Editoriale del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso
***Su richiesta di molti lettori riproponiamo questo editoriale del direttore responsabile che è stato pubblicato lo scorso 8 Ottobre 2022
Si parla, con sempre maggior frequenza – almeno su Twitter – delle “Finestre di Overton”. Ne parliamo noi che sappiamo di cosa si tratti, non certo chi ne subisce passivamente le conseguenze e non comprende da cosa derivino certi comportamenti di massa.
Esiste un altro termine che negli ultimi anni è spesso utilizzato ma di cui a volte non si conosce il significato: mainstream. Nulla di troppo complicato in questo caso, a questo termine oggi viene applicato il significato di pensiero comune e quindi, dominante.
Voglio però concentrarmi sul tema centrale del mio editoriale di oggi: le finestre di Overton, che stanno provocando una serie di effetti domino sulla società che, ignorandone l’esistenza, appiattisce se stessa sotto il peso delle conseguenze di questo tipo di strategia.
Le finestre di Overton spiegate in maniera semplice
Nella mia professione è necessario saper spiegare le cose complesse in maniera chiara e semplice. Provo a farlo da decenni e mi dicono che riesco bene nell’impresa.
Cosa sono queste finestre e perché si chiamano Overton? Si tratta per caso di un tipo di infissi di nuova generazione e il nome è quello dell’azienda che le produce? Macchè…
Joseph Overton era un sociologo statunitense, morto prematuramente nel 2003 mentre pilotava un aereo ultraleggero. Lo schianto non gli lasciò altra possibilità se non quella di volare per sempre tra i cieli che solcava a bordo di piccoli areomobili.
Aveva 43 anni e le cause dell’incidente non furono mai chiarite.
La notorietà del sociologo statunitense la dobbiamo alla teoria che sviluppò nell’ambito dell’ingegneria sociale, che lui stesso denominò The Overton Window, la finestra di Overton.
Di cosa stiamo parlando? Delle tecniche di manipolazione delle masse che si articolano attraverso determinati metodi di persuasione.
Queste tecniche sono molto conosciute, e applicate, nel settore del marketing e servono a indurre inconsapevolmente le persone ad acquistare ciò che il mercato offre loro.
Attenzione però: le stesse tecniche sono utilizzate e applicate, su scala mondiale, dai cosiddetti think tank, le grandi organizzazione internazionali che pensano e decidono le dinamiche di gestione politica, economica, finanziaria e di tutti gli aspetti sociali, come il Council on Foreign Relation, il Bielderberg Group o anche altri, come il Bruegel il cui fondatore e presidente è Mario Monti.
Conosco bene queste organizzazioni poiché a partire dall’inizio del terzo millennio iniziai a trattare giornalisticamente questi argomenti e fu pubblicato un mio volume dal titolo Nuovo Ordine Mondiale: chi, cosa, perché che è una raccolta di miei editoriali, articoli di approfondimento e un’intervista molto particolare.
Fatta la dovuta precisazione, torno all’argomento centrale: le dinamiche e le strategie utilizzate per manipolare le masse, che attraverso le finestre di Overton sono spiegate in maniera magistrale e che sintetizzerò in maniera estremamente semplice.
Si prenda un qualsiasi tema considerato assolutamente inaccettabile a livello di massa. In questo momento, per esempio, riterresti ammissibile l’obbligo a norma di legge di farti installare in ogni stanza, cesso compreso, una telecamera che spii ogni tuo gesto all’interno delle mura domestiche?
So che la risposta collettiva, in questo preciso momento, è “No”. Eppure, utilizzando i metodi ben descritti attraverso le finestre di Overton, con una serie di sapienti strategie, tu stesso che in questo momento hai provato un brivido di disgusto al solo immaginare di essere ripreso mentre defechi nel tuo bagno o mentre dormi, fai sesso, mangi, litighi o te ne stai appollaiato sul divano, potresti trovarti un giorno non ad accettare supinamente una situazione simile, quanto ad approvarla perché non ti sei reso conto che sono riusciti a convincerti della bontà di una misura simile.
“Possibile che operino strategicamente per giungere a questo”? Si, talmente possibile che proprio durante il periodo che va dall’esplosione della pandemia da SarsCov2 a oggi, queste tecniche sono state utilizzate e la maggior parte dei cittadini italiani hanno ritenuto normali misure che, non dico sempre ma in alcuni periodi si, erano e sono tutt’ora, paradossali.
Serviva controllare coi droni le spiagge italiane per verificare che una sola persona che prendeva il sole beatamente fosse fornita di mascherina?
