Di Sergio Ragaini
Il periodo che stiamo vivendo è, indubbiamente, denso di inquietudine, per tutte quelle più elementari libertà che, via via, vengono sempre più negate.
Tuttavia, se osserviamo il periodo attuale da una prospettiva interiore, questa è una grandissima occasione di sviluppo della nostra coscienza. E davvero ci può portare verso un Mondo nuovo.
Ne parlo in questo articolo, dove propongo un viaggio tra Dante e la Meccanica Quantistica, che spero potrà fare capire come i semi per qualcosa di completamente nuovo e, sotto molti aspetti, meraviglioso, sono già qui, e possono solo portare frutti davvero luminosi e ricchi di profonda bellezza.
Lo ammetto, e lo dico sempre, nei miei interventi durante le manifestazioni, che in questo periodo si sono succedute, e si succedono: questo periodo storico, se per certi aspetti può essere considerato terribile, per altri è invece meraviglioso.
Questa mia affermazione può stupire qualcuno: soprattutto coloro i quali si trovano soggetti a restrizioni del tutto illogiche, prive di un significato reale, e si trovano, magari sospesi dal lavoro, senza retribuzione, semplicemente perché non accettano un vero e proprio “ricatto”.
Tuttavia, non voglio parlarvi di questo: siamo nel periodo di Natale, ed è bello osservare il positivo delle cose. Un positivo che indubbiamente c’è, e non può essere altrimenti.
In fondo, anche Dante, trovandosi nella “selva oscura”, dice: “Ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte” (Inferno, I, 8-9). Parla quindi di “bene”.
La Divina Commedia, che a Scuola viene insegnata come una sorta di “proiezione dell’oltretomba”, rappresenta invece una bellissima metafora della mente, e di come questa funziona. In fondo, come anche in quasi tutti i cammini spirituali si afferma, il Regno di Dio è uno stato di coscienza, non un luogo fisico. E, di conseguenza, raggiungerlo significa raggiungere un certo modo di sentire.
Anche nel mondo Buddhista, di tutte le tradizioni, il Nirvana non è un luogo, ma uno “stato”, che corrisponde all’estinzione delle idee. Non a caso, il Maestro Zen Vietnamita Thich Nhat Hanh afferma che non si può descrivere il Nirvana: infatti, essendo estinzione delle idee, dal momento in cui lo si fa, si pone comunque un’idea, e di conseguenza non sarebbe più Nirvana.
Dante, comunque, ci servirà anche dopo: qualcuno l’aveva definito “Il Buddha d’Occidente”, e credo che leggendo la sua Divina Commedia in termini di stati della mente non si possa affermare diversamente.
Torniamo ora al nostro discorso: come ben sappiamo, Ermete Trismegisto aveva pronunciato la nota frase: “Come in alto, così in basso”. Questo vuol dire che, nello sviluppo della persona, e anche del Pianeta in cui viviamo (ma, in generale, di tutto l’Universo), quello che accade al di fuori di noi è specchio di quello che avviene dentro di noi. In fondo, in un granello di sabbia c’è tutto l’Universo, e per dimostrarlo basta una funzione matematica, che ovviamente non riporto qui per non “sconvolgere” i non addetti ai lavori, e che, tuttavia, sarebbe accessibile ad uno studente delle Scuole Superiori.
Questo è stato poi confermato pienamente dalla Meccanica Quantistica, che ha di fatto “ribaltato” la famosa frase, assioma della Filosofia Scolastica utilizzata di John Locke, uno dei capiscuola dell’Empirismo: “Nihil est in Intellectus, quod prius non fuerit in sensus” (Nulla è nell’intelletto, che prima non è stato nei sensi). Direi che qui si può addirittura affermare il contrario: nulla è nei sensi, che prima non sia stato nella nostra mente. Leibinz, infatti, aveva aggiunto alla frase: “Nisi ipse intellectus” (eccetto l’intelletto stesso).
Oggi, addirittura, potremmo affermare, quindi, che “nulla è nei sensi che prima non è stato nell’intelletto”.
Quindi, è la nostra mente che produce la realtà in cui viviamo, e in cui ci muoviamo.
