Italia: chi ci garantisce i garanti?

Italia: chi ci garantisce i garanti?

Editoriale del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso

Fino a circa 15 anni fa, anno più anno meno, nel nostro paese si poteva campare.

Non dico vivere benissimo, ma campare si e non è un discorso basato esclusivamente sui temi economici, eppure fondamentali per la buona riuscita dell’esistenza di ognuno.

Campare senza trascinarsi cupamente, giorno dopo giorno, in un caos oscuro e limaccioso, zeppo di incognite ma soprattutto, di uno stato di confusione che fa perdere il contatto con la realtà alla maggior parte dei cittadini italiani.

Cosa è vero e cosa no? Quando si può indicare un fatto come falso (quello che ormai viene tristemente denominato “fake news”)? Da che parte sta la verità? Chi ci racconta cosa e perché? Chi è garante di ciò che accade e quindi, chi ci garantisce il garante affinché qualsiasi cosa accada sia in qualche modo certificata come vera?

Chi ci garantisce i garanti?

La propaganda politica non è un sistema moderno. Fin dalla notte dei tempi le popolazioni sono state sottoposte (e sottomesse) ai racconti romanzati delle gesta o della potenza di questo o quel re o imperatore e in ogni parte del mondo.

Amplificare la realtà raccontando balle è la spiegazione sintetica del significato di propaganda politica.

Nel corso del tempo, però, alla magnificazione di gesta e situazioni, si è assistito al crollo della condizione di realtà, al punto che ormai è praticamente difficile, almeno per il cittadino comune, districarsi tra balle e verità. Come e cosa fare per non perdersi e ritrovarsi prigionieri di una gabbia invisibile ma terribilmente opprimente…?

Chi ci garantisce il garante? (in politica)

Il titolo non rappresenta una battuta di spirito bensì una questione molto seria: chi ci garantisce il garante, per esempio in politica?

E’ necessario riflettere approfonditamente su questo punto, in quanto si nota un notevole scollamento tra ciò che i contribuenti ritengono di sapere e capire di ciò che accade nel mondo della politica e che, di conseguenza, si abbatte sulla vita di ogni singolo cittadino e ciò che avviene realmente nell’inconsapevolezza, oserei dire nell’incoscienza di gran parte della popolazione.

Cosa è reale e cosa no, di ciò che accade all’interno del sistema politico nazionale, strettamente collegato al sistema politico internazionale ma, cosa ancor più importante, chi garantisce in maniera indipendente – super partes – che ciò che viene dichiarato alla popolazione sia l’espressione trasparente delle decisioni, dei fatti, delle decisioni intraprese tra le mura dei palazzi del potere politico?

Oggi basta ancora la parola? Ci si può limitare ad ascoltare le dichiarazioni pubbliche, le interviste rilasciate a noi giornalisti e agli interventi televisivi nei diversi talk show di dibattito politico^

Come può il cittadino medio comprendere se ciò che ascolta e che legge è frutto dell’onesta esposizione dei fatti oppure no? Non è difficile perché è – sarebbe – sufficiente toccare con mano se quelle parole, se quelle dichiarazioni, se quelle promesse corrispondono ai fatti reali.

Sembra strano vero, che la soluzione di un sistema di propaganda politica ormai così complesso sia in realtà alquanto semplice, eppure… Eppure, è ben più complesso di quanto ho descritto, perché se da un lato è vero, basterebbe guardare attentamente a ciò che accade e non solo seguire ciò che si ascolta o si legge, è anche vero che nelle giornate non facili che ogni essere umano è chiamato a vivere, non resta troppo tempo per verificare e quindi, la maggior parte delle persone è costretta, al massimo, a seguire un dibattito, tra le urla – sapientemente gestite dai conduttori televisivi – che servono proprio a far capire fichi secchi di quanto stia accadendo, non tanto negli studi televisivi, quanto nella realtà.

A questo punto la domanda collettiva dovrebbe esser questa: perché? Perché celare la realtà, perché propagandare anziché comunicare, per quale motivo il cittadino/contribuente non ha diritto a un minimo di rispetto per ciò che concerne l’operato di chi gestisce, o dovrebbe gestire, ogni fase della vita umana?

