Donne e lavoro: per 1 donna su 2 la ripresa è precaria

Donne e lavoro: per 1 donna su 2 la ripresa è precaria

Di Andrea Pascale

“I dati dell’ultimo Gender Policies Report elaborato dall’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) sono la fotografia di una realtà molto triste con cui dobbiamo fare i conti. La parziale ripresa a cui abbiamo assistito in questo 2021 ha accentuato la grande disparità di genere che vede per 1 donna su 2 contratti di lavoro part-time. Un dato molto preoccupante, soprattutto se lo confrontiamo con quanto accade agli uomini, per cui la percentuale si dimezza, fermandosi a circa il 26%”. Commenta Valentina Picca Bianchi, Presidente del Gruppo Donne di Fipe-Confcommercio.

“Insomma, dopo più di un anno e mezzo di enormi difficoltà, in particolare per le donne che in molti casi hanno dovuto moltiplicare gli sforzi per gestire lavoro e famiglia, la situazione non è cambiata, anzi è peggiorata. Il precariato continua a farla da padrone! Dal nostro punto di vista si è persa una grande occasione per poter azzerare tutto e ripartire con un nuovo approccio, per mettere finalmente sullo stesso piano i talenti degli uomini e quelli delle donne. Solo nel nostro settore, fatto da piccole e micro imprese, le donne rappresentano il 52% della manodopera e portano un contributo fondamentale. Come possiamo pensare di non valorizzare una componente tanto importante? Da un lato servirà certamente una presa di consapevolezza da parte delle donne stesse. Dall’altro, è necessario creare le condizioni per farlo. Ed è qui che devono intervenire in maniera forte, e anche piuttosto rapidamente, le Istituzioni competenti con politiche mirate all’azzeramento del gender gap nel mondo del lavoro. Per esempio, perché non equiparare il congedo di paternità a quello di maternità? Perché una donna deve continuare a scegliere tra la cura della famiglia e la ricerca di una crescita professionale ed economica?” Conclude Valentina Picca Bianchi.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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