Questo accade non solo nella vita quotidiana, ma anche in processi quali le malattie: non a caso, qualcuno afferma che, dietro un sintomo di malattia, si nasconde sempre un “simbolo”, che in questo caso significa un complesso di situazioni mentali che, in qualche modo, hanno generato quella malattia.
Dire che tutto nasce dalla mente, quindi, è affermare che la mente stessa può cambiare le situazioni, abbiamo, infatti, una “mente quantistica”, che, come tale, è in grado di generare Realtà, anche se questo può sembrare paradossale. In fondo, il pensiero è una forma di energia, e, in qualche modo, è materia ad un livello diverso di frequenza. L’interpretazione quantistica di questo fatto è proprio legata alla deduzione, poi dimostrata, che prima di un evento vi è un pacchetto d’onde, mentre dopo l’evento stesso vi è soltanto un’onda piana (Interpretazione di Copenaghen del 1927, elaborata da Werner Heinsenberg e Niels Bohr). Questo vuol dire che la nostra osservazione è in grado di generare quella cosa che in Meccanica Quantistica si chiama “Collasso della funzione d’onda”. Proprio da questo, e dal fatto che questa funzione subisce, in quel momento, una discontinuità, Hugh Everett III, nel 1957, ha elaborato la prima teoria sugli Universi Paralleli. Per chi è avvezzo di matematica, l’elaborazione originale di Hugh Everett III si trova a questo indirizzo.
Per chi è interessato all’argomento, sempre in lingua inglese, ma dalle caratteristiche molto più “divulgative” è lo studio effettuato da Max Tegmark, Docente al Massachusetts Institute of Technology (MIT), che parla di tutti i possibili modi per ottenere Universi Paralleli, facendo anche, al contempo, comprendere come l’evidenza matematica, sotto determinati aspetti, sia al di sopra di quella empirica. Chi è interessato può scaricare il testo a questo indirizzo.
Queste trattazioni sono sicuramente affascinanti, e ci fanno capire come la Realtà sia molto di più di quello che crediamo sia: anche per questo fatto, personalmente, mi vengono i brividi quando sento parlare di “concretezza”: nella maggior parte dei casi, infatti, chi parla di concretezza parla di un “range” molto limitato di percezioni, che vengono fatte assurgere ad assolute. Sono gli stessi inghippi della mente che fanno sì che una persona creda che il Sistema in cui viviamo sia l’unico possibile, mentre è facile da dimostrare che questo è solo uno dei tanti Sistemi possibili, e che tanti altri ne possiamo costruire.
Questa osservazione ci riporta a quello che è l’argomento principale del nostro discorso. Argomento che, credo, con quello che ho appena detto si è caricato di nuove e più interessanti prospettive.
Quello che ho appena detto ci porterebbe addirittura a considerare che… quello che stiamo vivendo l’abbiamo creato noi. In effetti, come appena affermato, la mente crea la nostra realtà. Ne avevo parlato anche in una conferenza tenuta il 9 marzo 2018 a Rozzano (Milano), per AISM (Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica) della quale sono da diversi anni nel Consiglio Direttivo. Essendo ormai chiuso il Canale Youtube su cui questa era presente, l’ho ricaricata sul mio Canale Rumble: la potete trovare a questo indirizzo.
Credo che, ormai, il fatto che abbiamo una mente che crea realtà sia un dato acquisito. Il problema è che, purtroppo, ce ne siamo dimenticati. E qui mi aggancio a quello che, probabilmente, è uno dei discorsi principali che voglio fare in questo momento: quello relativo alla consapevolezza. La consapevolezza è la base di tutte le discipline spirituali. Consapevolezza vuol dire, innanzitutto, essere pienamente consapevoli di ogni nostro gesto, di ogni nostra azione, anche la più piccola. Vuol dire, però, anche la coscienza che ogni piccola azione che svolgiamo può avere la stessa importanza di una grande azione: gli eventi sono concatenati fra di loro, ed ogni piccola azione può poi generarne di grandissime. Se noi, infatti, esaminiamo cose magari molto importanti che stiamo facendo ora, vediamo che queste, sovente, derivano da cose assolutamente banali, che però, attraverso una catena di cause-effetti, hanno generato cose grandiose.
La consapevolezza è fondamentale, e ci dice anche lo scopo per cui siamo qui, per cui stiamo vivendo. In fondo, avere consapevolezza vuol dire sapere che lo scopo dell’esistenza è conoscenza. Così come Ulisse diceva ai suoi uomini, nel Canto XXVI dell’Inferno: “Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” (Inferno, XXVI, 118-120).
