Aborto: scelta esistenziale o problema sociale?

aborto

Di Sergio Ragaini

In mezzo alla ridda di notizie sul COVID-19, è quasi passata in sordina la notizia relativa all’aborto farmacologico, per il quale il Ministro Speranza ha fornito nuove linee guida. L’argomento mi ha dato l’occasione per parlare del delicato tema dell’aborto, affrontandolo in un’ottica più generale. Partendo dal chiedersi cos’è la vita, e cos’è il diritto alla vita, il discorso va poi a toccare la domanda che per molti è fondamentale: l’aborto è davvero un’uccisione? Tuttavia, a monte dell’aborto esiste la prevenzione: infatti, lo scopo è non giungere alla decisione sull’aborto, ma attuare tutte quelle tecniche di contraccezione, oggi note e del tutto fruibili, per far sì che non ci si trovi nella situazione di gravidanza. Diffondendone il più possibile la loro conoscenza ed il loro utilizzo.

In questo periodo, come ben si può vedere, imperversano le notizie sul COVID-19. A tal punto che tutto il resto pare del tutto dimenticato. Come dicevo tempo fa, potrebbe accadere qualsiasi cosa nel mondo, e passerebbe inosservata.

Il COVID-19, insomma, pare davvero avere cancellato tutte le notizie di qualsiasi altro argomento.

Eppure, anche se tutto pare “a senso unico”, come informazione, soprattutto laddove, come in Italia, è in pericolo la democrazia e la libertà, e si rischiano cambiamenti irreversibili nella vita e nell’ordine democratico, che potrebbe non più essere tale, esistono anche altri problemi. E qualcuno  se ne accorge.

È il caso di un annoso problema, che ricordo ancora avere caratterizzato le nostre vite, molti anni fa. Si tratta del tema dell’aborto. In questi giorni, il Ministro della Sanità Speranza ha variato le linee guida del cosiddetto “aborto farmacologico”, che ora si svolgerebbe in giornata.

Per la cronaca, l’aborto farmacologico, possibile sino alla settima settimana di gravidanza, avviene con una pillola, la RU486, nome in codice per indicare il farmaco “Mifegyne” (principio attivo: Mifeprostone), che, associato alla prostaglandina (presente in prodotti come il misoprostol) permette di interrompere la gravidanza senza ricorrere ad un intervento chirurgico. Le nuove linee guida permettono di svolgere tutto in giornata, invece che nei previsti tre giorni: quindi, l’aborto si potrà svolgere in “day hospital”, senza alcun ricovero.

Alla fine indicherò dei riferimenti per avere maggiori informazioni su questo aborto e su come questi farmaci funzionano. Ora, però, non mi interessa parlare di questo, ma utilizzarlo come occasione  per parlare del tema dell’aborto: un tema molto sentito anche da me, in quarto la spiritualità, anche se non di tipo “religioso”, non mi è sicuramente estranea, e quindi mi sono sempre posta il problema, offrendo differenti risposte.

Quindi, n questo testo, mi interessa cercare di capire  è se questa pratica sia ammissibile, anche alla luce del fatto che, comunque, si tratta dell’interruzione di un processo che condurrà, poi, alla vita. Il problema sarà anche chiedersi se in qualche maniera, questa interruzione è lecita, oppure se per contro è qualcosa che non ha legittimità morale.

Nessuno, o quasi, in questi giorni ha notato questa notizia, come dicevo:; tutti erano alle prese con il tema del COVID-19: l’ha notata un gruppo culturale nel quale, alcuni giorni fa, sono stato inserito da un’amica: un gruppo che, dalle connotazioni, appare di ispirazione cattolica. Qui la notizia ovviamente ha avuto molto eco, e sono partite petizioni contro l’aborto, farmacologico o non. Per quanto mi riguarda, il moralismo con cui questo argomento è stato affrontato mi porterebbe quasi a dare contro a queste idee. Come in effetti ho fatto: credo che l’affronto del tema non possa portare con sé quella carica moralistica che, nel volere ora affermare dei diritti di un potenziale nascituro, ha però negato, per secoli, e in parte continua ancora a negarli, fondamentali diritti umani.

