E vissero per sempre felici e contenti?

E vissero per sempre felici e contenti?

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

«Quando ero piccola la mamma mi raccontava delle favole per farmi addormentare. Era un momento magico, tutto nostro, che ricordo ancora oggi. Le mie preferite erano quelle delle principesse che incontravano il loro principe azzurro come La bella addormentata o Cenerentola. E’ vero che se ci penso ora, sono storie assurde. Nella maggior parte dei casi le donne sembrano delle oche giulive che aspettano di essere liberate dall’amore e che sono disponibili a seguire il primo belloccio che le corteggia un po’. Se fosse davvero così, sarebbero delle belle infelici! Il mio problema è che mi sono identificata troppo ai personaggi delle fiabe e che speravo davvero d’incontrare un bello sconosciuto! C’è da dire che mio papà è morto quando ero piccola e me lo sono sempre immaginato come un prode cavaliere caduto in battaglia per difendere la sua bella. Quest’idea dell’amore romantico e platonico ha influenzato per parecchi anni la mia idea di relazione di coppia. Non riuscivo ad immaginarmi single: per me una donna, per essere completa, doveva vivere con un uomo. Paradossalmente, però, nessun uomo che incontravo mi gratificava: li trovavo tutti troppo interessati, superficiali, grezzi, poco raffinati. Insomma, cercavo il principe azzurro e non riuscivo ad abituarmi (e neppure a tollerare) i risvolti della vita di coppia: l’asse del WC non sollevato, i peli nel lavabo, l’alito pesante del mattino…»

A parlare è Fanny, 38 anni che attraverso una terapia ad orientamento analitico o comportamentale – non ricordo bene – era riuscita a “liberarsi” da questi imprinting qualche anno prima di approdare nel mio studio.

La sua storia ci offre l’occasione di soffermarci sull’idealizzazione dell’amore e sulle sue conseguenze.

L’amore romantico, passionale e cavalleresco come è presente nel nostro immaginario collettivo (rievocato continuamente nei films e nei romanzi) è un’idea tutto sommato abbastanza recente, insinuatasi alla chetichella nella concezione di questo sentimento. Esaltata dalla letteratura moderna e contemporanea da Victor Hugo a Marc Lévy, questa visione ha contribuito ampiamente a generalizzare la “Sindrome del principe azzurro”. All’origine fu la Chiesa che contribuì a fare di questo amore un mito universale per contrastare i matrimoni d’interesse e incoraggiare l’amor cortese dei cavalieri (all’epoca piuttosto sanguinari). Concezione che ha finito per radicarsi nelle coscienze e nel nostro inconscio collettivo. L’attuale società tecnologica e postmoderna, più laica ed indipendente dagli orientamenti confessionali, ne ha conservato la visione. Visione che, dopo la parentesi del femminismo, sta ritornando d’attualità con la riscoperta dei cosiddetti “valori femminili” (in opposizione ai valori “maschili”: esteriorità, dominio, rivalità). Penso alla tolleranza, alla condivisione, alla cooperazione, alla comunicazione, al valore dei sentimenti: tutti ampiamente condivisi dalla nostra cultura contemporanea. Questo spiega come, nonostante le disillusioni della modernità, l’amore sia onnipresente (perfino nelle telenovelas per ragazzi), nonostante i singles siano sempre più numerosi.

La proliferazione dei siti d’incontri su internet, le crociere o le vacanze per single la dicono lunga su come ancor oggi la coppia resti l’immagine di una vita felice. In ogni film che si rispetti i due innamorati (che siano già consapevoli o ancora inconsapevoli dei loro sentimenti) riescono sempre a coronare il loro amore per vivere per sempre felici e contenti.

Tuttavia è dopo la parola “fine” che ha inizio la vita vera! E, come spiegava bene Fanny, il regista si dimentica il quotidiano: la routine, la stanchezza, il logorío della vita di coppia. Per non parlare della malattia, dell’invecchiamento e delle relazioni non sempre idilliache con parenti ed amici. Tutte cose che rendono il quadro più complesso e articolato di qualsiasi romanzo.

Queste storie si basano su alcuni assunti “mitologici” che dobbiamo coraggiosamente sfatare per incamminarci più realisticamente, mano nella mano, verso un avvenire comune. Innanzitutto il mito che “L’amore può tutto”, che quando ci si ama si possono vincere tutti gli ostacoli. Poi il mito che “Basta amarsi davvero, intensamente, per essere felici”. In terzo luogo il mito che “Quando ci si ama si va nella stessa direzione: si pensa uguale, si vogliono le stesse cose”. Infine il mito che “Se si è innamorati, ogni giorno è il giorno più bello”, un fuoco d’artificio permanente insomma.

Previa una rapidissima distinzione tra “Innamoramento e amore”, per dirla con il sociologo Alberoni, noi qui stiamo parlando di amore a lungo termine.

Paradossalmente sono proprio questi assunti mitologici le cause principali di separazioni e divorzi.

In primis, la routine, la perdita della passione, la noia. In secundis, la relazione è data per spacciata perché “Se mi amasse davvero (l’altro!) arriveremmo a risolvere tutti i nostri problemi” (l’illusione che l’amore possa risolvere da solo tutti i problemi e che l’altro colmi le nostre carenze e risponda a tutte le nostre aspettative)

Allora, che fare? Un sano realismo e una discreta dose di disillusione ci possono sicuramente preservare dal caricare l’altro dell’insopportabile fardello dei nostri sogni e delle nostre aspettative (totalizzanti ed anche un po’ puerili).

L’importante è essere coscienti dei proprî sentimenti, trovare il tempo per esprimerseli (e non solo in extremis davanti al mediatore familiare), ritagliarsi dei momenti esclusivi di vita di coppia, imparare ad esprimersi liberamente rispettando le opinioni e i punti di vista del proprio compagno o della propria compagna. E soprattutto sapersi ascoltare (non solo sentire, ma “ascoltare”). Questo nella coscienza di essere non solo (e non sempre) degli amanti impareggiabili, ma anche e soprattutto intimi amici e compagni di strada sui sentieri spesso impervî della vita.

Ricorderó sempre una frase del noto psicosociologo Jacques Salomé che conobbi lo stesso anno di Fanny a Bruxelles, durante una conferenza: «Forse nella coppia l’importante non è rendere l’altro felice, ma rendersi felice per offrire all’altro la propria felicità».Ve la offro come compagna di strada.  

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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