Quindi, lo scopo della vita è la conoscenza. Conoscere vuol dire avere una delle più grandi armi a nostra disposizione: nessuno potrà mai farci del male, se conosciamo: o, meglio, la vera “falla” in cui chi ci fa del male si insinua è proprio l’ignoranza.
Non a caso, il Buddhismo Tibetano, tra i vari Difetti Mentali, che nella Tradizione Spirituale si chiamano “Klesha”, il peggiore in assoluto è sempre l’ignoranza. Lo diceva anche il Maestro Zen Vietnamita Thich Nhat Hanh, allorché affermava che non è l’Uomo il nostro nemico, ma l’ignoranza.
Conoscenza e Consapevolezza sono due elementi molto collegati: tuttavia, la Consapevolezza può essere ancora di più: se una persona è consapevole, spesso ha anche conoscenza. E, nello stesso tempo, è consapevole delle sua non conoscenza, come affermava Socrate, dicendo che “Saggio è colui che sa di non sapere”. Nello stesso tempo, invece, una persona può conoscere, ma non essere consapevole della sua conoscenza: in quel caso, potrebbe anche non avere coscienza di quello che davvero conosce, e non usare al meglio la sua conoscenza.
Il discorso sulla Coscienza, però, ci porterebbe troppo lontano, perché implicherebbe il considerare il tema dell’Inconscio, che di per sé è un tema molto complesso, che abbraccia moltissime tematiche. Limitiamoci, in questo momento, a comprendere che chi non è consapevole non sa nemmeno di avere una conoscenza. E, di conseguenza, non potrà non solo utilizzarla nel migliore dei modi, ma semplicemente non la utilizzerà del tutto, nemmeno quando servirà.
Parlando di consapevolezza, ancora una volta ci aiuta il maestro Thich Nhat Hanh, in particolare nei suoi libri in Lingua Inglese, lingua in cui scrive i suoi testi.
Per “consapevolezza” il Maestro usa la parola “awareness”: sin qui nulla di particolare, essendo questa la tradizione in inglese della parola “consapevolezza”.
Tuttavia, è interessante vedere come il Maestro indica il suo contrario: utilizza, infatti, la parola “forgetfulness”. Questa parola contiene la parola “forget”, dimenticare, e vuol dire, quindi, “dimenticanza”.
Credo che sia importante riflettere su questo: l’opposto della consapevolezza è la dimenticanza. Ci si può chiedere cosa si sta dimenticando. Ulisse, ai suoi uomini, nel citato passaggio de “La Divina Commedia”, l’aveva già descritto: infatti, al posto di “considerate la vostra semenza” si potrebbe anche dire “ricordate la vostra semenza”. Proprio il non ricordare perché siamo qui, e quale è il nostro scopo nella vita, permette infatti alla persona, purtroppo, di essere in balia del vento del divenire, invece che imparare a cavalcarlo in maniera luminosa. È proprio questa dimenticanza che ci impedisce di vivere come dovremmo vivere, e accettare quello che altri ci dicono che è giusto o sbagliato.
Noi, quando veniamo al Mondo, abbiamo un ben preciso progetto, che qualcuno chiama “Progetto dell’Anima”. Purtroppo, non ricordiamo nulla del nostro passato, di quello che, prima di questa vita, abbiamo già fatto, e di cosa abbiamo considerato venendo qui: ci troviamo, quasi sperduti, in una Realtà di cui poco sappiamo, e che ci appare come sovrastante, incombente.
Di fatto, quindi, abbiamo dimenticato cosa siamo qui a fare, su questo Pianeta, in questa situazione spazio temporale. Di conseguenza, ci affidiamo completamente a quello che altri di diranno che è il nostro percorso esistenziale, e, sempre più, considereremo come “nostro” qualcosa che, invece, è parte dell’universo di altri. Finendo per vivere la vita che altri vogliono che viviamo. Ma non la nostra.
