La genitorialità positiva

La genitorialità positiva

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Tutti i genitori desiderano il benessere dei propri figli, ma non tutti hanno lo stesso stile genitoriale.

Quando Livia, 5 anni, iniziò la scuola materna, la mamma mi riferì che dopo qualche giorno, cominciò a spingere la sorellina di 4 anni, a casa da scuola. «Mi sono accorta che qualcosa non andava», mi confidò la signora. «Parlando con Livia, ho capito che iniziare la scuola, prendere l’autobus, trascorrere la giornata in gruppo, significava tanti cambiamenti». Livia trovò da sola la soluzione per sentirsi meglio: giocare indisturbata nella sua stanza dopo la scuola.

Abbiamo mai provato a chiederci cosa spinge nostro figlio a “comportarsi male”, ad adottare comportamenti provocatori, a mettersi in condizione di farsi punire? Abbiamo mai provato a metterci nei suoi panni per capire ciò che vive e gestire meglio le situazioni “difficili”?

Genitorialità positiva significa ascoltare e rispettare i bisogni del bambino. Così nostro figlio imparerà ad avere fiducia in se stesso, ad esprimere le proprie emozioni, ad agire con rispetto e a riconoscere ciò che provano gli altri. E soprattutto ad essere indipendente e responsabile delle sue azioni. Un orientamento in assonanza con i principi della Pedagogia Clinica® che mi interpella e che voglio condividere con i mei lettori.

La genitorialità positiva si basa sul lavoro di diversi ricercatori sull’importanza dell’empatia nella comunicazione. Ma anche sulle ultime scoperte riguardanti lo sviluppo del cervello secondo le quali in un bambino piccolo la regione del cervello che consente il ragionamento, la risoluzione dei problemi e la resistenza agli impulsi è ancora in fase di formazione. Lo stesso varrebbe per il sistema che controlla le emozioni. Questa immaturità del cervello spiegherebbe molti comportamenti del bambino.

Un genitore “positivo”, attento e premuroso, cerca di guidare il figlio piuttosto che di controllarlo o dominarlo. La ricercatrice e docente universitaria Marie-Hélène Gagné¹ spiega che « Il bambino è un po’ come una pianta da coltivare e il genitore un giardiniere che lo aiuta a crescere nel miglior modo possibile »

Secondo questo tipo di approccio educativo, dietro ogni disturbo del comportamento si cela un bisogno. « Un bambino di tre anni che picchia un altro bambino non è cattivo – spiega Marie-Hélène Gagné – sta solo provando frustrazione e non sa come esprimerla. Spetta all’adulto insegnargli come farlo correttamente. » Per questo sarebbe buona regola osservare le situazioni dal punto di vista del bambino per comprenderle meglio.

Noi genitori manterremmo l’autorità sui nostri figli, ma la eserciteremmo più oculatamente, con dolcezza e comprensione, sicuri di “andare nella direzione giusta”.

« Quando c’è un problema, il genitore coinvolge il figlio nella soluzione » afferma Marie-Hélène Gagné. « Il genitore cercherà di responsabilizzarlo piuttosto che costringerlo ad obbedire attraverso la paura. »

Con questo approccio si bypassano le punizioni che potrebbero ferire ed umiliare il bambino. Quando il bambino si comporta male, il genitore “positivo” gli darà una conseguenza logica o lo incoraggerà a compiere un gesto riparatore.

A coloro che lo considerano un metodo permissivo, Marie-Hélène Gagné risponde che « Un genitore positivo non lascia che il figlio faccia tutto quello che vuole. Ci sono delle regole. Tuttavia, invece che affrontare il figlio, gli chiede di collaborare. »

Nonostante non vi sia un accordo unanime su questa modalità educativa, i genitori che l’hanno adottata si dichiarano soddisfatti. Uno studio condotto su 295 genitori attesta che questo approccio pedagogico li ha fatti sentire più competenti. « I genitori affermano anche di provare meno stress e di osservare una diminuzione dei comportamenti difficili nei loro figli » sottolinea Marie-Hélène Gagné. Ricordandoci che l’educazione positiva promuove lo sviluppo di un sano legame di attaccamento tra genitore e figlio, favorendo la cooperazione del bambino.

Attenzione tuttavia a non credere di aver trovato la panacea a tutte le difficoltà educative dei nostri figli! L’educazione positiva non è un metodo miracoloso! Le crisi e i conflitti diminuiscono, certo, ma non scompaiono completamente. Non è nemmeno la chiave per fare di noi dei genitori perfetti.

Noi genitori, dobbiamo accordarci il diritto di sbagliare. È normale talvolta essere irritabili, stancarsi di dover sempre ripetere le stesse cose o reagire in modo aggressivo al comportamento di nostro figlio. La cosa importante è non perdere la fiducia in noi stessi e sforzarci di fare sempre del nostro meglio. Se ci capita di urlargli addosso per esempio, potremo sempre dirgli che abbiamo sbagliato, che non avremmo dovuto farlo e che ci dispiace. Così gli insegneremo a riconoscere i suoi errori e diventeremo un buon modello.

Seguendo questi princìpi, insomma, aiutando i nostri piccoli a crescere meglio, matureremo anche noi nel nostro ruolo adulto e genitoriale.

La prossima settimana vedremo le 7 regole d’oro per applicare quotidianamente questo approccio educativo.

¹ Marie-Hélène Gagné è vice-preside della ricerca presso la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università francese di Laval. È altresì titolare della cattedra di partnership in Prevenzione degli Abusi e ricercatrice presso il Centro di Ricerca sull’adattamento di giovani e famiglie a rischio e presso il CIUSSS del Centro della Gioventù del Québec (Canada).

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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