Di Giovanni Ferrario
Siamo nel mezzo di una fase cruciale che determinerà lo scenario energetico globale dei prossimi 30 anni. Tra le tante incertezze che agitano il settore in questi ultimi mesi emerge una realtà: siamo entrati nell’era dell’idrogeno. Il taglio delle forniture del gas dalla Russia, la lotta al cambiamento climatico causato dalle emissioni di gas serra, la progressiva decarbonizzazione dei sistemi energetici e il forte aumento del costo dei combustibili fossili hanno messo il mercato di fronte ad una situazione d’indeterminazione e volatilità senza precedenti.
L’idrogeno è la soluzione per una transizione energetica pulita e rinnovabile grazie alla sua versatilità d’uso e facilità di trasporto e stoccaggio. Secondo il “Global Energy Perspective 2022” elaborato dalla società di ricerca internazionale McKinsey, la domanda energetica globale tenderà ad appiattirsi nei prossimi decenni crescendo solo del 14% entro il 2050. Nonostante la ripresa dell’economia internazionale post pandemia, il fattore chiave sarà una maggiore efficienza energetica negli edifici residenziali, nei trasporti e nell’industria.
Se, da una parte, la progressiva elettrificazione giocherà un ruolo fondamentale sostituendo progressivamente i combustibili fossili, l’idrogeno rappresenta la componente energetica che crescerà maggiormente nei prossimi anni. Lo studio segmenta in due parti lo sviluppo di questo mercato: entro il 2035 la domanda di idrogeno sarà appannaggio soprattutto della mobilità veicolare del trasporto su strada mentre, successivamente, si aprirà anche all’uso industriale, al riscaldamento degli edifici pubblici e privati, al trasporto marittimo e aeronautico con una percentuale di penetrazione complessiva intorno al 20% sulla domanda energetica europea e italiana.
“Ci sono diverse motivazioni che spingono questa inevitabile rivoluzione: la necessità di avere una fonte energetica rinnovabile, a zero emissioni di anidride carbonica e facile da trasportare, immagazzinare e distribuire in tutta Italia, dalle grandi città fino ai piccoli comuni di provincia. È arrivato il momento di avere coraggio e di investire sull’idrogeno”, afferma Peter Werth, Chief Executive Officer di Wolftank Hydrogen, azienda parte del Gruppo Wolftank Adisa che offre soluzioni tecnologiche per la fornitura e lo stoccaggio di idrogeno verde.
Allo stato attuale il consumo di idrogeno in Italia è quasi interamente dedicato agli usi industriali nella raffinazione e nella chimica per la produzione dell’ammoniaca, ma lo scenario è destinato a cambiare molto velocemente. Secondo il “Piano Nazionale di Sviluppo – Mobilità Idrogeno Italia” elaborato dall’Associazione italiana idrogeno e celle a combustione, entro il 2025 si prevedono in circolazione 27.000 autovetture alimentate a idrogeno (circa lo 0,1% del parco macchine italiane) per poi arrivare a quasi 300.000 nel 2030 e 8,5 milioni al 2050.
Per sostenere questa domanda (a cui si aggiungono 1.110 autobus e circa 2.000 automezzi pesanti) sarà necessario realizzare entro il 2025 ben 197 stazioni di servizio che forniranno oltre 9.200 tonnellate di idrogeno l’anno.
“Attualmente sono presenti 6 stazioni di rifornimento di idrogeno in tutta Italia che stimiamo possano fornire circa 300 tonnellate all’anno – prosegue il manager – Visti questi numeri, stiamo parlando di una crescita del 3000% già entro il 2025: è una transizione inevitabile verso una fonte di energia praticamente inesauribile, che produce solo acqua quando viene bruciata e che può essere prodotto in diversi modi. Per tutto questo l’idrogeno è destinato a cambiare per sempre lo scenario energetico nazionale e coinvolgendo istituzioni, aziende e cittadini”.
Il Governo ha posto come obiettivo una percentuale dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 e intorno al 20-23% entro il 2050: se fossero rispettate queste stime, l’Italia riuscirebbe a ridurre le emissioni di 97,5 milioni di tonnellate di CO2, corrispondente ad una riduzione di circa il 28% rispetto alle emissioni climalteranti del 2018, come sottolineato dal report “H2 Italy 2050” elaborato da Ambrosetti e Snam.
Il PNRR ha individuato fondi complessivi per 3,19 miliardi di euro per i progetti dedicati all’idrogeno, come riconversione delle imprese, produzione, trasporto e stoccaggio: recentemente sono stati pubblicati due bandi che prevedono 30 milioni di euro per progetti di ricerca sviluppati dalle imprese e 20 milioni per progetti di organismi di ricerca pubblici, ovvero enti e università. In Italia alcuni big player si stanno già muovendo facendo da apripista a progetti innovativi: Tim, ad esempio, alimenterà le centrali telefoniche della città di Trento ad idrogeno; Snam sta lavorando ad un’infrastruttura che possa garantire il rifornimento di idrogeno per automobili, bus e camion lungo l’autostrada del Brennero; a Bolzano, infine, è operativa la prima flotta di 12 autobus a idrogeno utilizzati per il trasporto pubblico urbano.
“Adesso serve sostenere questa domanda con una visione a lungo termine, un’infrastruttura adeguata, una legislazione unitaria per tutta l’Unione Europea e una catena di approvvigionamento che preveda trasporto e stoccaggio proporzionati alle stime di fornitura previste per i prossimi 20-30 anni. Inoltre servono investimenti tecnologici che permettano di ridurre i costi, consentendo economie di scala in fase di produzione: producendo idrogeno massivamente si abbasserà il prezzo a beneficio di tutta la filiera”, spiega sempre Peter Werth.
Un potenziale sottolineato recentemente anche dall’Unione Europea, visto che nel documento “REPowerEU” è prevista una politica di sviluppo chiamata “Hydrogen Accelerator” che dovrà andare a sostituire una parte della domanda di gas russo con 10 mega-tonnellate di idrogeno rinnovabile. Ma quali sono le prospettive di sviluppo a lungo termine? Stando al report “Hydrogen Roadmap Europe” diffuso sempre dall’Unione Europea, all’interno di uno scenario ottimistico, l’idrogeno nel 2050 potrebbe rappresentare il 24% della domanda energetica del Vecchio Continente (con 2.250 terawattora – TWh).
Secondo questi calcoli sarebbe possibile alimentare circa 42 milioni di auto, 1,7 milioni di camion, 5.500 treni e sarebbe in grado di riscaldare 52 milioni di famiglie. Il tutto con un risparmio di 560 mega-tonnellate di CO2. Chi sta ragionando a livello più centralizzato e sistemico è la Germania, che sta mettendo a punto un progetto di importazione di idrogeno dalla Norvegia che andrà a sostituire progressivamente il gas russo proveniente dal gasdotto Nord Stream. Anche in Arabia Saudita si stanno portando avanti progetti per la realizzazione di impianti per la produzione di idrogeno con l’obiettivo di diversificare la propria economia basata sulle esportazioni di petrolio in tutto il mondo.
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