Opposti che si attraggono, ora come non mai…

Opposti che si attraggono, ora come non mai…

Di Sergio Ragaini

Il passato, in cui tutto era libero, ed in cui andare dove si voleva, passare da uno Stato all’altro era cosa acquisita, sembra ora davvero lontano. Eppure, era così sino a 15 mesi fa. Anche se questo termine si allontana sempre di più, gettando tutto quanto avviene ora in una sorta di “nuova normalità”, di cui avevo anche parlato in questo articolo, evidenziandone anche eventuali fondamenti di tipo scientifico.

In un’epoca in cui uscire dal proprio Comune di Residenza, anche se poi lo si fa ugualmente, può apparire talvolta un problema, nelle cosiddette “zone arancioni” e ancor di più nelle “zone rosse”, i “fasti” della Libera Circolazione di Schengen, in cui varcare le frontiere non era un problema, ed in cui passare da uno Stato all’altro era facile come attraversare un confine di Regione (in fondo, nell’intenzione, gli Stati Europei si potrebbero definire “Regioni Europee”) paiono davvero lontani.

Eppure, tra le due polarità, che paiono antitetiche, c’è molta analogia. Sono ad affermare che queste due polarità sono poi la stessa cosa. O che, addirittura, l’attuale è il “vero volto” della precedente, posta come illusione.

Per spiegare tutto questo seguirà una strada un po’ particolare. Partendo da Orwell, ma poi quasi abbandonandolo, lasciandolo, forse, sullo sfondo, e nello spirito. E mantenendone l’idea di “dipolo”, nel mio caso non solo di pensiero.

Durante una manifestazione alla quale avevo partecipato, mesi fa, mi aveva colpito un intervento di un’amica scrittrice, Lidia Sella, La quale aveva affermato: “prima sbandierano il Trattato di Schengen e poi ci impediscono di varcare i confini del proprio Comune”.

Queste due opposte, almeno in apparenza, polarità, sono in realtà due facce della stessa medaglia. E sono due facce che, anche se paiono lontane anni luce, ma sono quasi sovrapponibili. Come nelle antinomie matematiche, in cui, affermando una cosa, si afferma il suo contrario. E poi, sempre in matematica,m basta cambiare la particolare distanza utilizzata per vedersi sovrapporre tutti i punti, anche se lontanissimi! Qui siamo davvero nella stessa condizione. E lo vedremo molto bene.

Parlavo con Lidia di questo mentre mi recavo con lei a Cesena, il 15 gennaio di quest’anno, dove, il giorno dopo, sarei intervenuto in un incontro del “No Paura Day”, appuntamenti settimanali, una sorta di “Manifestazione Permanente”, creata dallo Storico Paolo Sensini ancora a novembre 2020.

Lidia, in quel frangente, mi ha parlato proprio di quanto detto nel suo intervento come di una manifestazione del “bipensiero Orwelliano”.

Per capire meglio di cosa si tratta, vi invito a leggere il suo articolo per “Affari Italiani” che trovate a questo indirizzo. Nell’articolo, la giornalista parla del raffronto tra il romanzo di Orwell “1984” e la situazione attuale.

Una frase dell’articolo riassume, secondo me, molto bene il bipensiero:

Il meccanismo [del bipensiero, ndr] è semplice. Basta affermare l’esatto contrario di ciò che si pensa e agire in antitesi a quanto promesso”. Nell’articolo seguono poi esempi chiarificatori, tratti da “1984” e dalla situazione attuale.
Il bipensiero, comunque, in qualche modo, aiuta a spiegare anche quello di cui parlavo all’inizio. Anche se in senso lato, e forse con un’applicazione non così “ortodossa”. Tuttavia, secondo me tutto questo rientra sempre nel bipensiero. Nel senso che appaiono due polarità distinte: due polarità tali per cui, eliminandone una, si piomba nell’altra. O, anche, queste due polarità danno effetti che paiono simili, ma che, al momento buono, diventano opposti. Vedremo in che senso.

