Itinerari Laziali – “SullaStradaDelVino” alla scoperta di Merumalia con Giulia Fusco

Itinerari Laziali – “SullaStradaDelVino” alla scoperta di Merumalia con Giulia Fusco

Reportage di Susanna Schivardi e Massimo Casali

Giulia ci accoglie in azienda, in una giornata dall’aria quasi primaverile, raccontandoci una splendida avventura iniziata con un’intuizione geniale del papà e poi perseguita con grande passione da lei che lascia tutto per dedicarsi interamente ai vigneti.

I Vigneti Merumalia

Dopo qualche breve incursione al Sud e al Nord d’Italia, ritorniamo nelle nostre zone, esattamente ad un’ora da Roma, a Frascati dove incontriamo Giulia Fusco, proprietaria dell’azienda vinicola Merumalia. Una destinazione perseguita da tempo ma che Covid e altri impegni hanno sempre procrastinato. Giulia ci accoglie finalmente nella sua tenuta con grande affabilità, fiera del suo ruolo e molto consapevole della bellezza che la circonda. “La zona del Frascati è il luogo di origine dell’azienda, ma io e la mia famiglia non siamo originari di questi luoghi, siamo infatti pugliesi”. Fin dall’inizio Giulia tiene a precisare che al contrario di tante realtà circostanti, lei non è la terza o quarta generazione di vignaioli di lunga esperienza, ma anzi, originaria della Puglia, furono i suoi genitori, trasferiti nella zona del Frascati per lavoro, il padre lavorava infatti per l’Agenzia Spaziale Europea, a dare inizio a questo grande progetto di un’azienda vinicola in un’area già molto ricca in fatto di vino.

Mio padre ha avuto una grande intuizione quando inizialmente ha acquistato questa grande proprietà, innamorandosi della terrazza dove siamo noi adesso e da cui si gode una vista spettacolare sulla dolce discesa della collina verso la pianura che sta a ridosso di Roma”. Le costruzioni avanzano ma in questo pezzo di paradiso la calce e il cemento sembrano non poter giungere. La natura si sta rinvigorendo “stanno tornando i piccoli falchi a nidificare, le lucciole d’estate e le upupe”, Giulia aggiunge che la filosofia di base della sua attività è legata alla sostenibilità del territorio “un’attenzione costante volta al terreno, senza invadere con artifici chimici che andrebbero ad alterare il naturale corso degli eventi naturali”. Lei e il suo enologo Lorenzo Costantini lo stesso che lavora in tante cantine della zona, tra cui Fiorano, si chiedono costantemente “che cosa ti aspetti da un terreno? Che cosa vuoi dalla vigna? Come vorresti fosse il vino?”. Ogni passo è frutto di uno studio attento e Giulia sa bene che il terreno si comporta come un essere vivente e come tale deve essere considerato. Un’annata più o meno piovosa, più o meno secca o calda, può essere determinante per la resa del prodotto.

Ma andiamo per gradi. Giulia si laurea in economia e viaggia lavorando in vari paesi d’Europa “mio padre – racconta – ha sempre lasciato me e le altre due mie sorelle libere di scegliere, così abbiamo iniziato a conoscere l’estero già da molto giovani”. Giulia si ricorda di quando appena ventenne si trovò in Spagna senza conoscere lo spagnolo e le prime due settimane pianse per lo sconforto di non riuscire a proferire parola nemmeno per compare qualche cosa al supermercato. “Poi sono tornata in Italia e dopo aver lavorato in varie società internazionali, quattro anni fa ho deciso di mollare tutto e dedicarmi al vino”. I genitori arrivano qui vent’anni fa e si innamorano del posto, un casale di costruzione dei primi del ‘900 e che comprendeva già 10 ettari di vigne e ulivi, immaginando di trasformarlo in una dimora per accogliere la famiglia e gli amici e farne una residenza di vacanza. Poi arriva l’illuminazione del padre che in tutto questo sembra essere il perno centrale dell’esperienza di Giulia “mio padre volle trasformare la proprietà in cantina e invece di produrre l’uva e venderla, decise di lavorarla e fare vino proprio”.

