Di Claudio Rao
Chi di noi non si è mai imbattuto in un radar di (dubbio) controllo della velocità? Posto all’ingresso o all’uscita di un centro abitato dopo una curva dove tendenzialmente non avremmo accelerato. O lungo un rettilineo senza incroci né attraversamenti pedonali. O magari in una telecamera ben dissimulata in località dove i rischi d’incidenti paiono al guidatore medio decisamente improbabili.
Perciò la domanda sorge spontanea: quali studi hanno stabilito che proprio lì, proprio in quel punto e non in altri, la videosorveglianza fosse cruciale?
Chi di noi non si è mai interrogato sul proliferare di telecamere in ogni angolo della città, sotto i portici lungo i viali e nei quartieri chic? In luoghi pubblici frequentatissimi, lungo i parcheggi e ai semafori. Con la sgradevolissima e forse erronea sensazione che siano occhi vigili per appioppare multe più che per proteggere chicchessia. Anche perché è ancora vivo il ricordo di quel filmato negli aeroporti meneghini di responsabili della custodia dei bagagli ripresi mentre li violavano per alleggerire i malcapitati viaggiatori che non venne ritenuto dalla cosiddetta giustizia come prova a carico. Allora, a che pro?
Chi di noi (più grave ancora!) non ha constatato che, una volta cercato qualcosa su Internet, gli algoritmi ci mettono in primo piano e ci propongono continuamente gli stessi prodotti o articoli analoghi con le pubblicità correlate?
Insomma, dove sono le tanto conclamate privacy e libertà?!
Con il rapido e progressivo sviluppo dell’intelligenza artificiale, simili cose sono destinate a moltiplicarsi in maniera esponenziale.
Quali garanzie ci vengono offerte per tutelarci fronte a queste intrusioni?
Esistono dei limiti etici e giuridici per arginarne gli eccessi? Quali difese per il semplice cittadino, il signor nessuno?
Il 2020 ci ha confermato – se ancora ce ne fosse stato bisogno – del controllo totale e indiscriminato che le autorità hanno acquisito su ciascuna delle nostre vite. In barba alle garanzie di una Costituzione di cui ci resta soltanto l’involucro e la struggente nostalgìa.
Tutto è fatto unicamente per il nostro bene, ci viene detto e assicurato. Permettetemi di dubitarne...
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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