In questo caso, le due polarità sono “conquista”, quindi qualcosa che parte dal basso, e “concessione”, quindi qualcosa che parte dall’alto. Nel primo caso abbiamo qualcosa di stabile, che appartiene al diritto, mentre nel secondo caso abbiamo una situazione senza diritti, dove ogni cosa è semplicemente solo concessa. Quindi, chi dirige il gioco, afferma una libertà, che potrà revocare in ogni momento. Così come si revoca una concessione, quando questa scade.

Dell’argomento del diritto e delle concessioni avevo già parlato, in passato, in questo articolo.

Una concessione, come credo sia evidente, non è una proprietà: è ben diverso lavorare, ad esempio, un terreno proprio o su un terreno che qualcuno ci ha dato in concessione. Anche se questa, magari, scadrà tra anni e anni.

E’ il problema delle cose che non giungono “dal basso”, che quindi sono derivanti da uno sforzo, da una conquista, ma che giungono “dall’alto”, e che sono, quindi, date come, appunto, una “gratificazione”, per il tempo che chi la fa cadere dall’alto deciderà.

Nell’idea di “conquista” è presente anche l’idea di “sforzo per la conquista”: quando una cosa appartiene ad una persona, si legge in questo uno sforzo per conquistarla. È uno sforzo implicito nel processo di conquista.

Questa conquista si legge ovviamente meno se una cosa, ad esempio, viene regalata. Tuttavia, sarà comunque di quella persona.

Nel caso della concessione, come visto, nulla appartiene alla persona.

Un esempio potrebbe essere quello di un’auto: se la persona la compera, dietro di questa c’è lo sforzo compiuto per l’acquisto (il denaro necessario). Nel caso venga regalata, questo sforzo non c’è: tuttavia, c’è in colui che ha fatto il regalo: e questo porterà chi lo riceve, almeno presumibilmente (poi non è sempre così) a tenerla bene, proprio in nome di questa riconoscenza, e dello sforzo compiuto da chi ha fatto il regalo.

In entrambi i casi, tuttavia, in caso di danno o rottura, il proprietario dovrà provvedere comunque a sue spese alla riparazione. E questo sarà uno stimolo ulteriore per tenerla al meglio!

Se, invece, la macchina è data in concessione, ad esempio è un’auto aziendale, cambierà tutto: infatti, questa macchina non è della persona, che l’avrà solo in uso. In caso lasci la ditta per cui lavora, dovrà subito riconsegnarla. In caso di danno o rottura, il “conto” sarà pagato dalla ditta: e questo, forse, renderà la persona meno attenta, se non fosse per il motivo della “non bella figura” con la ditta (che magari, a seguito di ripetuti danneggiamenti, potrebbe revocargli l’auto aziendale!).

Come sempre, anche qui vediamo che la concessione ha una scadenza. Che, nel caso dell’auto, è il tempo di permanenza della persona nella Società.

Cosa potrebbe succedere, però, nel caso in cui una concessione possa essere revocata in ogni momento, a discrezione di chi l’ha data? Potrebbe essere quanto accade in Politica. Ne parleremo a breve.

Ora è interessante, credo, far notare come la dicotomia conquista-concessione ne apra un’altra: quella soggetto-oggetto. Qui il soggetto è qualcosa di attivo, mentre l’oggetto è qualcosa di passivo. 

È qui evidente che, nel caso della concessione, non abbiamo un soggetto, ma solo un oggetto, un elemento passivo, che è semplicemente un “effetto” di decisioni di altri, sulle quali non ha alcuna possibilità di intervento.

In questa dicotomia “soggetto-oggetto”, e anche in quella “conquista-concessione”, vedo anche un’analogia con quella “unione-globalizzazione”. L’unione, infatti, è una conquista, un qualcosa che deriva da uno sforzo, che viene comunque dal basso. Facendo un paragone gastronomico, è un insieme di sapori, che concomitano a rendere un piatto davvero speciale, aggiungendo ognuno qualcosa.

La globalizzazione, per contro, viene dall’alto, e viene quasi “calata” sulle persone. Non presuppone uno sforzo del singolo ed è un’azione che lo vede passivo.