Giulia Fusco

Luigi Fusco profondo studioso e persona di grande cultura seppe quindi sfruttare i luoghi, votati naturalmente alla coltivazione della vite, e anche le sue competenze, affrontando la produzione sempre con un occhio attento alla sostenibilità e alla dedizione verso il biologico, cosa che vent’anni fa poteva sembrare blasfemia. E’ sul solco di queste orme che Giulia decide di dedicarsi con lo stesso approccio alla produzione di vino, votandosi completamente alla ricerca e alla sperimentazione e ponendo particolare cura al territorio, come quando ci dice che “anche una potatura sbagliata può creare ferite irrimediabili alla vite”. “Mio padre ha sempre ragionato in termini di osservazione, curiosità e soprattutto rispetto per la bellezza – da cui il nome Merumalia che in latino significa vino buono (merum) e altre cose (alia) – qui infatti oltre al vino vorremmo continuare a offrire nicchie di cultura, quali teatro, accoglienza, corsi di vario genere, come abbiamo fatto anche prima che il Covid ci fermasse”.

Giulia è un fermento di idee e quello che la guida sembra essere un insegnamento che il padre le ha donato dal profondo, “dopo la sua intuizione mio padre ha coltivato le sue idee, ha modificato i vigneti già esistenti salvaguardando i vitigni autoctoni e ha investito dopo essere andato in pensione, per seguire tutta la filiera che ci ha portato ai risultati di oggi”. Il papà di Giulia scomparso da poco riecheggia nelle sale di questi spazi, e sulla grande terrazza da cui si possono osservare i campi “in tutto 10 ettari vitati, coltivati a Bombino, Fiano, Malvasia di Candia e Puntinata, Greco, oltre ai rossi di Syrah e Montepulciano – ci descrive con attenzione Giulia Fusco”.

La zona è stata sicuramente votata al vino fin dai tempi della lontana battaglia di Regillo, parliamo del V secolo avanti Cristo, quando i Romani sconfiggono i Latini e iniziano a impiantare vitigni. Sono state trovate tracce di una cantina sociale del II secolo dopo Cristo, segno forte di una tradizione che arriva fino ai giorni nostri. “La storia del Frascati è nota a tutti – continua Giulia – mi sto battendo con altri produttori perché i nostri vini vengano considerati col dovuto rispetto, al pari dei grandi vini del Nord. O della Sicilia e della Puglia”.

Anche lei, come tanti che abbiamo intervistato negli ultimi mesi, lamenta una lentezza nella divulgazione dei prodotti locali da parte degli enti preposti. “Il Frascati soffre di vicissitudini alterne che non lo aiutano a salire sul podio insieme a tanti altri nomi, per questo io e altri ci impegniamo perché questa situazione possa cambiare”. Giulia è in barricata, si batte, studia, si confronta e non è una che si tira indietro se si tratta di stare nei campi a controllare le piante o a trovare nuove soluzioni. Camminando verso i vigneti a ridosso della cantina, si china sul terreno e prende alcune piccole radici per spiegarci l’utilizzo delle tecnica del sovescio “si tratta di piantare verso dicembre, all’inizio dei filari, leguminose come fave e lupini, che crescono fino a Marzo, e allo sbocciare dei frutti, l’azoto fissato dalle piante si traduce in nutrimento per il terreno”.

Tecnica del sovescio

La tecnica, molto antica ma riutilizzata adesso nella biodinamica, si applica qui a Merumalia in maniera alternata ogni anno su ciascun filare, il focus “è creare un ecosistema sano, perché trattando bene il terreno non potrà che nascere un frutto sano – continua Giulia”. Come da disciplinare non ai aggiunge acqua con irrigazione “la natura è capace di badare a sé stessa, e qui sotto dove ci sono rocce vulcaniche si formano sacche di acqua che all’emergenza il terreno comincia ad assorbire, quando per tanto tempo non piove”.

