Willy Monteiro: l’ennesima vittima dell’ignoranza

wily monteiro

Di Laura Farnesi

C’è ben poco da ricamare sull’omicidio di Willy, l’ennesima vittima dell’ignoranza, di una mentalità sempre più radicata nella nostra società che ha il sapore del narcisismo, dell’egocentrismo, del difendersi dal “diverso”, della mancanza assoluta di empatia.

Il giovane Monteiro è la vittima raccontata, oggi, da giornali, tg e media di tutti i tipi, e va a nutrire una lunga lista di ieri che, temo, continuerà domani. Qualche nome sarà sotto la luce dei riflettori andando spesso a gonfiare più l’ego di chi descrive la tragedia piuttosto che diventare informazione o atto di reale interesse, altri andranno direttamente nell’oblio per la massa, rimanendo una sofferenza indicibile solo per pochi.

Di questo caso mi fa effetto una cosa: gli scatti resi pubblici. Da una parte lo sguardo ancora bambino di Willy, dall’altra le pose da modelli dei carnefici. Da una parte un look da ‘jeans e maglietta”, dall’altra una pelle in bella mostra coperta da tatuaggi di cui sarei curiosa di sapere il significato e il perché, singolarmente, per capire, perché certi segni dovrebbero raccontare la personalità di chi li indossa e io sarei curiosa.

Gli elementi a cui faccio riferimento, ovviamente, non servono, assolutamente (e questo concetto sono pronta a ripeterlo mille volte) per poter valutare una persona se non in modo superficiale ma… spesso penso al modo di usare volontariamente la propria immagine, di proporsi, di emulare personaggi conosciuti (ammetto che i ragazzi che hanno massacrato Willy mi ricordano una persona spesso al centro del gossip per atteggiamenti, la maggior parte delle volte, negativi), penso a come l’apparenza virtuale che fa tanto ‘fighi’ a livello di approvazione estetica sociale, trasformi, alla fine, anche la vita reale in virtuale.

Come si può massacrare una persona senza rimanere poi sconvolti… come si può anche solo arrivare a sferrare il primo o il secondo pugno con la volontà di fare del male quando la propria vita non è in pericolo (solo in questo caso posso comprendere).

Come si può pensare di rimanere impuniti, come ci si può giustificare o sperare di essere giustificati. Come si può continuare a vivere sapendo di aver arrecato consapevolmente un danno tanto grande. In questa nostra società, l’ho detto tante volte, tutto sempre un grande reality. Non importa se fai del male, è solo un gioco, uno scatto social.

Non importa se rovini la vita di qualcuno, è solo un gioco, uno scatto social. Non fa niente se qualcuno muore, è solo un gioco, uno scatto social. Anzi, se è vera la frase che ho letto, lui era solo uno “diverso”… come se Willy neanche dovesse essere presente al gioco, lui era poco social. (spero nella comprensione di chi legge, non sto stigmatizzando affatto i social. Ogni cosa è positiva o negativa a seconda di come la si usa.). Qui il male è stato fisico ( ha portato alla morte, ALLA MORTE, lo ricordo) ma il male si fa anche senza usare le mani, continuamente, uccidendo lentamente l’anima di una persona e io vedo che è diventato uno sport nazionale.

Quel che mi fa rabbia è la mancanza del sentimento del pentimento. Quel che mi fa rabbia è che ci hanno insegnato che chi picchia duro e per primo, o urla forte pur avendo torto, è il vincitore. Senza remore, senza pudore, senza la disapprovazione sociale. Anzi, di solito arriva anche una giustificazione minima, fosse anche che il colpevole, da piccolo, non aveva avuto il gicattolo che tanto desiderava. Poverino…

Io non riuscirò mai ad accettare tutto questo anche perché domani WIlly potrei essere io, rea solo (quindi passibile di furia cieca senza senso) di avere chissà quale caratteristica a dare fastidio, una caratteristica magari persino inventata, frutto dell’apparenza o, peggio, dell’immaginazione di chi guarda e non della realtà. Willy, se qualcosa non cambierà, potreste essere tutti voi!

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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