Riprendendo il paragone culinario, è come aggiungere ad un cibo un grande quantitativo di glutammato monosodico: il sapore potrebbe non essere male, e tuttavia i sapori originali vengono annullati, a favore di un indistinto, che rende tutto uniforme.

Questa è la globalizzazione: un qualcosa che cancella l’identità dei singoli elementi, per creare una massa informe, senza una caratteristica peculiare: di fatto, si crea un indistinto indefinito. Che perde ogni caratteristica degli elementi che lo compongono. Ovviamente, in tutto questo, le persone non sono minimamente coinvolte: tutto passa completamente sopra le loro teste, senza dar loro alcuna possibilità d’azione per modificare qualsiasi cosa: in pratica, tutto è solamente “subito”.

Il dualismo libertà di circolazione-limiti alla circolazione rientra in quanto visto sinora: infatti, la libertà di circolazione non era una conquista, ma solo una concessione. Una concessione il cui scopo, anche se, in qualche modo, è stato fatto credere (e, forse, era bello crederlo!) non era di certo favorire l’incontro tra i Popoli, ma favorire interessi economici che partono da giochi di potere ben lontani dalle persone.

Di conseguenza, riprendendo gli esempi fatto in precedenza, sulle concessioni, tutto questo può essere revocato in maniera quasi immediata, esattamente come se la concessione di un terreno o all’utilizzo di un’auto venissero revocate così, sui due piedi.

Nel nostro caso, è bastato davvero un “infinitesimo”: un piccolissimo virus, indefinito o quasi, è stato sufficiente per far crollare tutti i “fasti” della libera circolazione. È bastato, appunto, questo piccolo virus, sicuramente amplificato, e su cui è stato costruito un impalcato di Paura, per far cadere tutto, in un istante, come un castello di carte. Rivelando, forse, che in fondo queste cattedrali economiche sono proprio dei castelli di carte, che il vento può soffiare facilmente via.

E, di colpo la bellissima Europa Unita si è trasformata in un’Europa in stile medievale, dove le città sono circondate da ipotetiche e ideali mura, che lasciano entrare (e, in questo caso, anche uscire) solo chi ha un adeguato “lasciapassare”. In fondo, l’autocertificazione è una sorta di lasciapassare del passato, che permetteva l’accesso E, di colpo la bellissima Europa Unita si è trasformata in un’Europa in stile medievale, dove le città sono circondate da ipotetiche mura, che lasciano entrare solo chi ha un adeguato “lasciapassare”. In fondo, l’autocertificazione è una sorta di lasciapassare del passato, che permetteva l’accesso alle varie città (in questo caso anche l’uscita dalle varie città), e senza la quale l’accesso (e qui anche l’uscita) non era consentito.

Dall’Europa Unita si è passati alle Città-Stato della globalizzazione, dove tutto è separato, e dove l’unione generata dal Mondo Virtuale avviene in una dimensione irraggiungibile, e comunque scevra da troppe percezioni che della realtà fanno parte. Sì, perché l’illusione deve continuare, all’infinito. Dando, ovviamente, l’illusione ulteriore che tutto tornerà come prima.

Da tutto questo, appare un’altra cosa importante: la differenza tra una libertà conquistata e una concessa: se la libertà è conquistata, seguendo il processo mentale enunciato poco fa, questa “entra” in chi l’ha conquistata, e quindi fa parte di chi in quel momento l’ha. Chi l’ha, quindi, la tiene stretta, perché la percepisce come una sua proprietà, magari (anzi, quasi sempre) ottenuta con un  certo sforzo, spesso molto elevato (la Storia lo conferma con evidenza), come qualcosa che gli appartiene, e che nessuno potrà portargli via.

Nel caso in cui, invece, la libertà sia concessa, chi la riceve ne è solo un ricevitore passivo. Quella cosa non gli appartiene, e da un momento all’altro potrebbe essergli revocata.

