Sulla Strada del Vino – Itinerari valdostani: azienda vinicola La Source di Stefano Celi

Sulla Strada del Vino – Itinerari valdostani: azienda vinicola La Source di Stefano Celi

Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali

Eccoci al nostro primo incontro con la Valle D’Aosta che ci accoglie nell’azienda La Source di Stefano Celi. Con lui conosciamo la realtà vinicola di questa regione assai diversa da quella di tante altre zone dove la vinificazione ha radici lontanissime nel tempo.

Stefano Celi si addentra nella storia della sua famiglia sottolineando come in realtà non sia mai stata particolarmente legata al vino. Anzi. “Fin dai tempi dei nonni, e anche prima, siamo sempre stati agricoltori. Logicamente in Valle d’Aosta di vigne tutti ne avevano ma solo per autoconsumo. Quando ho studiato agraria – continua Stefano –  non ho avuto un’immediata passione per la viticoltura. Solo dopo aver lavorato nel settore amministrativo della Regione con un paio di amici ho iniziato a produrre vini, sono poi rimasto solo, a quel punto ho lasciato il lavoro in amministrazione cercando dei nuovi vigneti.

Nasce così nel 2003 l’azienda chiamata La Source, nome che deriva dalla presenza di una sorgente nei pressi della barricaia”. Non si sente giovanissimo, va per i 50 ed effettivamente Stefano parte da zero, quindi per un’azienda vinicola questa sua scalata è una bella sfida. Inoltre la regione nasce come culla di poche cooperative intorno agli anni ‘80 che si ritrovano senza rivali nell’ambito della produzione privata, con un affresco di realtà piuttosto acerbe e persone che prima conferivano le uve alle cooperative e solo dopo si sono messe in proprio. Il boom parte tutto sommato dagli anni ‘80 alla fine dei ’90, una storia tutta da scrivere.

“La mia storia parte da zero, con terreni famigliari che non erano vocati all’uva, e con un acquisto iniziale di vigne qui e là tra le più vecchie e malandate. Pian piano ho fatto una selezione con terreni più belli e impiantato vigneti nuovi”, Stefano non dimentica di citare la moglie in questo inizio che ha contribuito con alcuni ettari di sua proprietà.  

“Oggi l’azienda comprende nove ettari a vigneto ed è arricchita da una bella esperienza di agriturismo, grazie alla zona della ex stalla riconvertita a cantina, dove nella parte del vecchio fienile abbiamo avuto l’idea di sostenere un’attività di accoglienza con sette camere e di ristorazione” che viene sostenuta dall’orticoltura e dai frutteti, omaggio alla diversificazione dell’azienda. La Source è portata avanti da Stefano direttamente con altri collaboratori che curano la parte enologica, mentre lui è più concentrato sull’agronomia, settore nel quale è specializzato.

Tra le bottiglie che ci sono state gentilmente inviate troviamo un bianco, l’Ensemblo, (parola del loro dialetto che vuol dire insieme) di uve Traminer, Moscato e Muller Thurgau “di quest’ultimo ho una vecchia vigna – racconta Stefano – il Moscato invece era impiantato per il Passito, ma rappresentando un mercato limitato ed avendone in abbondanza, ho voluto inserirlo in questa versione secca che è uscita bene. Un vino profumato e aromatico che grazie ai climi del nord non diventa stucchevole e ha una facile beva”.

I terreni si alternano con forti pendenze ed un terrazzamento che presenta un dislivello dai 700 ai 950 metri, il che aiuta ad affrontare un cambiamento climatico sempre più importante, quindi se il caldo dovesse aumentare ci si potrebbe comunque alzare di quota. Siccità e inverni duri non lo spaventano, nonostante i versanti versatili, tra cui quelli esposti a sud, caldi, soleggiati e secchi. “Il clima secco e ventilato permette infatti di fare pochissimi trattamenti, al massimo cinque all’anno”. Pur non vantando l’etichetta Bio, si comporta come tale.

Altrettanto i rossi, sottolinea Stefano, sono una bella rappresentazione di vitigni autoctoni, da quando negli anni ‘60 si è ricominciato a parlare di viticoltura da reddito. “In regione si vantava una scuola di viticoltura gestita dai canonici del San Bernardo che vennero dalla Svizzera portando i vitigni del vallese svizzero, tutti internazionali come il Pinot nero, Gamay, Petite Arvine, Chardonnay – ci spiega Stefano – solo negli anni ‘90 si sono riscoperti i vitigni autoctoni grazie alla rinomata scuola di agricoltura presente nella zona, che si è dedicata ad una ricerca nelle vecchie vigne e ad una forte selezione. Attualmente ce ne sono una dozzina ma nel catalogo se ne trovano almeno venti e mantenuti come patrimonio di biodiversità, molti vini in purezza danno grande soddisfazione – ci assicura Stefano”.

Il Petit Rouge rimane comunque l’autoctono più utilizzato e vinificato sia in purezza che in uvaggio, contribuendo a varie Doc di zona, a seguire il Cornalin, cugino del Petit Rouge, che rappresenta uno di quei vitigni che andavano scomparendo e che sono stati rivalutati dall’attività di ricerca fatta dalla scuola. Lo andremo ad assaggiare in degustazione e ne scopriremo il carattere rotondo, selvatico e semplice ma con un gran bel carattere!

Le scelte dei vitigni sono tutte di Stefano rispettando le caratteristiche della zona. Saint Pierre dove lui si trova, è la culla del Torrette nome che deriva da una zona della collina lì vicino fatta a tre balze e una di queste è proprio la Torrette.  Altro vitigno prediletto da Stefano è il Petite Arvine, oggetto di contesa col vallese svizzero ma generoso nei risultati proprio grazie al clima della Valle d’Aosta. Un vitigno di grandi vini bianchi ma anche da buon invecchiamento, fino a 6 o 7 anni, considerando che qui i bianchi autoctoni sono rari.