Perché imbellettare brutte realtà è uno degli strumenti della politica e accade in Italia come nel resto del mondo. In special modo quando le cose non vanno bene e non vanno bene a causa, spesso, della cattiva gestione della cosa pubblica.

Il cittadino medio, dal canto suo, stanco di giornate trascorse nervosamente dribblando tra i problemi quotidiani, parte dei quali derivano proprio dal sistema drammaticamente complesso e pressante di un paese come il nostro, a fine giornata di tutto ha voglia, tranne che di assimilare altre informazioni considerate “pesanti”, quelle serie in realtà, quelle che farebbero di ognuno un cittadino attivo e partecipativo, quindi libero.

Chi ci garantisce il garante? (nell’informazione)

Passiamo a un altro settore che mi riguarda da vicino, quello dell’informazione.

Dall’avvento dei M5Stelle nel panorama politico nazionale, il mio settore professionale è diventato oggetto di attacchi, violente critiche – a volte evidentemente immotivate – ma che ormai gran parte della popolazione italiana lancia contro noi giornalisti.

A prescindere.

In questo “a prescindere”, si può toccare con mano uno dei problemi che attanaglia la società moderna: la fretta e la vita di corsa. Prima di additare qualcuno di cialtroneria e falsità, sarebbe opportuno conoscere la persona, almeno un poco.

Oggi no, questo tempo preliminare non è concesso. Così, complici anche le dinamiche dei social network, che apparentemente (solo apparentemente) avvicinano le persone, ecco che chiunque acceda a un social ritiene anche di poter interloquire, anche aggressivamente, con perfetti sconosciuti. Se poi si tratta di politici, giornalisti, personaggi pubblici in generale, ancora meglio.

Al M5S non va perdonato questo sistema che ha generato un odio particolare nei confronti di un’intera categoria da cui, peraltro, mi dissocio ogni volta che lo ritengo opportuno e lo faccio sempre pubblicamente. Se, per esempio, ritengo che qualche collega non abbia onorato e rispettato la deontologia, non ho problemi a dichiararmi distante da questo genere di sistema ma non posso accettare che un movimento politico sia all’origine di un odio incontrollato, generato a suon di parole e parolacce (da parte di Grillo, fondamentalmente) per generare odio a prescindere. I social sono stati, peraltro, uno dei palchi che hanno permesso la diffusione di questa ira, di questa rabbia, di questo rancore.

I social network potevano diventare ottimi luoghi virtuali di scambio di informazioni ed esperienze e trasferimento di idee e competenze. Invece, a distanza di circa 15 anni dal loro lancio sul web, ci ritroviamo a “esistere” digitalmente ma in una sorta di stadio all’interno del quale combattiamo violente partite di Rollerball.

Rollerball è il titolo di un noto film che uscì nelle sale cinematografiche nel 1975 e ambientato nel 2017. La sintesi della trama, tratta dal sito MyMovies: nel 2017 il mondo è retto da un cervello elettronico. Non ci sono più guerre, ma per incanalare l’aggressività umana viene istituito un gioco simile a quelli gladiatori: il rollerball. Un campione di questo sport si dimostra capace di pensare e il sistema gli impone di ritirarsi perché vede in lui un potenziale ribelle. L’uomo, che si rifiuta, riuscirà a vincere i pericolosissimi incontri.

Nel film il finale è lieto ma nella vita reale – quella che stiamo vivendo tutti – non sappiamo (ancora) quale sarà il finale, ma possiamo affermare che i social sono simili alle intenzioni principali espresse attraverso la trama di questo film.

Tornando al tema delle garanzie che il sistema dell’informazione deve, o dovrebbe, garantire a ogni cittadino che vive in un paese a regime democratico, si rifletta sul peso che la politica, di qualsiasi colore essa sia, ha anche sulle linee editoriali di giornali e trasmissioni televisive.

Ho più volte, nel corso degli anni, ricordato attraverso alcuni miei articoli sul tema dell’indipendenza del giornalismo e dell’informazione in Italia (che nel 2023 è risalita dal 58mo al 41mo posto nella classifica mondiale per la libertà di stampa, mantenendosi quindi a livelli non esattamente etici) alcuni episodi eclatanti che apportano conferme sulla scarsa tendenza nazionale all’indipendenza, in politica come nell’informazione.