Da tutto questo parte anche un possibile discorso sulla coscienza e il suo livello: se la libertà (ma il discorso potrebbe estendersi a qualsiasi cosa) è frutto di una conquista, la persona la sente davvero come parte di sé; se invece è frutto di una concessione, la persona non sa nemmeno di averla. Di conseguenza, se gliela tolgono, forse non se ne accorge nemmeno.

Pare proprio che la situazione attuale confermi tutto questo: forse, le persone non erano così consapevoli che la libertà che avevano (purtroppo se ne deve parlare al passato!) è stata frutto di conquiste, per le quali tanti hanno anche dato il loro sangue. Perdendo questa coscienza, e sostituendola con la già da tempo nota frase “tanto comandano loro” (leggi: non possiamo fare nulla per cambiare le cose, e tutto potrebbe esserci revocato da un momento all’altro, appunto da “loro”), il perdere la libertà è stata una logica conseguenza: è bastato costruire ad arte una situazione con al centro un virus, seppure reale (sulla sua realtà non ci sono dubbi, direi!), condire il tutto con una forte dose di paura, da qui far passare i messaggi che si volevano far passare… e il gioco si è compiuto. E, come dicevo prima, da un’Europa dalla libera circolazione siamo piombati in un’Europa in stile medievale.

La logica della concessione, in sostanza, non presuppone un qualcosa che si avvicini davvero alla libertà e alla democrazia: infatti, è un’altra forma di schiavitù. È la differenza, in sostanza, che può passare tra l’essere liberi e l’essere soggetti ad un tiranno che decide di concedere una libertà anche notevole: in questo secondo caso non saremo comunque proprietari del nostro destino, bensì comunque soggetti ad altri. Questi “altri”, in ogni momento, potrebbero revocarci queste libertà che ci sono state concesse, relegandoci di nuovo in schiavitù. Tenendo presente che in schiavitù lo si era anche prima: soltanto, si aveva la parvenza di libertà (anche qui torna il “dipolo”…).

E, come dicevo, al momento buono questa “parvenza di libertà” è crollata, forse mostrando il tutto per quello che è davvero, cancellando l’illusione che faceva vedere tutto luminoso e pieno di bellezza: una bellezza più che mai effimera. Allorché, come dicevo, la libertà di circolazione non aveva come scopo l’unione tra i Popoli, ma semplicemente era fissata per interessi economici che con i Popoli non avevano alcuna relazione.

La vera libertà, invece, è una conquista. E, quando è persa, solo riconquistandola potrà davvero tornare.

Tuttavia, nella situazione attuale, vedo davvero molto difficile questa possibilità. Tutto appare ormai definito, in questo nuovo tempo deviato. E tutto quello che era “straordinario” sta diventando, purtroppo, perfettamente “ordinario”. Appunto una “nuova normalità”.

Concludo con una proiezione di tipo matematico: ciò che trasforma una progressione lineare in una esponenziale è proprio la trasformazione di un punto di ricezione in un punto di ricetrasmissione. Ogni persona, quindi, se è solo “oggetto”, genera una potenza lineare: al contrario, se diviene anche “soggetto”, genera una potenza esponenziale.

Forse, chi tiene le redini di tutto questo lo sa molto bene. E per questo fa sì che il Popolo non si renda conto della sua potenza come soggetto attivo. Perché, se così fosse, la Storia potrebbe davvero cambiare.

Tuttavia, nessuno conosce il futuro: forse, quanto prospettato un istante fa, un giorno potrebbe accadere. Non so, però, se quel giorno sarà alla nostra portata, almeno dei nostri corpi. Spero, comunque, che qualcuno, quel giorno, potrà vederlo.

Riferimenti:

Oltre all’articolo di Lidia Sella, citato nel mio testo, sull’argomento c’è diverso materiale disponibile in Rete.