Sul sentiero che porta alla cantina effettivamente si vedono costoni bellissimi di roccia da cui fuoriesce un timido rivolo di acqua, segnale che il terreno qui è irrigato naturalmente. Non mancano i monitoraggi condotti in collaborazione con varie università, che permettono un controllo sul terreno “specialmente adesso che è in atto un surriscaldamento generale irreversibile – continua Giulia perplessa – che in qualche modo dovrà essere affrontato con nuove tecnologie che non siano allo stesso tempo invasive”. Entriamo in cantina, un locale suggestivo, moderno ma caldo, minimal ma curatissimo, ritagliato dall’interno di una collina “che è stata scavata e mantenuta nella sua profondità, senza alterarne le dimensioni, il tetto della cantina è stato rimesso a erba, e l’interno è fresco in maniera naturale”. Il materiale di risulta non è stato gettato ma conservato all’esterno in apposite reti contenitive e utilizzato per la cura del terreno .

In cantina troviamo i bellissimi silos di acciaio e Giulia inizia ad illustrarci i prodotti, sette bianchi e due rossi. “I bianchi fanno solo acciaio, scelta per mantenere qualità dei singoli vitigni, con una vendemmia condotta per mono appezzamenti”, e tra gennaio e febbraio si fa il blend. La barrique viene utilizzata solo per i rossi e il Cannellino, il vino dolce di Frascati. Vinificano in purezza Greco, Fiano e Bombino. Tra gli accorgimenti tecnici Giulia ci parla anche della produzione di un vino vegano “mio padre da grande salutista aveva pensato anche a coloro che soffrono di allergie, quindi per la chiarificazione abbiamo abbandonato albumina e caseina e utilizziamo gelatina di patate, che con l’aiuto dell’azoto va a schiarire il vino, una tecnica molto igienica che non crea problemi”.

Arrivati al momento della degustazione Giulia, oltre ai vini, ci presenta il suo olio E.V.O. prodotto con olive multicultivar laziali con una percentuale più importante di olive Leccino al quale dedichiamo qualche parola di degustazione. Profumo delicato di pomodoro con accenni erbacei e di carciofo. In bocca eccellente, fresco con un buon amaro e piccante che segnala sicuramente un ottima attenzione alla raccolta. Ottimo abbinamento con verdure o zuppe.  

Ad accompagnare la degustazione dei vini Giulia ci offre un piatto di salumi e pecorini più o meno stagionati prodotti dal caseificio slowfood  Agricola Depau della zona di Grottaferrata.

Degustazione

Le bottiglie sono sistemate e sullo sfondo la tenuta fa da cornice ad un evento quasi solenne, in questo grande salone dove riecheggiano parole e passi, il cavatappi che penetra il tappo e il rumore del vino versato nel calice. Le etichette semplici delle bottiglie sono molto eleganti, i nomi dei vini tutti di cinque lettere non sono casuali, e Giulia ci racconta che esistono anche “Livia e Giova, dedicati ai due giovanissimi della famiglia” ma che oggi non assaggeremo. A seguire il Terso che vuole omaggiare il colore terso del cielo e il Canto, cannellino dolce, mentre il nome curioso 8nese “deriva dal dialetto ottonese che indica il bombino, tipico di questa zona”.

Il primo vino che degustiamo è il Fiano che Giulia ci serve, come tutti i prodotti della degustazione, a 14 gradi.

Al naso risulta subito intenso e pieno con la mineralità che colpisce. Si percepisce la frutta fresca a polpa bianca ed una leggera balsamicità. Al gusto rispecchia in pieno l’esame olfattivo con un minerale intenso che lo rende quasi sapido. Non abbinabile assolutamente con il pecorino stagionato ma ottimo per quello un po’ più fresco e morbido. La freschezza che esprime questo Fiano ci accompagna per qualche minuto pulendo la bocca da un eventuale grassezza del cibo. Vino abbinabile come aperitivo a crudi di pesce o formaggi freschi.

Il secondo vino che assaggiamo è il 8nese e cioè il bombino in purezza.

Vino che al naso sembra più morbido del precedente, infatti Giulia lo definisce un po’ ruffiano, ma intenso e deciso con un ottima complessità.

