Covid: la democrazia in pericolo

Covid: la democrazia in pericolo

Di Claudio Rao

Il nostro sistema democratico è in pericolo. Un pericolo che, sull’ondalunga dell’opinione comune, opportunamente condizionata dalla maggior parte dei Media, sta assumendo forme assai inquietanti.

Divieti e videosorveglianza per la sicurezza e “per il bene di tutti”, prendono piede e si allargano a macchia d’olio circoscrivendo, limitando e annientando progressivamente di fatto i diritti che i padri costituzionalisti ci avevano garantito.

Il divieto di fumare nei locali pubblici, i limiti di velocità sempre più stringenti e restrittivi, le telecamere quasi ovunque, partono senza dubbio da buone intenzioni.

Vengono però troppo spesso sottoposti a regole estremamente coercitive e non necessariamente adeguate. E legate a multe salate, talora sproporzionate, utili a “fare cassa”, secondo un’espressione che – ne convengo – è piuttosto infelice. Di fatto non evitano gravi episodi di violenza e spesso la giustizia non è autorizzata a considerarli come “prove” a carico del reo.  

Tutto sembra garantire la privacy (prova ne siano le molteplici firme che ci vengono ovunque sollecitate) eppure non siamo mai stati così visibili e “schedati”.

Avete provato a cercare qualcosa su Internet? Nel giro di poche ore riceverete pubblicità mirate proprio su quell’argomento! E per diverso tempo.

L’attuale pandemia è un alibi previlegiato grazie al quale tutti i cittadini (non solo quelli a rischio, come sarebbe giusto) vengono controllati, monitorizzati e talora anche manipolati.

Nel 1947 il tribunale di Norimberga, in cui comparivano i principali responsabili della Seconda guerra mondiale, considerava “crimini contro l’umanità” i test terapeutici realizzati senza il libero ed informato consenso del paziente, anche se questi erano motivati da un’esigenza di salute pubblica.

Ora, da mesi i Media italiani, osannano alla necessità di rendere obbligatoria la vaccinazione contro il Covid. In certi casi questo è già avvenuto. Senza riflessioni, ragionamenti, spiegazioni, contraddittorio, come avviene – ad esempio – su giornali, radio e televisione francesi. Un’attesa messianica, acritica che si cerca d’istillare in tutta la popolazione. Sono additati come nuovi untori, al pubblico ludibrio, coloro che cercherebbero semplicemente di ragionarci sopra prima di prendere una decisione

Ieri mi sono recato in una farmacia di Cuneo, capoluogo del sud del Piemonte. La Salus. In questo frangente ne ho approfittato per informarmi sul test sierologico. Volevo soltanto sapere se il mio organismo fosse entrato in contatto con il Coronavirus ed avesse già sviluppato, ancorché parzialmente, degli anticorpi. In quest’anno e mezzo di pandemia ho sempre goduto di ottima salute, ma lavorando a contatto con diverse persone, il mio dubbio era che potessi esserne sostanzialmente immunizzato.

Mi sono a più riprese informato sulla segretezza dei dati e sulla sostanziale discrezionalità del risultato. Il farmacista mi ha rassicurato, garantendomi che il risultato sarebbe stato privo di qualunque conseguenza. Un’informazione per me solo, insomma. Mi ha anche mostrato i risultati di alcuni dei test effettuati in precedenza da altri pazienti, corredati dal loro cognome (tra cui ho riconosciuto una collega), violando, credo, le disposizioni sulla privacy.

Il mio risultato è stato quello di 53,8 di positività. Coloro che non sono entrati a contatto col virus si attesterebbero intorno a meno del 20%, i vaccinati oltre l’80-90%. Così quanto spiegatomi dal signor farmacista in questione.

Rassicurato sul fatto che il mio organismo sarebbe stato reattivo contro la malattia e continuando con le precauzioni di sempre, credevo che l’iter si fosse concluso. Pia illusione per chi, come il sottoscritto, è abituato alla corretta trasparenza di Francia, Svizzera e Belgio, Paesi dove ho vissuto 18 anni della propria vita.

Domenica mattina, vengo contattato dalla locale ASL cuneese. A onor del vero, da una gentilissima persona dalla voce femminile che mi comunica – data la mia “positività” – che “devo essere messo in quarantena”! Unica alternativa: eseguire l’indomani, presso le strutture sanitarie locali adibite a tale scopo, il tampone per verificare. Qualora positivo, si confermerebbe la quarantena.    

Allora, la domanda mi sorge spontanea: “Che senso ha ancora per noi la parola Democrazia”? Ritengo di essere vittima di una errata informazione deliberatamente fornitami e verificherò se ci sono gli estremi per chiedere eventuali danni, soprattutto se dovrò congelare la mia vita per i prossimi 21 giorni.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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