Credo che questa sia la chiave di tutto: abbiamo in buona parte dimenticato quello che siamo davvero, compreso, forse, il fatto che, da 0 a 3 anni, abbiamo imparato tantissime cose, senza che nessuno ci abbia insegnato come fare. Non solo, ad esempio, abbiamo imparato una lingua, ma abbiamo imparato anche ad emettere suoni. Questo ci dice che abbiamo delle capacità enormi di auto apprendimento, che abbiamo in buona parte dimenticato di avere.
Questo è solo uno degli esempi che possiamo fare su quello che abbiamo dimenticato. Riprendendo il noto libro “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo” di Anthony De Mello, noi siamo aquile, che hanno dimenticato di esserlo. A tal proposito facevo un esempio, in passato: supponiamo che ad un uccello, al momento della nascita, vengano legate le ali. Poi viene posto su un’aia, e gli si insegna a zampettare. L’uccello ringrazierà chi gli sta insegnando tutto questo, compreso il fatto di zampettare.
Ad un certo punto, un giorno sente una protuberanza dietro la sua schiena, di cui non era più a conoscenza. Allora si libera delle corde che tenevano legate le sue ali, e si accorge di avere delle ali meravigliose. E che può volare. In quel momento, la sua vita cambierà completamente.
Ecco; noi siamo come questo uccello: abbiamo delle ali con cui volare, ma ne abbiamo persa ogni coscienza. Ci limitiamo a zampettare su un’aia, ringraziando chi ci sta riducendo in queste condizioni, per il becchime che ci passa.
Siamo, oggi, in un Pianeta dove una piccola élite finanziaria domina il Mondo, imponendo energia, farmaci e così via. E bloccando tutto ciò che non permette a questa piccola élite di ricavare ingenti guadagni.
Quasi otto miliardi di persone, contro questa piccola élite, potrebbero fare qualsiasi cosa: purtroppo, abbiamo dimenticato chi davvero siamo, e quali sono le nostre potenzialità, essendo così in balia degli eventi, e di un piccolo gruppo di persone che domina il Pianeta.
Questo, però, ci offre una chiave di lettura davvero diversa di questo periodo. Che, come dicevo all’inizio, ci fa capire che si tratta di un periodo meraviglioso.
Se guardiamo il periodo attuale solo in termini di eventi che stanno accadendo, questo è ovviamente terribile, visto il livello di privazione della libertà e dei diritti a cui stanno andando incontro coloro che non accettano i ricatti di questo Regime.
Tuttavia, se lo guardiamo da un altro punto di vista, quello dell’interiorità, invece che dell’esteriorità, può davvero essere un periodo incredibilmente bello: un periodo, insomma, che ci sta facendo comprendere chi davvero siamo.
Quella che stiamo vivendo è, in apparenza, una discontinuità del tessuto spazio-temporale. Tuttavia, se osserviamo il tutto da una prospettiva multidimensionale, questa discontinuità è solo apparente, e le basi di quanto sta accadendo sono già state tracciate da tempo.
Oggi, comunque, appare quantomai evidente chi sta dominando questo Pianeta, vale a dire alcune Lobby Industriali e Finanziarie.
Se ci riferiamo alla situazione italiana, visto che, come ricordava Diego Fusaro, lo Stato sta di fatto “imponendo” dei vaccini prodotti da Società Private, al potere non ci sono Draghi, Speranza e la Lamorgese, ma ci sono Pfizer, AstraZeneca, Moderna E Johnson & Johnson.
Questo è sempre stato: solo ora, però, appare in tutta la sua evidenza. E questo già ci dice che in questo periodo la consapevolezza è decisamente cresciuta.
Inoltre, proprio in questo periodo abbiamo imparato a conoscere i nostri diritti, la Costituzione, e molte cose che molti prima non conoscevano. Grazie a questo periodo, decisamente oscuro, abbiamo conosciuto cose che avremmo ignorato. E questa è una grande “salita” di consapevolezza.
Inoltre, le nostre potenzialità ci appaiono sempre più evidenti: gli sforzi per costruire una sorta di “economia parallela”, infatti, si moltiplicano, assieme a tutte quelle azioni per “uscire” di fatto dal Sistema. L’Educazione Parentale è una di queste: ne parlerò però più dettagliatamente in un mio prossimo articolo.