Al gusto rimane molto intenso e avvolgente con una buona freschezza, da poter abbinare a crostacei o piatti di carne non troppo elaborata.

Arriviamo al momento dei Frascati.

Il primo che assaggiamo è il Terso d.o.c. il base dei suoi Frascati.

Vino base solo di classificazione in quanto è di una qualità eccezionale. Notiamo subito che gli accorgimenti di Giulia in vigna con una attenta scelta dei grappoli ed una resa per ettaro selezionata al meglio ci portano nel bicchiere un prodotto di una elevata qualità. Affinamento in acciaio di circa 4 mesi e poi in bottiglia per altri tre questo vino ha un colore brillante ed un vivace giallo paglierino. Colpisce subito il profumo intenso nel quale le caratteristiche dei vitigni sono ben delineate. Frutta fresca bianca matura, accenni erbacei e non manca assolutamente la mineralità. Il Fiano mette in cattedra le sue caratteristiche e quindi la freschezza non manca. Al palato rimane armonico e piacevole, perfettamente equilibrato. Sicuramente servito alla temperatura giusta, 10-12 gradi, è ottimo come aperitivo o per accompagnare primi piatti della cucina romana.

A seguire, la padrona di casa ci serve il premiato Frascati superiore d.o.c.g. Primo.

Affinamento come il fratello precedente ma con la sostituzione del bombino al posto del fiano.

Colore intenso, tra giallo paglierino e dorato. Già nel bicchiere notiamo una consistenza più marcata grazie probabilmente anche alla sua gradazione alcolica che varia dai 14 ai 14,5 a seconda delle annate. I profumi ben definiti di frutta matura, pesca, pera, mela e con degli accenni di balsamico. Al gusto un vero piacere. Corposo e intenso, il bombino lo rende un pochino più morbido con una freschezza più rotonda e meno accentuata equilibrandolo alla perfezione. Ovviamente non manca la mineralità classica del territorio con una lunga persistenza. Si può abbinare a piatti classici della cucina romana o formaggi di media stagionatura oppure con piatti di pesce non troppo elaborati.

Come ultimo vino abbiamo il Frascati Superiore d.o.c.g. riserva Primo Riserva.

Il colore più intenso ci fa immaginare una maturazione più prolungata ed una selezione in vigna più accurata, infatti Giulia ci conferma che rimane per ben 9 mesi in acciaio e poi 3 mesi in bottiglia.

Al naso molto intenso e complesso con una mineralità piacevole e non invasiva. La frutta a polpa bianca matura non manca e lascia un po’ di spazio ad un accenno di miele.

Al palato troviamo ancora un’ottima mineralità con una gradevole sapidità. Fruttato e balsamico rispecchia alla perfezione la sensazione olfattiva. La presenza acida è molto piacevole rendendolo persistente ed intenso. La presenza di una gradazione alcolica, assolutamente non percepita, di 14,5 ci aiuta ad abbinare questo vino al pecorino più stagionato che Giulia ci ha servito, ma anche a piatti tipici romani o del pesce elaborato come una tagliata di tonno, un salmone selvaggio o un pesce San Pietro all’acqua pazza. Non guasta neanche concedersi un calice di questo vino senza abbinamenti, solamente per il vero piacere del palato.

Giulia ha lasciato un bel segno, con il suo carattere forte e deciso, combattiva e orgogliosa del suo lavoro, la ascoltiamo descriverci la zona mentre ci mostra la grande fotografia appesa dietro la scrivania dell’ingresso “una grande immagine del 1924, dove si vedono chiaramente il vulcano laziale, la campagna e il punto dove ci troviamo, quando la città caotica e rumorosa era ancora lontana, questa è la zona delle grandi ville romane, che hanno poi conosciuto i fasti del Rinascimento”. Per arrivare fino ai giorni d’oggi, in un Lazio ricco dove vino e storia si intrecciano sempre.  (foto di Giulia Fusco che illustra la grande fotografia)

Foto e video di Massimo Casali e Susanna Schivardi

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