Di Primo Mastrantoni**
La proposta del presidente degli USA, Joe Biden, di sospendere la proprietà intellettuale sui brevetti dei vaccini, per aumentarne la produzione, ha riaperto la discussione etica sulla disponibilità di farmaci per tutti.
E’ un tema che ritorna, quando si verificano situazioni emergenziali o i farmaci costano troppo e, quindi, non disponibili per la maggioranza della popolazione.
L’obiettivo di vaccinare, 8 miliardi di persone è più che giusto.
In verità, il presidente Biden dovrebbe guardarsi allo specchio quando sostiene certe tesi, visto che gli USA praticamente non esportano vaccini, infatti, sono utilizzati per la somministrazione ai cittadini statunitensi, mentre l’Ue ha esportato la metà della propria produzione in 50 paesi. Inoltre, Biden, impone restrizioni alla esportazione di componenti indispensabili per la produzione di vaccini.
Ricordiamo che la casa farmaceutica Moderna ha sospeso il brevetto sul proprio vaccino, ma nessun paese si è fatto avanti per produrlo, che Pfizer ha dichiarato che non intende lucrare sul vaccino esportato in paesi poveri e che Astrazeneca lo immette sul mercato al costo di produzione. E’, comunque, problematica l’allocazione di impianti sanitari nei paesi poveri, per difficoltà infrastrutturali, di gestione e mancanza di personale qualificato.
Dunque, rimane il problema etico della produzione di farmaci: è giusto consentire alle case farmaceutiche produrli o il compito deve essere riservato allo Stato?
Nel primo caso i costi e i guadagni sono riversati sul prodotto e allo Stato non rimane che acquistarlo, garantendone la disponibilità per i cittadini. Nel secondo caso lo Stato dovrebbe, con le Università e i centri pubblici, fare ricerca, produzione e distribuzione dei farmaci, ma così non è, almeno che non ci riferiamo ai vaccini cinesi la cui distribuzione mondiale rimarca più una volontà di presenza politica che di efficacia sanitaria; sicchè, invece di risolvere si è accentuato il problema sanitario, stimolando la formazione di varianti virali che si sviluppano quando si somministrano vaccini poco efficaci.
Si veda l’esempio dei vaccini cinesi distribuiti alla popolazione del Cile e delle Seychelles. Il vaccino russo, nonostante la sponsorizzazione di esponenti politici nostrani, non riesce ad imporsi neanche in patria, dove solo il 9% dei russi è stato vaccinato contro il 28% degli europei. Eppure, l’organizzazione statale russa, così come è, avrebbe dovuto raggiungere percentuali elevate di somministrazione, considerato che la Russia ha una popolazione di 146 milioni di abitanti e l’Ue di 445 milioni.
I vaccini cinesi e quello russo non sono stati certificati dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, né dall’equivalente americano, l’Fda.
L’Ue non ha competenze sanitarie che sono dei singoli Stati. Alcuni hanno contribuito alla ricerca di un vaccino anti Covid-19, come la Germania che ha stanziato 375 milioni. L’Italia è al palo.
Certo, si potrebbero istituire dei centri di ricerca farmacologica europei, concentrando le risorse ma, come detto, la Ue non ha competenze in merito. Dovrebbero essere i 27 Paesi comunitari a conferirle il mandato.
Da tempo sosteniamo la necessità di istituire un commissario europeo sanitario, ma non troviamo ascolto. Ogni Stato vuole tenersi stretta la sanità.
Logica miope.
**Segretario Nazionale Aduc
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