Per me il tema dell’aborto è stato il mio “primo voto”, nel lontano 1981. Si votava per dei referendum, che comprendevano anche la Legge Antiterrorismo, detta anche “Legge Cossiga”, e l’abolizione dell’ergastolo. Sul tema dell’aborto, e della relativa abrogazione della Legge 194, sono stato a lungo incerto: allora frequentavo il mondo parrocchiale, e alcuni, comunque, erano a favore della Legge 194. Alla fine, in preda all’incertezza, ho votato per questa, con un doppio no, che respingeva anche il referendum proposto dai radicali, che volevano estendere l’aborto anche a strutture private. Oggi forse approverei quest’ultimo, addirittura. L’interruzione della gravidanza è una cosa decisamente brutta, ma non è, secondo me, combattendo l’aborto in questa maniera che ci liberiamo dello stesso. Combattere una legge che comunque, lo regolamenti, vorrebbe dire lasciare posto alle cosiddette “mammane”, che lo praticano in maniera ben lontana dalle norme sanitarie. Ne si parlava molto, allora. E anche oggi, a distanza di quasi 40 anni da quei lontani giorni, credo che la mia posizione sia sempre la stessa: l’aborto va controllato, certamente, ma eliminare una legge che lo regolamenta, senza lavorare a monte dello stesso, ha ben poco significato.

Vediamo allora cosa significa “lavorare a monte”: lo vedremo partendo da lontano, per poi tornare qui, al problema come si presenta ora. Andando “a monte”, il tema principale che mi appare è quello, ribadito anche dal mondo cattolico, del “diritto alla vita”. Come prima cosa, quando se ne parla, occorre ricordare una cosa importante: il diritto alla vita non è “dovere alla vita”. Infatti, il mondo cattolico associa spesso l’aborto all’eutanasia. Che invece, almeno da un punto di vista culturale, è e deve essere lecita. Infatti, una persona deve avere il diritto di uscire dalla vita quando lo desidera, se, in qualche modo, questa non soddisfa più le sue aspettative e quello che dalla vita può attendersi.

Il mondo cattolico risponde che “la vita è di Dio e solo Dio la può togliere”. La mia risposta in questo è quasi “lapidaria”: “per loro”. Nel senso che questo è un concetto religioso, che non può rientrare in un discorso laico, come deve essere uno stato moderno. Il fatto che Dio dia la vita è poi solo un concetto di tipo cattolico, al limite cristiano: se ci spostiamo, ad esempio, nel mondo spirituale buddhista, la vita è semplicemente una manifestazione. Infatti, in questo vasto mondo spirituale, noi non siamo creazioni, ma, come sottolineava anche il maestro zen vietnamita  Thich Nhat Hanh, solo delle manifestazioni. Quindi, quella che si manifesta è un’essenza che comunque era già presente in precedenza. In questo caso, la morte è solo il termine di una manifestazione, per andare verso un’altra. Quindi, in fondo, nulla di così terribile.

Tra l’altro ci troviamo in filosofie per le quali la vita fisica non è una sola: io ne sono perfettamente convinto. Infatti, se tutto deriva da cause e condizioni, anche questa vita deve avere cause e condizioni. Altrimenti, tutto si riconduce ad un Dio che fa le cose per schemi che non ci è dato conoscere, un Dio che dovremmo ringraziare, sempre e comunque, anche per la barbarie che avviene vicino e attorno a noi. Insomma: un Dio che agisce senza il nostro controllo, e che controlla tutto. Ricordo che quando ero piccolo mia madre diceva: “Siamo burattini nelle meni di Dio”. Questa visione del mondo non mi appartiene, e personalmente la rifiuto.