Un articolo sicuramente analitico analitico e di natura generale si trova all’indirizzo:

https://udp.forumfree.it/?t=24095578

Ancora in chiave analitica è il testo all’indirizzo:

https://amp.it.what-this.com/279165/1/bispensiero.html

Interessante ed analitico appare anche l’articolo all’indirizzo:

Il passato, in cui tutto era libero, ed in cui andare dove si voleva, passare da uno Stato all’altro era cosa acquisita, sembra ora davvero lontano. Eppure, era così sino a 15 mesi fa. Anche se questo termine si allontana sempre di più, gettando tutto quanto avviene ora in una sorta di “nuova normalità”, di cui avevo anche parlato in questo articolo, evidenziandone anche eventuali fondamenti di tipo scientifico.

In un’epoca in cui uscire dal proprio Comune di Residenza, anche se poi lo si fa ugualmente, può apparire talvolta un problema, nelle cosiddette “zone arancioni” e ancor di più nelle “zone rosse”, i “fasti” della Libera Circolazione di Schengen, in cui varcare le frontiere non era un problema, ed in cui passare da uno Stato all’altro era facile come attraversare un confine di Regione (in fondo, nell’intenzione, gli Stati Europei si potrebbero definire “Regioni Europee”) paiono davvero lontani.

Eppure, tra le due polarità, che paiono antitetiche, c’è molta analogia. Sono ad affermare che queste due polarità sono poi la stessa cosa. O che, addirittura, l’attuale è il “vero volto” della precedente, posta come illusione.

Per spiegare tutto questo seguirà una strada un po’ particolare. Partendo da Orwell, ma poi quasi abbandonandolo, lasciandolo, forse, sullo sfondo, e nello spirito. E mantenendone l’idea di “dipolo”, nel mio caso non solo di pensiero.

Durante una manifestazione alla quale avevo partecipato, mesi fa, mi aveva colpito un intervento di un’amica scrittrice, Lidia Sella, La quale aveva affermato: “prima sbandierano il Trattato di Schengen e poi ci impediscono di varcare i confini del proprio Comune”.

Queste due opposte, almeno in apparenza, polarità, sono in realtà due facce della stessa medaglia. E sono due facce che, anche se paiono lontane anni luce, ma sono quasi sovrapponibili. Come nelle antinomie matematiche, in cui, affermando una cosa, si afferma il suo contrario. E poi, sempre in matematica,m basta cambiare la particolare distanza utilizzata per vedersi sovrapporre tutti i punti, anche se lontanissimi! Qui siamo davvero nella stessa condizione. E lo vedremo molto bene.

Parlavo con Lidia di questo mentre mi recavo con lei a Cesena, il 15 gennaio di quest’anno, dove, il giorno dopo, sarei intervenuto in un incontro del “No Paura Day”, appuntamenti settimanali, una sorta di “Manifestazione Permanente”, creata dallo Storico Paolo Sensini ancora a novembre 2020.

Lidia, in quel frangente, mi ha parlato proprio di quanto detto nel suo intervento come di una manifestazione del “bipensiero Orwelliano”.

Per capire meglio di cosa si tratta, vi invito a leggere il suo articolo per “Affari Italiani” che trovate a questo indirizzo. Nell’articolo, la giornalista parla del raffronto tra il romanzo di Orwell “1984” e la situazione attuale.

Una frase dell’articolo riassume, secondo me, molto bene il bipensiero:

Il meccanismo [del bipensiero, ndr] è semplice. Basta affermare l’esatto contrario di ciò che si pensa e agire in antitesi a quanto promesso”. Nell’articolo seguono poi esempi chiarificatori, tratti da “1984” e dalla situazione attuale.
Il bipensiero, comunque, in qualche modo, aiuta a spiegare anche quello di cui parlavo all’inizio. Anche se in senso lato, e forse con un’applicazione non così “ortodossa”. Tuttavia, secondo me tutto questo rientra sempre nel bipensiero. Nel senso che appaiono due polarità distinte: due polarità tali per cui, eliminandone una, si piomba nell’altra. O, anche, queste due polarità danno effetti che paiono simili, ma che, al momento buono, diventano opposti. Vedremo in che senso.