Qui sotto uno dei miei articoli sul tema, questo fu pubblicato nel Maggio del 2023, attraverso il quale affrontai nuovamente il tema del giornalismo, della propaganda politica e di un paio di colleghe Rai che dissero NO alla mancanza di indipendenza e trasparenza nell’informazione nazionale: parlo di Maria Luisa Busi e di Maria Annunziata:

Cosa si dovrebbe fare ma non si può fare…

Nei tre anni della pandemia da SarsCov2, mentre lavoravo ogni giorno alla mia lunga inchiesta – la prima realizzata a livello nazionale e ci tengo a sottolinearlo – ho più volte lanciato pubblici appelli al mondo della politica e al mio settore professionale, con l’intenzione di sollevare la questione dell’onestà intellettuale quando si informano i cittadini.

Ogni mio appello è metodicamente lasciato cadere nel vuoto, ma è la conferma che non sono i miei appelli a essere sbagliati bensì il sistema. Ecco una delle mie video trasmissioni sul tema, pubblicata durante la pandemia:

Ecco cosa si dovrebbe fare, tutti insieme: coordinarci per comunicare in maniera sana e trasparente, senza vincoli dettati da strategie politiche di sorta, altrimenti dobbiamo cancellare il termine informazione dai vocabolari della lingua italiana e utilizzare parole diverse, con un diverso significato.

Per chi non conoscesse ancora le tante puntate della mia inchiesta sulla pandemia qui trovate tutti i link (la prima puntata fu pubblicata il 20 marzo del 2020):

https://www.gliscomunicati.it/sezione/le-inchieste/inchieste-emilia-urso-anfuso/page/5

La domanda dovrebbe quindi essere, da parte di chi legge: perché non funziona così? Perché tanto caos, tanta confusione, così poca trasparenza nell’informazione e tanta propaganda politica?

Perché manca l’indipendenza e se manca, tutto passa al vaglio delle decisioni di chi può prenderle per tutti noi.

Come si eserciterebbe l’indipendenza? Non accettando denaro pubblico, criterio quasi impossibile a livello generale, perché i partiti politici e i giornali, così come le reti televisive, vivono di finanziamenti pubblici e ci sono leggi precise che regolano questo diritto a riceverli ma, contemporaneamente, il fatto di ricevere denaro non permette un’indipendenza nelle linee editoriali o nei programmi politici in generale.

Chi paga comanda.

Si potrebbe obiettare: ma il denaro pubblico lo versiamo noi cittadini, quindi saremmo noi a dover decidere cosa, quando, come e perché!

E’ così ma non del tutto, dal momento che il denaro è sì versato dai contribuenti, che ne perdono però il controllo nel momento in cui lo cedono affinché sia utilizzato per le spese da affrontare per il paese.

Conclusioni con un esempio pratico

La testata Gli Scomunicati, per esempio, che ho fondato e dirigo ormai da 18 anni, non riceve finanziamenti pubblici e solo da pochi mesi accoglie eventuali versamenti volontari da parte dei lettori, a partire da 1 euro in su ma tranquilli: le entrate sono davvero pochissime.

E’ per questo che posso dichiarare di essere direttore responsabile di una testata davvero indipendente che, guarda caso, fondai allo scopo di continuare a realizzare le mie inchieste perché si sa, in un paese come l’Italia, tutto si può fare tranne informare in maniera dettagliata su ciò che accade…

In politica funziona un po’ allo stesso modo: chi paga chi e per cosa? Quali gruppi di potere sono a libro paga e di chi per decidere o firmare cosa?

La domanda iniziale, quella del titolo, quindi resta senza risposta o quasi: chi ci garantisce il garante? Nessuno, perché essere indipendenti costa, fatevelo dire da chi lo è davvero e in un settore difficile come il mio, e pochi riescono ad avere il coraggio di procedere contro un sistema che, da decenni, mette a libro paga un po’ tutti, così da tacitare eventuali volontà di fare ciò che si dovrebbe: lavorare per il bene del paese e dei suoi cittadini…

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