Nell’ottica Buddhista non c’è nessuno che dà la vita e nessuno la toglie: siamo solo manifestazioni di qualcosa che poi cambia, ma continua. Quindi, in quest’ottica, l’eutanasia è del tutto lecita. Anche nel mondo induista questa non è così malvista, almeno non sempre. Ricordo una mia amica, vicina al mondo spirituale degli Hare Krishna, quando mi diceva che, secondo lei, se un corpo non serve più ad una certa esistenza, è inutile tenerlo: proprio in un’ottica renicarnazionista lo si lascia, per andare verso qualcosa che ci permette di andare avanti, e continuare il nostro cammino evolutivo.

Il discorso potrebbe estendersi, e mostra come l’eutanasia sia una cosa ben lecita. Quando si vedono persone che soffrono terribilmente e non possono andarsene in nome di un “Dio che dà la vita e solo lui la può togliere”, penso davvero a quali conseguenze può portare un mondo spirituale che ha fatto e fa della sofferenza il suo vessillo e che, purtroppo, ha spesso eletto a suoi santi feroci assassini e inquisitori: Carlo Borromeo e Pietro da Verona ne sono due esempi. 

Fatta questa digressione sull’eutanasia, veniamo ora al tema del “diritto alla vita”. Questa parola vuole dire poco o niente: la vita non è un diritto, bensì soltanto un fattore biologico. Almeno apparente. Se ci portiamo in un’ottica più spirituale, invece, nella quale il nostro corpo è solo uno di una sequenza di cosiddetti “corpi sottili” (un modello che mi piace molto, perché molto “matematico”), allora questi c’erano già. Come dice il Dalai Lama, la nostra mente deriva da una mente precedente:  dentro questi corpi , quindi, c’è l’informazione che creerà il nostro attuale corpo. Nel Buiddhismo Tibetano, poi, si parla di “rinascita”, invece che di “reincarnazione”. Quando ho chiesto ad un esperto di Buddhismo Tibetano quale fosse la differenza, la risposta era stata che nella rinascita il principio cosciente contribuisce alla costruzione” del nuovo corpo.

Insomma: di fatto la vita è informazione. Un’informazione che non svanisce al passaggio tra una vita e l’altra, ma continua ad esistere, e genera un nuovo corpo. In quest’ottica, la vita del corpo fisico è quindi solo l’ultimo anello di un processo molto più allargato, che di fatto non ha termine: è l’ultimo tassello di un processo informativo che viaggia da sempre, e che non finisce in alcun modo con la fine del corpo fisico. Quindi, è un processo informativo allargato.

Personalmente sento questa visione ben più interessante di quella cattolica, che mi appare, mai come ora, limitata e poco significativa, se non inconsistente. In quest’ottica, quindi, cosa vuol dire “diritto alla vita”? Forse assolutamente nulla, o quasi: la vita è già un dato di fatto, che esprime un’informazione. Di conseguenza, il concetto di “diritto alla vita “qui appare poco significativo: questa è semplicemente un dato di fatto, come appena visto.

Credo, a questo punto, che sia il caso di spostare la questione su altre cose, più sostanziali: vale a dire, sul diritto alla “dignità della vita”. E questo vuol dire molte cose: diritto a vivere una vita degna di essere chiamata tale, diritto alla salute, e nello stesso tempo diritto a scegliere il modo che si ritiene migliore per rimanere in salute; diritto a poter trovare situazioni idonee a sviluppare le proprie capacità, diritto ad essere rispettato, diritto ad essere trattato sempre da essere umano…

i puntini indicano che l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. E afferma che, forse, è questo il vero punto focale: far sì che la vita sia dignitosa. Questo è il vero diritto alla vita: garantirne la dignità.

Poi, quando la vita non è più dignitosa, e una persona decide di chiuderla: inventarsi un Dio che solo lui la può togliere vuol dire porre una gabbia che impedisca alla persona di volare verso altri lidi, che diano davvero alla sua essenza la giusta dignità. Impedire questo vuol dire affermare il dogma, non la dignità della vita. E credo sia importante ribadirlo.

