Di Massimo Casali e Susanna Schivardi – Foto di Susanna Schivardi
Il Lazio, regione unica al mondo per storia, ricchezza di paesaggio e prodotti, ci offre quest’oggi una bella visita nell’azienda agricola Casale Marchese, dove il proprietario Alessandro Carletti, ancheamministratore, ci presenta la realtà storica del posto, “Casale Marchese è una delle più antiche aziende della zona del Frascati, con 60 ettari di cui 40 di vigneto e 20 di uliveto, e poggia su una parte della via Labicana dove c’era una stazione di posta. A terra si possono infatti notare alcuni simboli fallici che segnalavano i lupanari, antichi luoghi di perdizione – sorride il proprietario – poi nel 1300 appartenne alla famiglia degli Annibaldi, ed è nel 1500 che diviene dimora del Marchese Emilio de’ Cavalieri da cui Casale del Marchese, infine la nostra famiglia dall’800 diventa proprietaria del luogo”. Alessandro con estrema eleganza ci guida alla scoperta del posto, grazie a lui possiamo inoltrarci nella cantina, proprio in questi giorni di luglio, quando il sole estivo illumina il viale d’ingresso, dove si inanellano alberi di vite e di ulivo creando un mosaico di luce e colore di inestimabile bellezza.
L’enologo dell’azienda, che oltre questa segue molte altre realtà locali, il dott. Paolo Peira, ci spiega che qui si produce la Docg Frascati, l’unica Docg bianca laziale. Ci accompagna all’interno del locale dove avviene la vinificazione delle uve bianche, fiore all’occhiello dell’azienda, mostrandoci i serbatoi refrigerati dove vengono separate le uve, poi da assemblare poco prima dell’imbottigliamento. Il vigneto è molto ricco, chardonnay, trebbiano, incrocio Manzoni ne compongono la varietà, per questo è necessario tenere le uve separate.
“Il vigneto – spiega sempre il dott. Peira – si trova su una bolla di acqua che irrora il terreno rendendolo vigoroso e fertile, un terreno vulcanico e relativamente giovane, diremmo vergine, quindi bisogna provvedere in qualche modo che il ciclo non vada troppo avanti e giunga a maturazione prima dell’autunno”. In questa zona il cambiamento climatico influisce positivamente perché avendo varietà tardive come Trebbiano, Malvasia, Montepulciano e Sangiovese, ad agosto le uve sono ancora in un momento precoce e il caldo non può che aiutarne la maturazione.
“E’ stato un bellissimo settembre e a seguire un bellissimo ottobre, ha piovuto pochissimo ed è il periodo in cui si gioca tutto per chi ha uve tardive come le nostre” commenta l’enologo mentre degusta il bianco, Frascati Superiore Docg, vero protagonista del Tusculum e la cui produzione è documentata fin dall’epoca romana. Prodotto da uve autoctone malvasia e trebbiano, varietà “che hanno maturato lentamente” come ribadisce l’enologo, è caratterizzato da un colore di un bel giallo paglierino, intenso, carico, luminoso e vivace, al naso si sentono frutta matura, pesca, albicocca, melone ed ananas.
All’assaggio è un vino caldo, temperatura a parte, morbido e di grande struttura. “Un vino che rimane sulle proprie fecce mantenute in agitazione, all’inizio quotidianamente adesso ogni due settimane, poi dalle fecce si estraggono degli zuccheri infermentescibili, che danno al vino questa grande dolcezza”, ci spiega al momento della degustazione, l’enologo che ad ogni assaggio sembra immergersi nella delizia regalata dal nettare degli dei, in un percorso che, nel breve istante di un sorso, ridisegna a ritroso storia e territorio racchiusi in una bottiglia.
Andando avanti con il nostro breve excursus, assaggiamo il secondo vino, il Quarto Marchese, nome che deriva dall’antico proprietario in epoca rinascimentale, il Marchese dei Cavalieri, e che ha un’etichetta speciale per ricordare il colore stesso delle fecce. Questo vino viene imbottigliato con un anno di ritardo da un vitigno che ha oltre 40 anni e pochi grappoli per pianta, quindi presenta almeno una gradazione più alta di circa mezzo grado e rappresenta pertanto il cru dell’azienda. Si può bere fuori dal pasto, un vino che si avvicina al moscato, ad un traminer, dove prevalgono le note di agrumi amari, cedro, bergamotto, poi con nota balsamica speziata, tipica delle malvasie, che maturano molto al sole. “E’ un vino non per tutti i palati – commenta ancora il dott. Peira – molto complesso, andrebbe abbinato ad una cucina speziata con del curry come quella indiana”. Entrambi i vini sono molto sapidi, si possono bere al massimo nella seconda estate successiva alla vendemmia, non sono comunque vini con grande longevità.
“Il cannellino non nasceva come vino dolce – ci introduce alla terza bottiglia, il Cannellino di Frascati Docg – ci trovavamo infatti con le ultime vasche in fermentazione, a novembre, quando con il freddo si bloccavano i lieviti e ne veniva fuori un vino identico al Frascati, con qualche traccia di zucchero e un po’ abboccato, direi amabile”. Non sono molte le aziende che lo producono, il Casale Marchese lo fa con 10 gradi di alcol, e 50 g litro di zucchero. Un leggero gas gli dà una spinta aromatica, si sente quindi molta mineralità, odore di frutta candita, uvetta del panettone. Non è assolutamente un vino dolce, è buono con della biscotteria secca anche se molti lo consumano mangiando al pasto.
Il periodo di chiusura ha inciso soprattutto sul rallentamento nel riconoscimento della Docg, che rispetta un disciplinare attento e severo, attraverso un esame analitico e poi sensoriale, dopo i quali una commissione rilascia il numero di fascette preciso relativo al serbatoio.
La produzione dell’azienda è ricca, compresa la percentuale destinata all’esportazione, per questo si è provveduto anche alla creazione dell’etichetta, come fase finale della bottiglia, un’etichetta che possa quindi soddisfare le esigenze del paese di destinazione.
Il nostro breve viaggio si conclude attraverso l’austero cancello di ingresso, fiancheggiato da vitigni e grappoli che sembrano salutare il viandante, soggiogato e intimorito quasi dalla bellezza del posto, così maestoso, ricco di storia e di un’eleganza sobria e discreta come i proprietari del luogo e i loro prodotti.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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