Ci accorgiamo che questi sono vini con forti caratteristiche di freschezza che permette un invecchiamento facile, non di grande struttura ma dai grandi profumi. Il mese di vendemmia è ottobre, con sbalzi termici tra 24 gradi di giorno e 5 di notte, valori che aiutano a mantenere vivi acidità e profumi.

Per le lavorazioni Stefano ci spiega che Petite Arvine e Chardonnay stanno dalle 6 alle 8 ore a contatto con le bucce, poi vengono pressate e fanno fermentazione in legno per dare un pelo di struttura al vino ma senza coprire i profumi.

I rossi macerano sulle bucce 10 o 12 giorni e fanno un affinamento in legno (il Torrette Superiore e Syrah), oppure solo acciaio per Cornalin, Gamay e Torrette. Nel Torrette si nota la differenza tra acciaio e legno, dove il legno smorza qualche angolo della spigolosità di questi vini molto caratteristici. Per i vini che non fanno legno la limatura avviene con lungo affinamento in bottiglia. Ci accorgiamo infatti che i vini in degustazione sono abbastanza datati “perché sopportano bene la permanenza in bottiglia senza alterarsi e questo lungo affinamento gli regala dei bei valori”. L’enologo dell’azienda è Mario Ronco, piemontese, che collabora con Stefano da quasi vent’anni e segue la parte tecnica della vinificazione.

Stefano ha in programma di piantare del Vuillermine autoctono ma poco prodotto in Val d’Aosta perché leggermente difficile da lavorare.

Le produzioni rimangono per il 65% nella Regione, ma essendo una regione turistica albergatori e ristoratori capiscono di dover proporre i loro prodotti locali. Fino a qualche anno fa i vini valdostani non erano conosciuti, ora in Italia si stanno facendo notare fino a conquistare Stati Uniti, Inghilterra, Nord Europa e Giappone. Importatori che non cercano grandi numeri ovviamente, grande qualità ma poca quantità. Per questo l’interesse in questo senso è limitato. Ogni anno si producono 45mila bottiglie, un buon numero per La Source che però guarda a grandi produttori come il Piemonte, “se pensiamo che tutta la Val d’Aosta produce 2milioni di bottiglie, alcune aziende oltreconfine ne fanno altrettanto da sole. Nella pandemia si è sofferto ma ora sono tutti pronti per ripartire in breve tempo, in zone come la nostra, dal forte afflusso di turismo che arriva in cantina con vendite dirette”.

“Quello che mi piace di più del mio lavoro è la passione, mi sento selvatico e non amo stare chiuso o fermo. In questa attività ogni giorno è diverso, la vendemmia è sempre una festa. Sei stanco alla fine ma dispiaciuto che sia finita e ti ritrovi a vendemmiare subito un anno dopo. Il legame col territorio è strettissimo ma fatto di piacere e sofferenza”. Le ultime considerazioni di Stefano, prima di aprire le sue bottiglie che sono ben anticipate dalle belle etichette colorate con i simboli significativi della vendemmia e del vino in generale. “Un’immagine studiata con il nostro grafico – ci spiega Stefano – una mano a cui sono attaccati un grappolo, un bicchiere, una bottiglia un cavatappi e la luna, che prima si usava per avere il senso del tempo e conoscere il susseguirsi delle stagioni”.

Ed ecco che Stefano ci giuda alla degustazione dei suoi prodotti.

Il primo vino che degustiamo è l’Ensemblo. Un insieme di uve Moscato, Traminer e Muller.

Il Moscato ed il Tramin esprimono tutti i loro profumi di frutta fresca matura e floreale nonostante siano vinificati in versione secca. In bocca tutta questa frutta è spalleggiata da una piacevole nota acida. Di ottimo corpo e di ottima intensità questo vino è perfettamente abbinabile a piatti di formaggi freschi, ricotte o anche assoluto come aperitivo.

Il secondo vino che degustiamo è il Cornalin vitigno autoctono della zona.

Al naso subito intenso con sentori di frutta rossa matura, pepe nero e accenni balsamici.

In bocca questo vino ci stupisce un pochino. Viste le caratteristiche del terroir ci aspettiamo un vino vocato alla freschezza e acidità invece il Cornalin rimane morbido, cremoso e molto minerale. La parte acida compensa la frutta rossa, la ciliegia, la mora. Non mancano i terziari con accenni di cacao e tabacco. Vinto di un’ottima intensità si può abbinare facilmente a piatti di carne rossa non troppo elaborata o anche ad una tartare di filetto.

L’ultimo vino che andiamo ad assaggiare è il Torrette Superiore prodotto con vitigni Petit Rouge e Fumin.

Stefano sottolinea che questo vino riposa per un anno in grandi tonneau e per questo copre un pelo i profumi tipici del petit rouge.

Nonostante il passaggio in legno i profumi di rosa, frutta e sottobosco sono presenti, non mancano le spezie e balsamicità.

In bocca ottima la mineralità e la grande struttura. Vino di una eccellente qualità con dei tannini morbidi e fini con una straordinaria persistenza. Stefano lo definisce il vino delle grandi occasione e come non essere d’accordo. Da abbinare a piatti di carne più elaborati o cacciagione. Termina qui questo viaggio in Val d’Aosta, regione nuova per noi che andremo a riscoprire in autunno con altre aziende.

***Ringraziamo l’azienda che ci ha fornito le foto

Instagram: @sullastradadelvino Facebook: @sullastradadelvino

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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