gioca la sua parte da protagonista.

Ad accompagnare la Turchetta punta di petto di vitella alla fornara con patate novelle.

Li vorremmo incontrare tra qualche anno per vedere in che modo magnifico siano evoluti questi vini e quali i risultati di uno studio e di una sperimentazione qui così altamente specializzati. Ricordiamo che le altre varietà prodotte in azienda sono il Manzoni bianco e il Carmenere.

Un ringraziamento a Federica Schir, ufficio stampa.

Carezzabella Winery – Via Marconi, 752 – 45030 San martino di Venezze (RO) – info@carezzabellawinery.comwww.carezzabellawinery.com

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