Di Alessia Piccioni
Il 74,7% degli italiani pensa che i vaccini siano efficaci, ma i cittadini lamentano poca chiarezza nelle comunicazioni. Davide Ippolito, cofondatore di Reputation rating: “È la CSR ad essere la più colpita: crescono le menzioni attinenti all’orientamento esclusivo al profitto e la mancanza di responsabilità sociale”.
In Italia crolla del 21,45% la fiducia dei cittadini nei confronti delle aziende farmaceutiche. Ad un anno esattodall’individuazione del primo paziente italiano colpito dal coronavirus, Reputation rating, azienda di analisi della reputazione attraverso l’omonimo algoritmo che ne pesa e misura le dimensioni, certificando una serie di parametri oggettivi e soggettivi, attraverso la tecnologia blockchain, fa il punto sulla reputazione del settore, confrontandola con i parametri pre-pandemia.
La ricerca si colloca in un contesto non facile per le aziende farmaceutiche mondiali, alle prese con la campagna globale di vaccinazione contro il covid19, con i media italiani che ogni giorno riportano notizie circa i ritardi sulla distribuzione delle dosi.
La rilevazione reputazionale è stata svolta prendendo in considerazione il contesto italiano nel mese di febbraio 2021, in relazione al quale sono emersi alcuni elementi che maggiormente hanno influenzato il risultato finale:
- La poca chiarezza nella comunicazione della reale efficacia del vaccino AstraZeneca, il vaccino anglo-svedese tra i più diffusi nello scorso mese;
- Una generale diffidenza in merito alle prime proiezioni di dosi effettivamente somministrate in Italia;
- La non coerenza nella gestione dei piani vaccinali a livello Regionale, che sembrano ognuno seguire un modus operandi e delle priorità differenti (ad es. il Lazio sembra seguire il “modello israeliano” per fasce d’età e categorie di priorità; mentre il Veneto e l’Emilia-Romagna valutano di bypassare la Commissione europea, procurandosi altri vaccini per vie dirette). Questo sembra aver inciso in negativo sul mondo delle aziende farmaceutiche.
In un modo che definiremmo “effetto alone”, queste diatribe amministrative economiche e burocratiche sembra abbiano accentuato la percezione di orientamento al profitto da parte delle aziende farmaceutiche; - L’arrivo in corsa di nuovi vaccini, come il russo Sputnik, insieme ad una comunicazione frammentata delle specifiche di sicurezza nella somministrazione dei vaccini (è notizia di fine febbraio quella del limite di 65 anni imposto per AstraZeneca), hanno comportato un malus nella reputazione del mondo farmaceutico, dipinto da molti come “una corsa al dollaro”.
“La cosa paradossale, analizzando le varie dimensioni della Reputazione – ha dichiarato Davide Ippolito, cofondatore di Reputation Rating – è che non è messa in discussione l’efficacia dei vaccini, e dunque il Driver Prodotti e Servizi. È emerso, di fatto, che il 74,7% degli italiani pensa che siano efficaci e non ne discute la bontà. Ad essere maggiormente colpiti sono i Driver come CSR e Governance, quest’ultimo per la gestione, specie burocratica, nella distribuzione. Mentre per la CSR, in Italia vi è un sentore di bassa responsabilità sociale e orientamento al profitto (a pensarlo è il 63,41% degli utenti in rete, con menzioni attinenti a un giudizio sulle aziende farmaceutiche), in particolare, ci si chiede perché non si possa liberalizzare la produzione del vaccino, svincolando da qualsiasi logica commerciale”.
“Per quanto concerne, invece, gli Stakeholder della Reputazione, è la Reputazione presso i Cittadini ad essere quella più colpita (-31% rispetto a febbraio 2020), seguendo un calo naturale delle Istituzioni Internazionali (-14,20%).
Investitori, Ministri e Politici e Fornitori, sono invece Stakeholder che, gioco forza, hanno aumentato sensibilmente la considerazione e reputazione nei confronti delle aziende farmaceutiche, con un aumento medio del 12,79%, trainato per gran parte dalla semplice crescita del numero delle menzioni da parte di questi Stakeholder” conclude Ippolito.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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