La demenza senile: tra cuore e cervello

La demenza senile: tra cuore e cervello

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

«Dietro a una mente che non è più quella di prima, c’è un’anima che non soffre di demenza».
Mauro Trabucchi, neurofarmacologo.

A che età incomincia la vecchiaia? A 65 anni, come si pensava fino a poco tempo fa o a 75 come hanno tendenza a pensare attualmente i medici geriatri? E quali sono gli effetti della senescenza sulle nostre facoltà mentali, considerato che il cervello raggiunge la sua massima plasticità intorno ai 30 anni?

L’aumento della vita media ha portato con se conseguenze piacevoli, certo, ma anche non pochi disagi. Per l’anziano e per i suoi familiari.

Una delle conseguenze più note è quella della demenza senile. Una sindrome, ovvero un insieme di malattie, con grave compromissione delle facoltà intellettive.

Per il Nuovo Dizionario di Psicologia¹, la demenza è un « Indebolimento delle facoltà mentali dovuto alla morte di un numero rilevante di cellule neuronali che, ridotte, non sono più in grado di consentire al soggetto di elaborare i dati della sua esperienza in modo utile a svolgere le sue attività della vita quotidiana ». In pratica, l’invecchiamento delle cellule della corteccia cerebrale.

Un fenomeno che costituisce – per il presente e soprattutto per il futuro – un importante problema di salute pubblica. Che riguarda trasversalmente una larga parte della popolazione.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, nel mondo ci sarebbero più di 55 milioni di casi di demenza, la cui forma più diffusa (60%) è la malattia di Alzheimer. In Italia attualmente sarebbero circa due milioni le persone con demenza, disturbo cognitivo o una forma di lieve declino cognitivo. Circa quattro milioni sono i loro familiari. Le cause sono molteplici e tra i fattori di rischio, oltre all’età, troviamo il sesso, la razza e l’APOE4 (una proteina che ha un ruolo cruciale nel metabolismo, svolgendo una funzione importante nella riparazione delle cellule).

Se i precedenti fattori di rischio non sono modificabili, ve ne sono altri che fortunatamente lo sono e che, sostanzialmente, dipendono da noi : l’ipertensione, il fumo, l’eccessivo consumo di alcol, l’obesità, il colesterolo, il diabete di tipo 2, l’inattività fisica, l’isolamento sociale, la depressione, l’inquinamento, i disturbi del sonno e perfino il basso livello d’istruzione.

Vi sono diverse forme di demenza: da quella con corpi di Lewy a quella frontotemporale, da quella vascolare a quelle secondarie (potenzialmente reversibili), dalla malattia di Parkinson a quella mista. Tuttavia, la forma di demenza più diffusa e nota resta l’Alzheimer. « La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500mila ammalati » secondo l’Istituto Superiore di Sanità. 

Il Dizionario di Pedagogia Clinica² definisce l’Alzheimer « La forma di demenza senile più diffusa nel mondo, caratterizzata da una perdita lenta, graduale e inarrestabile delle strutture e delle funzioni cerebrali per una progressiva degenerazione dei neuroni a cui segue il deterioramento progressivo delle funzioni cognitive con significative modificazioni della personalità e della condotta ».

In effetti la demenza senile inizia alla chetichella con disagi che possono essere confusi con il normale invecchiamento quali perdita progressiva di memoria, diminuita capacità di apprendimento e di attenzione, incapacità a formulare giudizi e prendere decisioni; fino a generare cambiamenti di personalità, ansia, depressione, sospettosità, apatìa e aggressività.

Una sindrome rosa, quella dell’Alzheimer, che pare coniugarsi soprattutto al femminile.

L’opera « L’Alzheimer è Donna, viaggio attraverso una malattia al femminile »³, coordinata dal brillante professor Fausto Fantò, geriatra, già docente universitario, si propone come un excursus capace d’illustrarcene i diversi aspetti. « Il libro è rivolto prevalentemente ai familiari-caregivers che si prendono cura del loro caro ma, gli spunti ed i temi trattati possono essere utili a chi, giornalmente deve assistere un malato affetto da demenza ».  Scritto a più mani da studiosi intelligibili al grande pubblico, ma non per questo meno preciso e dettagliato, il testo – corredato da bellissime citazioni e ricco di consigli pratici – si propone come “Un appiglio e una lancia di salvataggio, un microscopio e un telescopio” secondo il collega giornalista Gabriele Beccaria che ne ha curato la prefazione.

Il monito è quello di curare la propria salute, le proprie  relazioni sociali ed allenare il proprio cervello; soprattutto per coloro che – dedicandosi per anni ad un caro affetto da demenza – tendono fatalmente a trascurarsi.

¹ U. Galimberti, Nuovo Dizionario di Psicologia Psichiatria Psicoanalisi Neuroscienze, Feltrinelli, 2021, pag. 146.

² G. Pesci, M. Mani, Dizionario di Pedagogia Clinica, Armando Editore, Roma, 2022, pag. 26.

³ Aa.Vv., L’Alzheimer è Donna viaggio attraverso una malattia al femminile, a cura di F. Fantò (i cui proventi vanno alla Onlus Ospedale S. Luigi Gonzaga di Orbassano (TO), Voglino editrice. 

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