Insomma: proprio in questo periodo, dalle tinte fosche, sta risplendendo, sempre più intensa, la “luminosità” delle coscienze, che da sola ci porta davvero lontano. Stiamo sempre più recuperando la coscienza di quello che siamo venuti a fare qui, del fatto che, anche se non in un colpo solo, possiamo staccarci da questo Sistema che, di certo, non vuole il nostro bene, e stiamo, anche se in maniera embrionale, costruendo una nuova umanità, e un n uovo modo di essere.
Stiamo, insomma, costruendo, citando ancora Diego Fusaro, una “Comunità nella Società”: una Comunità dove non dominano più scambi anonimi e impersonali, ma collegamenti tra persone che “sentono” davvero un nuovo modo di essere e di vivere, e che sono proiettati verso una nuova e più luminosa esistenza.
Insomma: si sta realizzando un vero “risvegli di coscienza”, che in questo caso è anche un “risveglio di consapevolezza”. Mentre i più soccombono al Regime, una minoranza, comunque significativa, sta utilizzando questo periodo per diventare consapevole di qualcosa che, sino a poco tempo fa, mai avrebbe potuto nemmeno immaginare. Sta, insomma, lentamente nascendo una “Nuova Umanità”, che, in prospettiva, potrà forse sganciarsi da un Sistema distruttivo, che dona solo un’immagine di falso benessere, per portarsi verso una vita rinnovata.
Posso, a questo punto, apprestarmi a concludere ancora con Dante. Avendo già appurato che Inferno, Purgatorio e Paradiso sono Stati di Coscienza, possiamo affermare che l’Inferno era dove eravamo prima, nella cosiddetta “vita normale”. Infatti, non c’era alcun livello di coscienza della situazione in cui si viveva: ci si limitava a “lasciarsi vivere”, sotto la guida di un Sistema Distruttivo.
Oggi siamo, invece, entrati nel Purgatorio. Per capirlo, basta vedere come il Purgatorio inizia:
“Per correr miglior acque alza le vele, ormai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele” (Purgatorio, I, 1-3).
Qui, l’analogia con la mente appare chiaramente: quella che va a “correr miglior acque” è infatti la “navicella dell’ingegno”, quindi una mente che sta rinnovandosi, e sta acquisendo consapevolezza.
Colui che sovrintende il Purgatorio, inoltre, è Catone l’Uticense, che aveva rinunciato alla vita in nome della libertà. Dante stesso cerca libertà, quella interiore, quella della Coscienza. Infatti, Virgilio così presenterà Dante a Catone:
“Or ti piaccia gradir la sua venuta: libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta” (Purgatorio, I, 70-72).
Questo ci dice molto bene come il viaggio verso il Paradiso è un viaggio verso la libertà: quella libertà che, mai come ora, stiamo trovando, innanzitutto dentro di noi.
L’Inferno è comunque un passaggio obbligato: quando Dante cerca di salire subito su un colle che gli si prospetta davanti (Vedi Inferno, I, 13-18), infatti, si trova la strada sbarrata (Vedi Inferno, I, 22-54). L’Inferno, quindi, è un passaggio obbligato: va affrontato, con tutta la sua oscurità, per poi, parafrasando Dante, “Uscire a riveder le stelle”.
Credo che, ora, siamo quindi in quella fase in cui è necessaria comprensione. E questo può generare sofferenza, come accade ogni volta che si diventa consapevoli di qualcosa: anche l’episodio di Adamo ed Eva, nella Genesi, in fondo, può essere letto in questo modo: il frutto della conoscenza, che fa passare dall’ignoranza alla Conoscenza, può essere fonte di sofferenza: tuttavia, è il percorso verso una nuova conoscenza e consapevolezza (vedi, a proposito, il mio libro “Caino il buono e le delizie dell’Albero della Conoscenza”).
Nella situazione attuale viviamo una situazione simile: la sofferenza dell’acquisita conoscenza e della consapevolezza. Tuttavia, nel Purgatorio, il tono generale non è più di disperazione, ma di malinconia, che qualcuno ha definito “dolce dolore”, vale a dire dolore vissuto con la coscienza che un mondo nuovo, tra le glorie del Paradiso, attende chi lo sta vivendo.
Quel mondo lo stiamo già costruendo: a noi continuare su questo percorso. Che, sicuramente, ci donerà profonda bellezza. Continuiamo, dunque, su questo cammino: una nuova vita è già qui, e sempre più ce ne rendiamo conto.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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