In questo caso, le due polarità sono “conquista”, quindi qualcosa che parte dal basso, e “concessione”, quindi qualcosa che parte dall’alto. Nel primo caso abbiamo qualcosa di stabile, che appartiene al diritto, mentre nel secondo caso abbiamo una situazione senza diritti, dove ogni cosa è semplicemente solo concessa. Quindi, chi dirige il gioco, afferma una libertà, che potrà revocare in ogni momento. Così come si revoca una concessione, quando questa scade.

Dell’argomento del diritto e delle concessioni avevo già parlato, in passato, in questo articolo.

Una concessione, come credo sia evidente, non è una proprietà: è ben diverso lavorare, ad esempio, un terreno proprio o su un terreno che qualcuno ci ha dato in concessione. Anche se questa, magari, scadrà tra anni e anni.

E’ il problema delle cose che non giungono “dal basso”, che quindi sono derivanti da uno sforzo, da una conquista, ma che giungono “dall’alto”, e che sono, quindi, date come, appunto, una “gratificazione”, per il tempo che chi la fa cadere dall’alto deciderà.

Nell’idea di “conquista” è presente anche l’idea di “sforzo per la conquista”: quando una cosa appartiene ad una persona, si legge in questo uno sforzo per conquistarla. È uno sforzo implicito nel processo di conquista.

Questa conquista si legge ovviamente meno se una cosa, ad esempio, viene regalata. Tuttavia, sarà comunque di quella persona.

Nel caso della concessione, come visto, nulla appartiene alla persona.

Un esempio potrebbe essere quello di un’auto: se la persona la compera, dietro di questa c’è lo sforzo compiuto per l’acquisto (il denaro necessario). Nel caso venga regalata, questo sforzo non c’è: tuttavia, c’è in colui che ha fatto il regalo: e questo porterà chi lo riceve, almeno presumibilmente (poi non è sempre così) a tenerla bene, proprio in nome di questa riconoscenza, e dello sforzo compiuto da chi ha fatto il regalo.

In entrambi i casi, tuttavia, in caso di danno o rottura, il proprietario dovrà provvedere comunque a sue spese alla riparazione. E questo sarà uno stimolo ulteriore per tenerla al meglio!

Se, invece, la macchina è data in concessione, ad esempio è un’auto aziendale, cambierà tutto: infatti, questa macchina non è della persona, che l’avrà solo in uso. In caso lasci la ditta per cui lavora, dovrà subito riconsegnarla. In caso di danno o rottura, il “conto” sarà pagato dalla ditta: e questo, forse, renderà la persona meno attenta, se non fosse per il motivo della “non bella figura” con la ditta (che magari, a seguito di ripetuti danneggiamenti, potrebbe revocargli l’auto aziendale!).

Come sempre, anche qui vediamo che la concessione ha una scadenza. Che, nel caso dell’auto, è il tempo di permanenza della persona nella Società.

Cosa potrebbe succedere, però, nel caso in cui una concessione possa essere revocata in ogni momento, a discrezione di chi l’ha data? Potrebbe essere quanto accade in Politica. Ne parleremo a breve.

Ora è interessante, credo, far notare come la dicotomia conquista-concessione ne apra un’altra: quella soggetto-oggetto. Qui il soggetto è qualcosa di attivo, mentre l’oggetto è qualcosa di passivo. 

È qui evidente che, nel caso della concessione, non abbiamo un soggetto, ma solo un oggetto, un elemento passivo, che è semplicemente un “effetto” di decisioni di altri, sulle quali non ha alcuna possibilità di intervento.

In questa dicotomia “soggetto-oggetto”, e anche in quella “conquista-concessione”, vedo anche un’analogia con quella “unione-globalizzazione”. L’unione, infatti, è una conquista, un qualcosa che deriva da uno sforzo, che viene comunque dal basso. Facendo un paragone gastronomico, è un insieme di sapori, che concomitano a rendere un piatto davvero speciale, aggiungendo ognuno qualcosa.

La globalizzazione, per contro, viene dall’alto, e viene quasi “calata” sulle persone. Non presuppone uno sforzo del singolo ed è un’azione che lo vede passivo.