Serviva privare la popolazione della libertà di recarsi in banca, non dico al bar a far colazione, per operare sul conto corrente personale, se non forniti di Green Pass?
Serviva alla collettività acquistare volumi impressionanti di mascherine FUORI NORMA come da scandali ancora in corso su questo tema?
Serviva non concedere ai parenti l’ultimo saluto ai propri cari ricoverati in ospedale? (i casi sono tantissimi, qui una delle notizie di cronaca)
Serviva, e serve ancora, utilizzare l’arma della paura per assoggettare tutti, anche in presenza di dati che, spesso, sono forniti male o sono poco realistici rispetto a ciò che oggi sta emergendo con maggior chiarezza rispetto ai primi due anni dopo l’inizio del grande caos pandemico?
No, serviva e serve sempre più un maggior equilibrio, più onestà e correttezza. Era questa l’aspettativa di quella fetta di popolazione pensante, fornita di capacità critica e incapace di rendersi vittima di strategie e metodi applicabili alle masse.
A questa lista, che è minima rispetto a tutto ciò che è stato operato al solo fine di abituare le masse e quindi a fargli addirittura abbracciare certe misure obbligatorie, mancano molti altri elementi che sono però conosciuti a chi non vive attendendo supinamente l’ordine sul comportamento da adottare.
Diversi cittadini italiani ma anche degli altri paesi europei, oggi non hanno nulla da dire sul fatto che a causa del caro energia e del caro bollette, migliaia di imprese storiche e meno storiche stiano chiudendo i battenti. Ritengono, anzi, che i “sacrifici” debbano esser fatti. …per sostenere una guerra che non ci appartiene (apparteneva). Sicuramente costoro non sono a capo di un’impresa, non sfamano bocche attraverso gli stipendi erogati ma sopratutto, non sono in grado di comprendere la gravità della situazione che poteva, può ancora, essere evitata. Accettano come apprezzabile che l’economia di un’intera nazione crolli.
Glielo chiedono le finestre di Overton…
Giornalismo VS opinionisti
Approfitterò per informare chi mi conosce poco o mi scopre solo oggi, di comunicare che sono la prima giornalista (anche in questo caso) ad aver avviato una lunga inchiesta anche su questa pandemia: la prima puntata fu pubblicata il 20 Marzo del 2020 e l’inchiesta è ancora in corso. Per chi fosse interessato a scoprirla, tutte le puntate sono accessibili cliccando sul seguente collegamento: Pandemia: l’inchiesta di Emilia Urso Anfuso.
Ogni puntata è fornita di documentazioni originali, video originali di dichiarazioni pubbliche da parte di chi governa l’Italia, studi scientifici internazionali, ma anche documenti del nostro Istituto Superiore della Sanità o del nostro Ministero della Salute: basta cliccare sui link che si trovano disseminati sui testi e si potrà persino scaricare sul proprio computer decine di questi documenti che rendo fruibili ai lettori. Sono documenti PUBBLICI ma che la stampa nazionale o la televisione pubblica non rende fruibili ai contribuenti. Non è polemica (la odio) ma un semplice dato di fatto, inoppugnabile.
Per non cadere passivamente nelle dinamiche delle finestre di Overton, ritengo sia molto utile chiarire una cosa: la differenza tra giornalista e opinionista.
Il giornalista è la persona che lavora per informare la gente sui fatti che accadono nel mondo. L’opinionista è una persona che concede pubblicamente la sua opinione sui fatti che accadono.
Un giornalista può scegliere di diventare un opinionista, anche se a mio parere anche sul piano deontologico lo trovo abbastanza scorretto. In che senso? Noi giornalisti abbiamo un enorme potere anche per ciò che riguarda ciò che possiamo operare a livello di modifica del pensiero collettivo.
Un giornalista conosciuto e seguito che inizi a presenziare in TV sciorinando le sue opinioni, sa di inoculare il suo pensiero alla fetta di lettori e telespettatori che lo seguono. Contribuisce, quindi, a diffondere la sua opinione alla fetta di popolazione che segue quel giornale o quella trasmissione e crea nel suo pubblico, convinzioni ancora più radicate.
Il giornalista puro, invece, continua a lavorare al solo fine di far conoscere gli accadimenti nudi e crudi, sfrondati dalle opinioni personali. Dico spesso una cosa: “nella mia professione le opinioni personali non le metto mai in gioco. Le ho, ma su cose diverse, come le mie scelte private, per esempio”…
Ho scelto di affrontare il tema della differenza tra giornalista puro e opinionista, perché mi capita spesso che qualcuno mi chieda di spiegare la differenza.