Resta però da dirimere un ultimo punto, focale di sicuro. Osservando il sito di “Worldometer”, il principale archivio di dati mondiali, vediamo che, dall’inizio dell’anno, nell’istante in cui vi sto scrivendo, sono stati effettuati 26.062.000 aborti. Un numero grandissimo. Ovviamente, è solo un numero: non si possono conoscere, in base a questi dati, le motivazioni di questi aborti, che potrebbero essere anche dettate da motivi di salute. E, a questo punto, potrebbero essere, almeno in qualche caso, anche aborti spontanei.

Tuttavia per “aborto”, almeno nell’accezione da noi utilizzata, si intende “interruzione volontaria della gravidanza”. Quindi, con esso vogliamo descrivere un atto volontario.

Ovviamente, ci possono essere dei motivi di salute alle spalle. E lì è perfettamente lecito abortire: meglio tutelare la vita di chi già c’è.

Ricordo che ai tempi del referendum il Movimento per la Vita avrebbe voluto non consentirlo nemmeno per motivi di salute: allora, per il diritto alla vita, avrebbe consentito la soppressione di una persona già viva. Anche queste sono le contraddizioni del Mondo Cattolico, che da una parte dice di difendere la vita, mentre dall’altra la sopprime, anche se non direttamente.

Le motivazioni, come dicevo, sono sempre, ovviamente, fondamentali: occorre, infatti, sapere che, dietro una scelta, ci sono sempre delle motivazioni. Che possono andare dall’impossibilità a tenere un figlio ad altro ancora. Occorre sempre vedere i motivi.

E, soprattutto, occorre sempre sapere che si ha a che fare con una vita, anche nel caso di interruzione. Perché di vita si tratta. Secondo la Cultura Tibetana, addirittura, la persona non nasce al momento in cui viene alla luce, ma nove mesi prima: infatti, al momento del concepimento, nella Tradizione Buddhista Tibetana la persona è considerata nata. Di conseguenza, interrompere una gravidanza, se non sussistono motivi di salute, è, a livello karmico, secondo questa Tradizione Spirituale, equiparabile a tutti gli effetti ad un’uccisione. Insomma: per il Buddhismo Tibetano fa poca differenza interrompere volontariamente una gravidanza, senza motivi di salute, e uccidere il bambino quando è nato: sempre di uccisione si tratta.

Ma è vero? Ce lo chiediamo e se lo chiedono in molti. In effetti, osservando un feto, vediamo che ha tutte le caratteristiche di un essere vivente. Solo, ha il fatto che vive una vita acquatica e non aerea. Passare dalla vita acquatica alla vita aerea richiede, al neonato, uno sforzo notevole.

Il buddhismo tibetano pone la terza settimana come limite in questo, aprendo quindi la strada a contraccettivi quali la pillola, la spirale, e anche alla cosiddetta “pillola del giorno dopo”.

In questo sono d’accordo: il moralismo e l’integralismo non possono arrivare sino a negare queste tecniche, che comunque permettono di evitare una gravidanza indesiderata.

In ogni caso, occorre tenere presente che si ha a che fare con una vita. E quindi, le motivazioni, devono essere davvero “davvero valide”, per interrompere questo processo che genererà un bambino. Tenendo conto che, in ogni caso, il bambino potrà anche non essere “tenuto”, ma dato in affido ad altri. Tuttavia, abbiamo verosimilmente una genetica che ci porta a riconoscere anche se un genitore è davvero “nostro”: nei bambini dati in affido, che non hanno mai conosciuto i veri genitori, sarà sufficiente dire che quelli che vedono lo sono perché “realmente” accettino questo? O, un giorno, magari nemmeno così remoto, qualcosa dentro di loro si “accenderà” e si ribellerà? Non lo possiamo sapere, e occorre pensarci. Su questo, ovviamente, lascio aperta la domanda.

Credo, però, per concludere, che “prevenire sia meglio che curare”, riprendendo un noto motto. Quindi, il modo migliore per evitare l’aborto è… evitare di rimanere incinta quando non lo si desidera.

