Minori a rischio: adolescenti allo sbaraglio tra alcol e droghe

alcolismo

Di Francesco Longobardi – Responsabile Enti Locali di Mede@ Onlus

Sul fenomeno sociale delle cosiddette “baby gang”,voglio dirvi alcune cose, sicuramente provvisorie e parziali, che ho capito a partire dalla mia esperienza, sia come operatore del privato sociale, cofondatore e responsabile Enti Locali con delega alle aperture degli sportelli anti-violenza dell’associazione “ Mede@ Onlus“ che dal 2016 si è occupata da subito di minori, adolescenti e responsabilità genitoriale.

Adolescenti a metà, con un blackout cognitivo, una totale assenza di ispirazioni valoriali, incapaci di riconoscere la risonanza emotiva dei loro gesti, quasi sempre con povertà familiari, educative, affettive e relazionali. Voglio parlarvi della perdita della responsabilità genitoriale e del predominio di branco giovanile, configurato come aggravante.

Un genitore può perdere la potestà (più correttamente responsabilità genitoriale) quando viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio per i figli. Il giudice può pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando la madre o il padre:– abbandona o trascura il figlio;– non adempie gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione dei figli. La decadenza dalla potestà non ha carattere sanzionatorio, almeno in ambito civilistico, ma finalità preventiva volta ad evitare che condotte sbagliate dei genitori ricadano sui figli, provocando danni non solo patrimoniali ma anche e soprattutto psicologici, morali e sociali sull’intera comunità.

E poi il predominio di branco giovanile, configurato come aggravante. Ecco una volta individuato i colpevoli se hanno commesso reati in gruppo, metterci l’aggravante. Il reato di rissa come aggravato dai futili motivi. L’azione di gruppo potenzia quella della violenza individuale, cancella la coscienza morale di ciascuno. La legge del branco: le pressioni esercitate dagli amici hanno sono determinanti.

Spesso bere alcolici può essere il lasciapassare per diventare parte di un gruppo o per continuare a essere accettato al suo interno dagli altri membri. Speso ci si ubriaca per non sentirsi diversi dagli altri ragazzi che lo fanno. Il “Branco” pesta un coetaneo e posta il video sui social, riconosciuti e denunciati tutti i bulli. La loro smania di mostrare la loro “impresa” aiuta gli investigatori che li individuano tutti e subito. Mi hai ripreso?”.

E’ quanto chiede all’amico che sta girando il video uno dei componenti del branco subito dopo aver rifilato un ceffone a un coetaneo, vittima della follia del gruppo.

Il rapporto con i genitori: prima ancora di ciò che viene insegnato loro, gli esempi che i genitori forniscono ai propri figli sono fondamentali nella loro crescita. Anche rispetto al consumo di alcol conta molto il modo in cui i familiari si pongono. Un atteggiamento La  dipendenza da alcol è una delle più gravi e delle più complicate da superare, data la facilità con cui si scatena. Diversamente da quanto accade con altre sostanze, esistono numerosi locali adibiti alla vendita di alcolici e la maggior parte della popolazione li assume in modo abituale o occasionale.

L’alcol presenta severe ripercussioni su chi ne abusa, molto spesso irreversibili. L’alcolismo è una malattia grave che, se non trattata in modo adeguato, può apportare serie conseguenze a livello professionale, personale e fisico. Ottusamente proibizionista non porta molti frutti. Bisogna cercare, invece, di sensibilizzare i giovani ai rischi reali che l’abuso d’alcol può portare e soprattutto seguirli con attenzione nella fase critica dell’adolescenza, per fare in modo che le ubriacature non diventino le valvole di sfogo di mancanze affettive e problemi di natura emotiva e psicologica. Il contesto socio-culturale di appartenenza: la società ha un ruolo fondamentale. Così come è opportuno sottolineare il legame tra consumo di alcolici e occasioni di festa o svago, sarebbe anche utile rimarcare tutti i rischi che un eccessiva assunzione d’alcol può portare a breve e a lungo termine.

La risposta che spesso la politica dà è cruda: sicurezza in carcere (dicono), senza prendere in considerazione che vi è bisogno di organizzare risposte, di prevenire.

Abbassiamo l’età punibile, gridano altri.

A mio parere una società che giudica un minore e dopo averlo giudicato lo mette in carcere è una società malata che sta giudicando se stessa e la propria malattia. Bisognerebbe, secondo il mio punto di vista, innanzitutto selezionarli questi minori, non farne di tutta un’erba un fascio come accade oggigiorno: ci sono quelli che evadono l’obbligo scolastico, quelli che vivono conflitti in famiglia, che vivono nel sottosviluppo economico e sociale, vittime di vuoti culturali, di diritti negati, di politiche deboli. Ci sono, poi, i bulli che si sentono importanti e vogliono farsi notare dalla loro “comunità”; ragazzini che commettono violenze solo per affermare se stessi e marcare la propria presenza sul territorio.

E poi quelli che dalla devianza passano alla criminalità Può solo il carcere essere la risposta che mette tranquillità e sicurezza rispetto alla devianza ed alla microcriminalità? Si pensa davvero che abbassare l’età imputabile sia la soluzione?

Secondo il mio parere bisognerebbe, invece, sottrarre il minore ad un contesto familiare che lo spinge verso l’illegalità e farlo prima del reato. Dietro ogni minore che arriva a delinquere non c’è stato un adulto responsabile. Sono adolescenti a metà con genitori a metà! In alcuni casi occorre per un tempo limitato sospendere la patria potestà ed obbligarli ad un percorso rieducativo genitoriale in strutture come le case speciali dell’Infanzia e dell’adolescenza, un affidamento temporaneo e in alcuni casi fuori dal contesto di provenienza. E poi mettere l’aggravante da branco quando si commettono reati e si viene giudicati. Presi singolarmente non hanno coraggio, né carattere.

A questi ragazzi più attori sociali con integrazione della terza età, possono aiutarli a percepirsi come persone in grado di mettersi in gioco, ritrovarsi, senza passare ad un livello criminale superiore, le Case dell’infanzia e adolescenza, un contenitore di educazione civica, oltre ad insegnare l’arte e mestieri, aperte di pomeriggio, lo sport come strumento di integrazione sociale, aiutano e possono e devono essere la soluzione.

Ripartire dalle povertà economiche, educative, affettive, culturali. Essere agenti di prossimità per famiglie che non sanno della doppia vita del figlio o sono piene di contraddizioni e li assecondano i propri figli. O hanno atteggiamenti disumanizzati di chi condivide le gesta, a volte li incita ad essere “uomini con gli attributi!” Paura di perderli i figli o dettati da un godimento passivo.

Ripartire dalle periferie. Investire sulla scuola, sulla formazione professionale, sul lavoro, sulla dignità del lavoro per ogni singola persona.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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