Dall’inizio di giugno siamo in fase due nella gestione della pandemia. Anche il modo di produrre informazioni e notizie non poteva non risentire della parziale riapertura del paese.Stampa romana con il fondamentale supporto di 76 Comitati di redazione e Fiduciari ha fatto il punto della situazione.
Questa modalità di esercizio della prestazione (il cosiddetto Smart working) è legata alle disposizioni del governo in materia, norme che derogano la legge 2017 a iniziare dal consenso del lavoratore.
Nonostante sia consentito alle aziende “imporre” lo Smart working, la fase due evidenzia una diversa velocità di crociera.I quattro mesi trascorsi dal 9 marzo sono serviti sia ad avere più tempo a disposizione per organizzare le redazioni sia per rivendicare più idonei strumenti di lavoro.
Se confrontate questi dati con il primo questionario rilasciato da Stampa Romana troverete un ritorno più consistente al lavoro redazionale e una maggiore fornitura di servizi e strumenti da parte delle aziende per chi lavora da casa.Identico invece il risultato percentuale della consultazione sindacale prevista dall’articolo 34 del nostro contratto di lavoro.Nel giudizio stringato finale sia chi è molto felice di questa nuova modalità produttiva sia chi teme invece la decomposizione delle redazioni chiede di regolare con più puntualità il lavoro agile redazionale, cogliendone potenzialità, rischi e limiti.
Questi i risultati:
1. Quanti colleghi e quante colleghe lavorano in Smart working? 27% tutti in sw; 32% più del 50% delle redazioni in sw; 32% fino al 50% in sw; 8% tutti in redazione
2. Gli strumenti di lavoro sono forniti dalle azienda? 9% azienda 51% strumenti misti/propri
3. In fase due sono stati ascoltati Cdr e fiduciari di redazione? 78% si 22% no
4. Il giudizio sullo Smart working. 50% positivo 25% con criticità rilevanti 25% negativo
Per i risultati del primo report con relativo confronto questo il link di riferimento https://stamparomana.it/2020/06/25/lo-smart-working-nelle-redazioni-lanalisi-di-stampa-romana/
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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