“Ho letto le dichiarazioni del Presidente Conte sulle motivazioni delle chiusure delle attività e il suo invito a non soffiare sul fuoco – afferma l’europarlamentare Marco Zullo – in diversi passaggi il Presidente fa riferimento al fatto che si chiudono le attività per diminuire l’utilizzo dei mezzi pubblici che oggi rappresentano una causa di contagio: “Uscire la sera per andare al ristorante, cinema o teatro significa prendere mezzi pubblici o taxi…”.
Ciò immagino sarà vero nelle grandi città ma nei piccoli centri e nei paesi ci si muove quasi esclusivamente in auto, in bicicletta, a piedi e questa rappresentazione della realtà risulta quantomeno incomprensibile se non addirittura fuorviante. Inoltre, nei luoghi dove la densità di popolazione è minore, vi è anche una propensione maggiore alla autoregolamentazione.
Lo stesso vale per le attività sportive, le palestre e le piscine che hanno delle ricadute positive importanti sullo stato psicofisico di chi le frequenta. Di fatto la maggior parte dei centri sportivi si stava già adeguando, garantendo appropriate misure igieniche e di distanziamento o prevedendo accessi scaglionati, continuando a promuovere così un messaggio educativo di reciproca collaborazione. E, trattandosi di misure temporanee di buon senso legate allo stato di emergenza, trovo poco verosimile che da un grosso centro orde di persone si trasferiscano al paesello dell’interland per farsi il mensile in palestra.
Allora mi chiedo, non sarebbe stato possibile prevedere delle misure che facessero questo distinguo territoriale così da lasciare la possibilità a chi può lavorare di rimanere aperto senza mettere a rischio la salute pubblica? Non sarebbe stato possibile un approccio differenziato? che prevedesse soluzioni diverse per realtà diverse?
Non è mia intenzione soffiare sul fuoco per alimentare i malumori ma ciò non mi esime dall’usare un po’ di senso critico. Sono anche consapevole che per mettere in campo delle misure efficaci, sia necessaria una fotografia chiara e dettagliata della situazione di fatto.
Queste sono le domande che mi pongo: dove sono i focolai? essere stato contagiato significa veicolare il virus? chi finisce in ospedale e chi in terapia intensiva? e perché? tra quelli della terapia intensiva chi ce la fa e chi no? e di nuovo, perché?
E qui, purtroppo per tutti, si naviga in un marasma di informazioni, che dicono tutto e il suo contrario. E un’informazione di bassa qualità non può che generare incomprensione, paura, rabbia. Questi dati ci sono? Sono stati letti correttamente? Si è fatto tutto il possibile?
Non voglio pensar male ma poi leggo le dichiarazioni del Viceministro alla Sanità Sileri, parole chiare e comprensibili, descrivono un quadro preoccupante ma non allarmistico: si distingue tra contagiati e ammalati, si parla di aumentare la capacità diagnostica senza sprecare tamponi per soggetti che non sono a rischio elevato, si palesa di essersi mossi in ritardo e in modo non adeguato su alcuni fronti prima di questa seconda ondata. Insomma, si propone un modo di agire diverso da quello messo in campo, un modo di agire che appare efficace e sicuramente più comprensibile.
Poi, se ora la situazione è così grave da necessitare un secondo lockdown, lo si dica chiaramente rispondendo però al perché non si sono, ora e prima, messe in atto altre misure suggerite. E si dica anche chi ha deciso cosa e in base a quali dati. Così che tutti i cittadini possano sentirsi quantomeno un po’ più partecipi delle scelte fatte”, conclude l’eurodeputato.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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