Scuola: i giorni dell’accoglienza

Scuola: i giorni dell’accoglienza

Di Chiara Farigu

Li ho sentiti piangere i bimbi del nido che sta sotto casa mia. Per molti di loro, oggi, il primo giorno di frequenza. Il primo vero ‘distacco’ dalla mamma, vissuto come una lacerazione. Quelle lacrime mi hanno riportato indietro nel tempo. Ai tanti primi giorni della mia scuola. I giorni dell’accoglienza. I più impegnativi, faticosi e allo stesso tempo i più fantastici di tutto l’anno scolastico. Di certo i più importanti.

I piccoli alunni, arrivano carichi di aspettative frutto dei racconti sentiti in famiglia ma avvinghiati al collo della mamma da cui è complicato staccarli. La maestra è un’estranea. Non può competere con chi si è sempre preso cura di loro. Con chi li ha imboccati, ne ha asciugato le lacrime, cantato le ninnananne. E mentre cerchi di rassicurarli, invitandoli ad allentare quella stretta e a venire giù, loro ti scrutano, ti annusano, ti scacciano, ti tirano i capelli, ti pizzicano, ti tastano, ti studiano. In una parola, ti valutano.

Sono dei giudici severi, implacabili. Non sanno se possono fidarsi. Vorrebbero lasciarsi andare, ma è presto per farlo.  Adocchiano i nuovi giochi, i palloncini di benvenuto, sentono la musica di sottofondo, guardano di sottecchi gli altri bambini coi quali vorrebbero giocare. Però c’è “lei”. Quella “lei” che intanto sta dando fondo a tutte le sue conoscenze, alla sua esperienza pluriennale di insegnante, di donna, di mamma, se lo è, alla sua fantasia. Modula la voce, sgrana e strabuzza gli occhi, ricorre ai mille trucchi  sperimentati mille e più volte, ne mette in atto dei nuovi. Tutto, pur di conquistarsi la sola cosa che conta: la  fiducia.

Alle volte le riesce facile altre invece deve sudare le sette camicie prima che il piccolo guerriero deponga le armi e decida di scendere. Tutto sommato, quella “lei” non è così male, sembra dire, ma sì, mettiamola alla prova.

Comincia così l’avventura dei piccoli alunni, tra lacrime ed esperimenti di socializzazione. Il primo passo verso l’autonomia, la conoscenza di se stesso e degli altri, l’acquisizione di competenze. Il primo contatto con la vita.
Il più importante. Cominciato con quell’atto di fiducia donato a quella sconosciuta che ha saputo allentare quella stretta in quel lontano settembre. Un privilegio, questo, per ogni maestra che si rispetti.

Non riesco e non voglio immaginare quante cose cambieranno in questo nuovo anno scolastico a causa delle regole anti-covid che impongono distanze tra alunni e tra insegnati e alunni (un ossimoro per la scuola, luogo per eccellenza di socializzazione) e divieti da rispettare. Tutto in nome della cosiddetta ‘ripartenza in sicurezza’ che nessun governo al mondo, tanto meno il nostro, potrà mai garantire.

Che fine farà, in questo clima  di sospetto verso l’altro, di banchi monoposto, distanziamento e divieti vari  (persino di abbracci e coccole verso i più piccoli) quell’atto di fiducia che prepara alla vita?

***Abbiamo stipulato un accordo con le autrici del blog cheventochetira.altervista.org per la libera ridiffusione di alcuni loro articoli. Il pezzo originale di Chiara Farigu è pubblicato qui: https://cheventochetira.altervista.org/scuola-i-giorni-dellaccoglienza/

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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