Di Giuseppe Vatinno – Giornalista, già Deputato
L’Italia, è vero, è la patria di Benedetto Croce che rafforzò nella cultura nazionale un già latente sentimento antiscientifico, nonostante che il nostro Paese avesse dato i natali a giganti come Galileo Galilei e questo può forse spiegare molte cose, ma il tempo fugge e il futuro è arrivato finalmente anche da noi, grazie all’innervazione mondiale prodotta da Internet.
Il contemporaneo ed inarrestabile sviluppo della tecnologia delle telecomunicazioni ha fatto il resto. Un cellulare per telefonare è più potente del computer di bordo dell’Apollo 11 che mandò l’Uomo sulla Luna.
Lo sviluppo impetuoso della Rete, trainato dal fenomeno dei Social, pervade le vite di tutti, conducendoci per mano verso quell’Antropocene che solo qualche anno fa era appannaggio della fantascienza.
Algoritmi di Intelligenza Artificiale (IA) e Reti Neurali scandagliano le profondità dell’immenso “oceano Web” alla ricerca di nuove frontiere. L’informazione si fa istantanea, siamo tutti collegati a tutti, la conoscenza è condivisa in tempo reale, il mondo è ora il vero villaggio globale preconizzato da Marshall McLuhan.
L’IA –basata sui teoremi di Claude Shannon e Alan Turing sull’informazione- permette ormai tutto: è fondamentale per diagnosi complesse in medicina, ma anche la giurisprudenza ne trae giovamento, come del resto la criminologia. L’IA è alla base della domotica, dei viaggi spaziali, ma anche dei software delle automobili.
Tuttavia come la Scienza, anche la Tecnologia non è né buona né cattiva, dipende tutto dall’utilizzo che se ne fa. La serie Black Mirror, trasmessa su Netflix, ha messo in guardia sul suo potere smisurato, ma anche sulle sue opportunità. Il mondo del giornalismo non è stato certo immune da questo fenomeno, ma anzi è stato probabilmente uno di quelli più trasformato dalla nuova visione del mondo.
Le fake news possono avere un effetto devastante su una società strettamente e istantaneamente connessa. L’Infosfera si è ormai ridotta relativisticamente ad un punto in cui spazio e tempo coincidono e collassano, con la possibilità che letteralmente miliardi di persone possano essere raggiunte –ed influenzate- istantaneamente da notizie false.
È del tutto evidente come questo sia un pericolo enorme per la democrazia mondiale.
Algoritmi (a proposito, il nome deriva dal matematico persiano Al-Khwarizmi, il “padre” dell’algebra) raffinatissimi, che non hanno nulla da invidiare a quelli di film di fantascienza come Matrix, possono manipolare le immagini annullando il confine tra vero e falso, tra naturale e artificiale. Ma ugualmente, altrettanto evoluti algoritmi possono “dare la caccia” alla IA malevola.
L’attuale crisi tra Ucraina e Russia, con la sua guerra informatica, è un esempio chiarissimo in tal senso.
Ma torniamo al giornalismo.
Il dibattito sui “nuovi media” e il “nuovo giornalismo” è assai avanzato nel mondo anglosassone con testate storiche come il New York Times e il Washington Post in prima fila nella battaglia delle idee e da qualche tempo è giunto anche da noi.
Google sembra dominare l’Infosfera e i giornalisti non potrebbero più lavorare senza le sue “tendenze”.
Come si deve modificare un giornalismo moderno per rispondere a questa tumultuosa evoluzione tecnologica? Resta tuttavia ancora fondamentale l’elemento umano con lo spunto geniale, l’accostamento ardito, e soprattutto l’ironia di cui le macchine non sono ancora capaci.
Ha ancora senso l’immagine iconica di Indro Montanelli seduto per terra, con l’Olivetti 22 sulle ginocchia, mentre scrive un articolo?
Ormai quella immagine, a cui tutti comunque dobbiamo rispetto, è evoluta in una immagine più appropriata, una sorta di “Indro digitale” iperconesso, mentre controlla gli algoritmi che cercano di capire se un video social è vero oppure manipolato, in attesa però di un suo meraviglioso e umanissimo, probabilmente sarcastico, commento finale.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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