Riprendendo il paragone culinario, è come aggiungere ad un cibo un grande quantitativo di glutammato monosodico: il sapore potrebbe non essere male, e tuttavia i sapori originali vengono annullati, a favore di un indistinto, che rende tutto uniforme.

Questa è la globalizzazione: un qualcosa che cancella l’identità dei singoli elementi, per creare una massa informe, senza una caratteristica peculiare: di fatto, si crea un indistinto indefinito. Che perde ogni caratteristica degli elementi che lo compongono. Ovviamente, in tutto questo, le persone non sono minimamente coinvolte: tutto passa completamente sopra le loro teste, senza dar loro alcuna possibilità d’azione per modificare qualsiasi cosa: in pratica, tutto è solamente “subito”.

Il dualismo libertà di circolazione-limiti alla circolazione rientra in quanto visto sinora: infatti, la libertà di circolazione non era una conquista, ma solo una concessione. Una concessione il cui scopo, anche se, in qualche modo, è stato fatto credere (e, forse, era bello crederlo!) non era di certo favorire l’incontro tra i Popoli, ma favorire interessi economici che partono da giochi di potere ben lontani dalle persone.

Di conseguenza, riprendendo gli esempi fatto in precedenza, sulle concessioni, tutto questo può essere revocato in maniera quasi immediata, esattamente come se la concessione di un terreno o all’utilizzo di un’auto venissero revocate così, sui due piedi.

Nel nostro caso, è bastato davvero un “infinitesimo”: un piccolissimo virus, indefinito o quasi, è stato sufficiente per far crollare tutti i “fasti” della libera circolazione. È bastato, appunto, questo piccolo virus, sicuramente amplificato, e su cui è stato costruito un impalcato di Paura, per far cadere tutto, in un istante, come un castello di carte. Rivelando, forse, che in fondo queste cattedrali economiche sono proprio dei castelli di carte, che il vento può soffiare facilmente via.

E, di colpo la bellissima Europa Unita si è trasformata in un’Europa in stile medievale, dove le città sono circondate da ipotetiche e ideali mura, che lasciano entrare (e, in questo caso, anche uscire) solo chi ha un adeguato “lasciapassare”. In fondo, l’autocertificazione è una sorta di lasciapassare del passato, che permetteva l’accesso E, di colpo la bellissima Europa Unita si è trasformata in un’Europa in stile medievale, dove le città sono circondate da ipotetiche mura, che lasciano entrare solo chi ha un adeguato “lasciapassare”. In fondo, l’autocertificazione è una sorta di lasciapassare del passato, che permetteva l’accesso alle varie città (in questo caso anche l’uscita dalle varie città), e senza la quale l’accesso (e qui anche l’uscita) non era consentito.

Dall’Europa Unita si è passati alle Città-Stato della globalizzazione, dove tutto è separato, e dove l’unione generata dal Mondo Virtuale avviene in una dimensione irraggiungibile, e comunque scevra da troppe percezioni che della realtà fanno parte. Sì, perché l’illusione deve continuare, all’infinito. Dando, ovviamente, l’illusione ulteriore che tutto tornerà come prima.

Da tutto questo, appare un’altra cosa importante: la differenza tra una libertà conquistata e una concessa: se la libertà è conquistata, seguendo il processo mentale enunciato poco fa, questa “entra” in chi l’ha conquistata, e quindi fa parte di chi in quel momento l’ha. Chi l’ha, quindi, la tiene stretta, perché la percepisce come una sua proprietà, magari (anzi, quasi sempre) ottenuta con un  certo sforzo, spesso molto elevato (la Storia lo conferma con evidenza), come qualcosa che gli appartiene, e che nessuno potrà portargli via.

Nel caso in cui, invece, la libertà sia concessa, chi la riceve ne è solo un ricevitore passivo. Quella cosa non gli appartiene, e da un momento all’altro potrebbe essergli revocata.

