L’insostenibile indifferenza sugli anziani ricoverati in RSA: l’appello dei familiari non può cadere nel vuoto

L’insostenibile indifferenza sugli anziani ricoverati in RSA: l’appello dei familiari non può cadere nel vuoto

Lettere al direttore responsabile Emilia Urso Anfuso

Ho ricevuto questo appello che mi è stato inoltrato dal Comitato Famiglie RSA.

La situazione che da circa due anni stanno vivendo gli anziani ricoverati presso queste strutture e i loro familiari è incommentabile.

Ai parenti non viene concesso con facilità l’accesso presso le strutture all’interno delle quali vivono i loro cari, costringendo anziani e familiari a un penoso stato di tristezza, disperazione, vuoto affettivo, senso di abbandono.

Comprendo come la sicurezza sanitaria sia al primo posto nella lista delle priorità, ma qui parliamo di strutture che non fanno accedere persone vaccinate, con green pass rafforzato, che non stanno facendo nulla contro la legge, anzi. Semmai, è necessario riflettere collettivamente se la privazione degli affetti, l’imposizione del sentimento dell’abbandono, la negazione della messa in atto di ciò che lo stesso governo ha decretato, e cioè che l’accesso alle strutture sanitarie, comprese le RSA, può essere consentito senza restrizioni a chi ha seguito le norme di governo: perché queste strutture si arrogano il diritto di andare contro le norme varate dal governo?

Per quale motivo si ritiene che gli anziani siano persone senza sentimenti, emozioni e necessità di cure, quelle reali, quelle che obbligano moralmente ogni essere umano degno di questa denominazione, a non far mancar loro la visione del volto caro di un figlio, o di un nipote o di coloro che amano?

E’ recente una terribile notizia di cronaca: un anziano di 91 anni, per la disperazione di essere costretto al ricovero in RSA e senza possibilità di continuare ad avere i propri affetti intorno a sé, si è calato da una finestra della struttura. Ed è morto. Morto. Mario Finotti è morto, vittima di un sistema degradato, e degradante. Vittima dell’assurdità dell’epoca in cui stiamo vivendo nell’indifferenza generale di una parte di popolazione che si è troppo assuefatta alle aberrazioni, alla morte (degli altri) alla sofferenza (degli altri)

Ecco il link a una delle notizie di cronaca che parlano della morte di Mario Finotti: https://www.ragusanews.com/cronaca-mario-91-anni-muore-calandosi-con-la-corda-dalla-rsa-cercava-la-liberta-146765/

Ed ecco il link a un mio recente editoriale attraverso il quale ho ripreso il tema degli anziani ricoverati in RSA: (cliccare sulla scritta per leggere l’editoriale) Pandemia e anziani ricoverati nelle RSA – Non abbandoniamoli!

Diversi anni fa realizzai una lunga e articolata inchiesta sulla situazione a livello nazionale. Non si è mai fatto nulla di concreto dopo la pubblicazione delle risultanze della Commissione Marino, che dimostravano l’atroce stato, la condizione inumana, spesso, che è il sistema dominante all’interno di molte strutture di ricovero per gli anziani. Una nazione civile non può nemmeno lontanamente pensare di mantenere criticità di questo genere al proprio interno. In Italia questa è solo UNA delle gravi criticità che tutti subiamo

Emilia Urso Anfuso – Fondatrice e direttore responsabile di Gli Scomunicati

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Il testo dell’appello:

VOGLIO UNA VITA

Un eco sordo ma assordante.

Vasco Rossi cantava “voglio una vita spericolata” … sento riecheggiare un altro ritornello: “Voglio una vita”. 

Lo sento provenire dalle finestre delle strutture dove sono (possiamo dirlo? Certo!!!) “rinchiusi” in uno stato di isolamento e solitudine gli anziani e le persone con disabilità. 

Laddove li abbiamo affidati con la garanzia che quella sarebbe stata la loro casa, la casa dove trascorrere il tempo rimasto, dove proseguire dignitosamente la vita di persone non-autosufficienti e con marcate malattie croniche, clinicamente degenerative.