Questo vuol dire sviluppare la conoscenza dei mezzi di contraccezione, e di come utilizzarli, compresa la “pillola del giorno dopo” se si ha qualche dubbio. Vuol dire anche, nel versante maschile, mettere il più possibile distributori di preservativi nei luoghi frequentati da giovani, come discoteche e simili. E abituare le persone ad utilizzarli.

Quello che, come dicevo, stupisce, è che il mondo cattolico si sia sempre scagliato contro l’aborto, ma nulla abbia mai fatto per diffondere la cultura della contraccezione, insegnando ad usare questi mezzi. Anzi, come dicevo, si è sempre opposto! Al punto di dichiarare, anni fa, all’idea di mettere distributori di preservativi vicino alle discoteche e simili, che “si favoriva la depravazione giovanile”. In pratica, con questa dichiarazione, aveva detto, oltre che sì all’aborto, di fatto generandone i presupposti, anche sì all’AIDS e a tutte le malattie veneree conseguenti a rapporti sessuali non protetti. Insomma: non c’è male, direi!

Le loro posizioni sull’aborto assomigliano molto bene a quelle di una persona che commercia in salumi, magari di cattiva qualità, e ne esorta al consumo in grandi quantitativi, lamentandosi poi dei problemi epatici delle persone. Oppure di qualcuno che invita alla gente a consumare pasta e dolci, e poi lotta contro l’obesità, quando il suo modo di fare, di fatto, la genera.

Insomma: il mondo cattolico pare lottare contro qualcosa che, comunque, di fatto, con il suo modo di porsi, favorisce, eliminando la prevenzione, o addirittura aborrendola.

Per questo le battaglie dei cattolici contro l’aborto non sono le mie: se si vuole combattere l’aborto, occorre lavorare sulla prevenzione, e sulle possibili alternative ad esso. Se ve ne sono (come visto, potrebbero non esservene!).

Personalmente, affermo anche in questo caso che la spiritualità apre, mentre la religione, sostanzialmente chiude nel dogma. Anche su questo preferisco essere un libero pensatore: il rispetto della vita ha molti significati e molte forme. E occorre considerarle tutte: considerarne solo qualcuna, ignorando le altre, non ha senso, e di fatto porta alla sua negazione.

Riferimenti:

Sull’aborto farmacologico e le posizioni del Ministro Speranza si può leggere l’articolo all’indirizzo:

https://www.vanityfair.it/news/diritti/2020/08/08/aborto-farmacologico-ricovero-non-serve-nuove-linee-guida-ministro-speranza

o anche su:

https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/pillola_aborto_day_hospital_roberto_speranza_polemica-5394442.html

Sul funzionamento della pillola abortiva si può vedere su “My Personal Trainer” all’indirizzo:

https://www.my-personaltrainer.it/benessere/pillola-abortiva-vantaggi-controindicazioni.html

o anche sull’articolo, datato ma sempre attuale, su “Repubblica”:

https://www.repubblica.it/salute/medicina/2009/07/16/news/ru486_come_funziona_la_pillola_abortiva-5586631/

Sul tema dei corpi sottili, per chi fosse interessato, si può leggere l’articolo di Ezio Galimberti all’indirizzo:
http://www.acam.it/spiritualita-energetica-i-corpi-sottili-e-i-chakra/

Per quanto riguarda la visione di questo tema nel Buddhismo Tibetano sono molto interessanti i lavori di Aldo Franzoni.

Il sommario dell’opera, che riguarda il Buddhismo Tibetano, lo potette trovare su:

https://www.centroyogadalmine.it/buddhopera.html

In particolare, il lavoro sul corpo sottile si trova  all’indirizzo:

https://www.centroyogadalmine.it/files/24.pdf

Il tema della morte e della rinascita, sempre parte della stessa opera, potete trovarlo su:

https://www.centroyogadalmine.it/files/24.pdf

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