Da tutto questo parte anche un possibile discorso sulla coscienza e il suo livello: se la libertà (ma il discorso potrebbe estendersi a qualsiasi cosa) è frutto di una conquista, la persona la sente davvero come parte di sé; se invece è frutto di una concessione, la persona non sa nemmeno di averla. Di conseguenza, se gliela tolgono, forse non se ne accorge nemmeno.

Pare proprio che la situazione attuale confermi tutto questo: forse, le persone non erano così consapevoli che la libertà che avevano (purtroppo se ne deve parlare al passato!) è stata frutto di conquiste, per le quali tanti hanno anche dato il loro sangue. Perdendo questa coscienza, e sostituendola con la già da tempo nota frase “tanto comandano loro” (leggi: non possiamo fare nulla per cambiare le cose, e tutto potrebbe esserci revocato da un momento all’altro, appunto da “loro”), il perdere la libertà è stata una logica conseguenza: è bastato costruire ad arte una situazione con al centro un virus, seppure reale (sulla sua realtà non ci sono dubbi, direi!), condire il tutto con una forte dose di paura, da qui far passare i messaggi che si volevano far passare… e il gioco si è compiuto. E, come dicevo prima, da un’Europa dalla libera circolazione siamo piombati in un’Europa in stile medievale.

La logica della concessione, in sostanza, non presuppone un qualcosa che si avvicini davvero alla libertà e alla democrazia: infatti, è un’altra forma di schiavitù. È la differenza, in sostanza, che può passare tra l’essere liberi e l’essere soggetti ad un tiranno che decide di concedere una libertà anche notevole: in questo secondo caso non saremo comunque proprietari del nostro destino, bensì comunque soggetti ad altri. Questi “altri”, in ogni momento, potrebbero revocarci queste libertà che ci sono state concesse, relegandoci di nuovo in schiavitù. Tenendo presente che in schiavitù lo si era anche prima: soltanto, si aveva la parvenza di libertà (anche qui torna il “dipolo”…).

E, come dicevo, al momento buono questa “parvenza di libertà” è crollata, forse mostrando il tutto per quello che è davvero, cancellando l’illusione che faceva vedere tutto luminoso e pieno di bellezza: una bellezza più che mai effimera. Allorché, come dicevo, la libertà di circolazione non aveva come scopo l’unione tra i Popoli, ma semplicemente era fissata per interessi economici che con i Popoli non avevano alcuna relazione.

La vera libertà, invece, è una conquista. E, quando è persa, solo riconquistandola potrà davvero tornare.

Tuttavia, nella situazione attuale, vedo davvero molto difficile questa possibilità. Tutto appare ormai definito, in questo nuovo tempo deviato. E tutto quello che era “straordinario” sta diventando, purtroppo, perfettamente “ordinario”. Appunto una “nuova normalità”.

Concludo con una proiezione di tipo matematico: ciò che trasforma una progressione lineare in una esponenziale è proprio la trasformazione di un punto di ricezione in un punto di ricetrasmissione. Ogni persona, quindi, se è solo “oggetto”, genera una potenza lineare: al contrario, se diviene anche “soggetto”, genera una potenza esponenziale.

Forse, chi tiene le redini di tutto questo lo sa molto bene. E per questo fa sì che il Popolo non si renda conto della sua potenza come soggetto attivo. Perché, se così fosse, la Storia potrebbe davvero cambiare.

Tuttavia, nessuno conosce il futuro: forse, quanto prospettato un istante fa, un giorno potrebbe accadere. Non so, però, se quel giorno sarà alla nostra portata, almeno dei nostri corpi. Spero, comunque, che qualcuno, quel giorno, potrà vederlo.

Riferimenti:

Oltre all’articolo di Lidia Sella, citato nel mio testo, sull’argomento c’è diverso materiale disponibile in Rete.

Un articolo sicuramente analitico analitico e di natura generale si trova all’indirizzo:

https://udp.forumfree.it/?t=24095578

Ancora in chiave analitica è il testo all’indirizzo:

https://amp.it.what-this.com/279165/1/bispensiero.html

Interessante ed analitico appare anche l’articolo all’indirizzo:

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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