Di Laura Avalle
“L’ipercolesterolemia familiare è una condizione di rischio sottostimata, che non dà segni clinici fino alla sua scoperta e che, anche in età giovanile, può provocate gravi eventi acuti cardiovascolari la cui diagnosi precoce, unita a trattamenti efficaci, riduce significativamente l’incidenza di ictus e infarti”. Così Luigi Gentile, consigliere nazionale della Sisa (Società italiana per lo studio dell’Aterosclerosi) che ha aperto oggi, alla Winter School in corso a Pollenzo, il focus su Ipercolesterolemia familiare e sul diabete.
“L’ipercolesterolemia familiare (FH) è una malattia genetica di frequente riscontro nella pratica clinica – ha sottolineato Gentile – caratterizzata da elevati livelli di colesterolo sin dalla nascita, con conseguente insorgenza precoce dell’aterosclerosi e aumento del rischio cardiovascolare”. L’età media di insorgenza dei sintomi coronarici è di 45 anni negli uomini e 55 anni nelle donne. La prevalenza, sottostimata negli ultimi 40 anni, è di circa 1 caso su 200, più del doppio di quanto ritenuto finora ed è 10 volte maggiore nei pazienti con cardiopatia ischemica, 20 volte di più nei pazienti con cardiopatia ischemica precoce e 23 volte maggiore nei soggetti con ipercolesterolemia severa. Un suo appropriato ed efficace trattamento, grazie all’innovazione terapeutica è in grado di ridurre drasticamente la mortalità. In Italia una bussola per i pazienti che facilita la diagnosi clinica e genetico-molecolare, è rappresentata dal network italiano delle dislipidemie genetiche LIPIGEN (LIpid transPort disorders Italian GEnetic Network), promosso dalla Fondazione della Società italiana per lo studio dell’Aterosclerosi.
I NUTRACEUTICI E L’ACIDO ABSCISSICO
Per la prevenzione del diabete alimentare (di tipo 2) le novità arrivano dal ruolo dell’Acido abscissico, una sostanza che il pancreas endocrino produce prima di impegnare l’insulina nella riduzione della glicemia dopo un pasto la cui funzione è stata quasi del tutto ignorata fino al 2016 mentre nel 2017 sono stati pubblicati i primi studi che ne hanno dimostrato il ruolo fisiologico.
“Questa sostanza – ha spiegato Ettore Novellino, chimico farmaceutico, professore ordinario alla Cattolica del Sacro Cuore intervenuto a Pollenzo – serve a trasferire il glucosio della dieta dal torrente circolatorio ai muscoli. Solo dopo che ha svolto il suo lavoro entra in gioco l’insulina che trasferisce il glucosio residuo prima al fegato e poi ai tessuti adiposi. Le dis-glicemie (glucosio a digiuno a 130) e le condizioni che precedono il diabete conclamato – che poi può essere trattato con farmaci come la Metformina e altre molecole innovative capaci di stimolare la secrezione di insulina fino all’insulina stessa – si giovano dell’integrazione con Acido abscissico”.
Dove trovare dunque questa molecola in natura per assumerne una maggiore quantità per potenziarne la funzione nelle situazioni di prediabete? “Una fonte accessibile – ha rivelato Novellino – è in alcune piante che la sfruttano come ormone della crescita dei loro frutti. Attraverso un’indagine sistematica abbiamo individuato i frutti con la maggiore quantità stabilendo che questo acido è presente per un breve periodo alla crescita del frutto per poi trasformarsi in un carotenoide (precursori della vitamina A) usato per la colorazione del frutto. Chiarito ciò – ha proseguito Novellino – abbiamo utilizzato piccole pesche (peschiole) che una volta liofilizzate e dosate in acido abscissico possono dar luogo a una tisana da bere durante il pasto”. I risultati, in via di pubblicazione, ottenuti su persone disglicemiche con valori di glicemia a digiuno fino a 130 mostrano una netta riduzione, intorno al 30 per cento, della secrezione di insulina con un netto miglioramento dell’indice Homa (diminuzione della secrezione insulina e dell’emoglobina glicata in condizioni di disglicemia o prediabete).
“La tisana “Necta-GlJ” può sicuramente contribuire a riportare nella norma i valori di glicemia nelle persone con alterata glicemia ed evitare l’approdo al diabete conclamato” conclude Novellino. La prova che la natura dà una mano alla prevenzione di uno dei dismetabolismi a più alta epidemiologia. La tisana entro un mese sarà disponibile in farmacia e parafarmacie.
LA DIETA MEDITERRANEA
E che la dieta sia fondamentale nella prevenzione delle sindromi metaboliche e per conservare la saluta lo ha sottolineato anche Valentina Ponzo, Dietista PhD presso il dipartimento di Scienze Mediche all’ Università degli Studi di Torino: “L’importanza di una corretta alimentazione, ispirata al modello della Dieta Mediterranea, nella prevenzione delle patologie cardiovascolari e del diabete e il ruolo della terapia dietetico-nutrizionale nel trattamento di queste patologie sono ampiamente riconosciuti dalla comunità scientifica – ha sottolineato – l’intervento dietetico nel trattamento dell’ipercolesterolemia familiare si va ad aggiungere alla terapia farmacologica determinando un ulteriore modesto abbassamento dei livelli circolanti di colesterolo LDL e contribuendo così a potenziare l’impatto dei farmaci ipolipemizzanti. Inoltre, l’intervento dietetico può ridurre l’eccesso ponderale e migliorare gli altri fattori di rischio cardiovascolare”.
Le strategie dietetiche che ad oggi si sono rivelate più efficaci sono la riduzione di acidi grassi saturi, l’introduzione di fitosteroli ed una elevata aderenza alla Dieta Mediterranea. La terapia medico nutrizionale è un approccio importante anche nella terapia del diabete mellito e deve a tutti gli effetti rappresentare una parte integrante del trattamento della malattia, sia che si tratti di diabete di tipo 1 che di tipo 2. Rimangono ancora incertezze sulla composizione ideale della dieta, in particolare in merito alla quota ottimale di carboidrati. Precedenti linee guida raccomandavano schemi nutrizionali bilanciati con una percentuale di carboidrati compresa tra il 45 e il 60% dell’energia totale. Negli ultimi anni vi è un rinnovato interesse per le diete a basso contenuto di carboidrati (low-carb, chetogeniche, iperproteiche, ecc.) per indurre il calo ponderale in soggetti con diabete ed eccesso ponderale. Tali approcci si sono rivelati efficaci sul breve termine sul controllo glicemico e sulla riduzione ponderale, mancano tuttavia dati di sicurezza sul lungo termine. Inoltre, i dati di letteratura ad oggi disponibili hanno mostrato sul lungo termine effetti migliori nei pazienti trattati con una Dieta Mediterranea bilanciata.
“I dati – ha concluso l’esperta – dimostrano una scarsa aderenza alle raccomandazioni nutrizionali e il progressivo peggioramento dell’indice di massa corporea nei pazienti seguiti dalle strutture diabetologiche. Questo impone sicuramente una riflessione su come migliorare la compliance alla terapia medico nutrizionale. Inoltre, dati di letteratura dimostrano come un programma integrato di intervento sullo stile di vita (educazione terapeutica, esercizio fisico, dieta) avrebbe anche un importante risvolto economico riducendo in modo significativo i costi per farmaci ipoglicemizzanti”.
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