C’è un terzo tipo di giornalista, molto diffuso nel mio settore: l’impiegato di redazione che, pur avendo opinioni discordanti con la linea editoriale del giornale o della rete televisiva, la abbraccia totalmente e ne diffonde i termini. Di fronte al posto di lavoro, è comprensibile, quasi nessuno alza la testa al di sopra dello stipendio mensile.
C’è chi dice NO
In alcuni casi, però, è stato fatto: per esempio Maria Luisa Busi, una dei volti noti del TG! che chiese all’allora direttore di rete, Augusto Minzolini, di essere “sospesa dal servizio” in quanto “non si riconosceva più” nella linea editoriale del telegiornale.
Ecco un video dell’epoca che riporta la vicenda dalla stessa voce della Busi: rammento a tutti che “chiedere di essere rimossa” dalla conduzione del TG, corrisponde – di fatto – alla dimissione, almeno da quel ruolo. La Rai è una grande azienda, se un impiegato si auto-rimuove da un incarico pubblico, anche se viene poi nominato vice direttore del Tg1…
Ed ecco il testo completo della lettera che la Busi affisse sul muro della redazione del TG1 e che fu poi resa pubblica anche sulla stampa:
https://www.repubblica.it/politica/2010/05/21/news/busi_lettera-4240290/
Posso anche citare un altro caso, precedente a questo: quando nel 2004 a rassegnare le dimissioni dalla Rai fu Lucia Annunziata. Le ragioni? Le stesse della Busi: l’ingerenza politica nella creazione dei servizi della TV di Stato.
Se si riflette sul fatto che il caso Annunziata è datato 2004, mentre il caso Busi risale al 2010, nessuno può eccepire che la situazione possa essere isolata o addirittura migliorata nel periodo storico in cui viviamo.
Mancano, semmai, altre denunce pubbliche di questo genere e non a caso per ciò che riguarda la libertà di stampa l’Italia perde posti nella classifica mondiale di anno in anno:
Salvarsi si può
Cosa ci azzeccano i giornalisti RAI che dicono NO a un’informazione pubblica che non rispetta la popolazione attraverso servizi giornalistici che scelgono, sapientemente, quali notizie trattare e quali no, col tema della finestra di Overton? E’ molto semplice: se il servizio di informazione pubblica, attraverso l’ingerenza sempre più pressante della politica, non trasmette certe informazioni di interesse pubblico, ecco che si espleta uno dei “rimedi” o meglio, delle strategie riportate da Overton e che servono a condurre le masse verso un’opinione comune, verso un’accettazione di una realtà che appare modificata rispetto a ciò che accade realmente.
Lo stato di acriticità che aggredisce molti, l’incapacità e addirittura l’insofferenza verso temi sensibili e importanti per un’intera popolazione, dimostra in maniera lampante come le finestre di Overton giungano sempre all’obiettivo finale desiderato, che è quello di far accettare cose prima inammissibili, poi accettate di buon grado, fino a perdere i confini di ciò che si riteneva fantascientifico e riprovevole prima di questo tipo di trattamento.
Il settore dell’informazione internazionale è uno dei protagonisti di questo sistema: noi giornalisti abbiamo il potere di convertire le opinioni, modificarle, manipolarle oppure possiamo informare sui fatti reali portando prove e controprove. Faccio parte della seconda tipologia.
Il problema che si è però creato in senso generale è che per non far emergere chi di questa professione ama e ha abbracciato l’aspetto deontologico, ma anche umano, da anni in politica si è fatto in modo di mischiare il sacro col profano, l’opinionista col giornalista, il corretto esecutore della missione di informare con chi viene pagato per inoculare artatamente un pensiero comune.
Busi e Annunziata docet e dobbiamo tutti ringraziarle per aver detto quel NO pubblicamente.
Come salvarsi dal freddo sterile che penetra attraverso le finestre spalancate di Overton? Cercando di restare ben saldi su ciò che è la realtà che ci circonda, studiando i temi che non si conoscono invece di attendere di ascoltare esclusivamente la TV o di leggere svogliatamente qualche giornale o sito di informazione online.
Ve lo dice chi di questa professione vive, ma che fa parte di coloro che si limitano a elencare fatti, dati, normative in vigore, diritti dei cittadini sanciti ancor oggi dalla Costituzione, cronache di cose avvenute e con tanto di prove.
Il resto sta alla capacità intellettiva di chi ascolta e legge, ma sopratutto, da chi è capace di chiudere le finestre a tempo debito…
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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