La stessa dignità con cui le persone anziane hanno vissuto, sofferto, costruito e ricostruito come l’Araba Fenice il nostro futuro. 

La stessa dignità con cui cercano di vivere, donando e ricevendo affetto e attenzioni, le persone giovani con disabilità. 

“Voglio una vita dignitosa”. 

Lo urlano i loro volti, le loro lacrime, la loro tristezza. Urla inascoltate che ormai si sono trasformate nel   flebile sussurro della rassegnazione. 

Li abbiamo “affidati” alle strutture socio-assistenziali fiduciosi di aver trovato un equilibrio quasi perfetto a quell’inserimento obbligato, un giusto compromesso tra le esigenze assistenziali e la continuità familiare: la cura terapeutica e la cura dell’anima  

All’improvviso, ormai quasi due anni fa e senza alcun preavviso, le porte delle strutture sono state chiuse ai parenti ed amici a garanzia dell’incolumità di ogni ospite e repentinamente ė stato spezzato quel legame speciale fatto di sguardi, sorrisi, gesti, odori, ricordi familiari. A questo noi non ci rassegniamo, non dimentichiamo, non acconsentiamo! 

“Vogliamo una vita”.

Per noi, ma soprattutto per chi amiamo nel profondo e oltre la memoria, per garantire loro una vita di vicinanza, di continuità affettiva, di relazionalità. 

“Voglio una vita” gridano i loro sguardi. 

Loro le persone “fragili” da proteggere che proprio in nome di quella tutela, ancor oggi si ritrovano nella solitudine e nonostante la nostra quotidianità, si sia ormai avviata ad un lento ritorno alla normalità, per anziani e disabili vige ancora, malgrado le leggi definite dal Governo, una zona rossa e spesso un vero e proprio lockdown che pare non aver mai fine.

I familiari sono stremati nel sapere i propri cari lasciati senza i propri affetti. 

Inascoltate le denunce, le richieste a tutte le istituzioni coinvolte da parte di milioni di congiunti, di comitati, di associazioni, di avvocati, di cittadini volontari mossi dal senso civico. Vere e proprie suppliche rivolte ai direttori sanitari per poter vedere e assistere il proprio caro, rigettate con secchi “no” giustificati dalla necessità di tutelarne l’incolumità fisica. 

Non possiamo permettere che questa situazione a cui sono stati condannati i nostri cari si perpetui ancora, che mieta altre vittime che ci si accanisca oltre verso chi, semplicemente e pietosamente, ci si limita a definire “persona fragile”.

E’ tempo di richiamare il senso di responsabilità non sottraendosi ai doveri cui si è chiamati. L’enorme bulimia di leggi, disposizioni, norme, ordinanze varie, insieme alle innumerevoli e differenti regole delle singole RSA/RSD, spesso vecchie di parecchi mesi, sembrano non voler considerare la mutata situazione epidemiologica. 

La costante attenzione agli aspetti preventivi e di screening all’interno delle RSA e soprattutto il completamento della campagna vaccinale “di massa” avrebbe dovuto consentire di migliorare le modalità di incontro tra gli ospiti ed i loro familiari allentando le precedenti misure restrittive a recupero e beneficio del benessere psicofisico dei pazienti isolati quasi due anni, ma incredibilmente la maggior parte delle strutture non ha modificato l’organizzazione delle visite continuando ad impedire l’accesso a qualsiasi locale della struttura che non sia quello in cui si svolgono le visite con “modalità colloquio” limitandone tempo e frequenza, anziché cercare di adeguarle alle nuove indicazioni.

Vogliamo azioni concrete, leggi chiare prive di lacci e lacciuoli che rimandano ad una discrezionalità che molto somiglia ad una deresponsabilizzazione.  

Vogliamo risposte tangibili affinché si possa entrare nelle RSA e nelle RSD per ritrovare il diritto a quell’abbraccio negato e strappato con forza, perché la relazione affettiva è parte imprescindibile e fondamentale della cura per i nostri cari: ė necessaria una vera riapertura, in sicurezza ma con buon senso, o almeno in un “rischio calcolato” Firmato: i famigliari delle persone fragili

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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