Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
Logica o artistica? Manuale o musicale? Secondo la teoria delle intelligenze multiple noi non abbiamo una sola intelligenza, ma ben nove!
Il Dizionario di Pedagogia Clinica®¹ definisce l’intelligenza « Insieme delle funzioni conoscitive, adattative e immaginative ».
Anche se, come precisa il Nuovo Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti² « Non esiste una definizione univoca d’intelligenza » possiamo considerarla la « Capacità dell’individuo di comprendere e rielaborare, di mettersi in contatto con l’ambiente, di affrontare le diverse necessità che da esso provengono e risolvere le situazioni-problema »³
Alcune ricerche sull’intelligenza, stravolgono l’idea che ne avevamo e perfino gli orientamenti che avevamo acquisito noi addetti ai lavori. La vecchia teoria del quoziente intellettuale per scegliere il liceo o verificare il proprio livello in un dato gruppo socio-culturale, per esempio, sembra definitivamente superata. Gli studi sull’intelligenza emotiva dello psicologo statunitense Daniel Goleman, avevano già spezzato una lancia in favore di una visione meno monolitica e più dinamica e poliedrica del nostro modo di pensare, di riflettere, di percepire la realtà; insomma, di essere.
Le ricerche specifiche, tuttavia, ci portano ancora più lontano, superando l’idea d’intelligenza al singolare per parlare di diversi tipi d’intelligenza, anzi di diverse intelligenze tout court. La questione non sarebbe più quella del livello d’intelligenza di una persona, ma del suo tipo d’intelligenza.
Quando vi chiedete che genere di persona siete, vi definireste più razionale e matematico o fisico e corporeo? Preferite il linguaggio e l’arte della parola o le forme geometriche? Il funzionamento dei meccanismi o la musica? O magari diverse di queste cose insieme?
Ognuno dei nostri cervelli ha un funzionamento diverso, che gli è proprio.
Attraverso gli studî dei ricercatori che ci spiegano le condizioni necessarie ad un apprendimento efficace e le strutture cerebrali sottese a questo processo, possiamo dedurre l’esistenza di diversi tipi d’intelligenza in ciascuno di noi. Già negli anni Ottanta del Novecento Howard Gardner, psicologo presso l’Università di Harvard, pubblicò un libro su quelle che vengono definite le intelligenze multiple
La sua scoperta porterebbe su nove forme d’intelligenza: logico-matematica, verbale-linguistica, visualespaziale, interpersonale, intrapersonale, musicale, corporeacinestetica, naturalistica ed esistenziale. Le Ricerche di Gardner furono sostenute da studî approfonditi e ricerche in biologia dell’evoluzione, psicologia dello sviluppo cognitivo e neuropsicologia e sostanziate da pratiche su pazienti con ferite ad alcune aree del cervello.
Pur riconoscendo una buona base di predisposizione ereditaria per ognuna di queste intelligenze, Gardner insiste parecchio sull’importanza delle esperienze educative e culturali. Le intelligenze del nostro cervello funzionerebbero in parallelo e simultaneamente, come i sistemi operativi di un computer. Esse sarebbero complementari e opererebbero contemporaneamente, anche se in alcuni momenti l’una o l’altra tenderebbero a prevalere.
Ciascuno di noi possiederebbe tutte queste intelligenze ma, come per la lateralizzazione destra/sinistra, certe forme d’intelligenza sarebbero più dominanti ed altre meno.
Questo non ci impedisce affatto di sviluppare quelle “in secondo piano” attraverso opportune stimolazioni, esattamente come avviene per la lateralizzazione. Se sono destrimano posso comunque servirmi della mano sinistra e, allenandomi, acquisire perfino una discreta abilità. Tuttavia nelle situazioni più spontanee o in cui sono maggiormente teso o ansioso sarà la mano destra a riprendere il controllo della situazione. Lo stesso avviene con le nostre intelligenze. Noi le possediamo tutte, ma a causa del nostro bagaglio genetico, della nostra cultura, delle nostre esperienze e della nostra storia individuale certe sono diventate dominanti rispetto ad altre. Quelle che sollecitiamo di meno rimangono in stand-by.
Scoprirle, riconoscerle, incoraggiarle potrebbe aiutarci a servircene meglio e soprattutto ad individuare le circostanze, i lavori che necessitano di una piuttosto che di un’altra evitandoci un dispendio di energie inutile e inefficace. Dalla sua pubblicazione nel 1983 (edizione italiana: « Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento »), la teoria di Gardner, nonostante le critiche del mondo accademico, è stata adottata da diverse scuole nei cinque continenti. Secondo questo studioso, la conoscenza di questa teoria aiuterebbe gli adulti (genitori ed insegnanti, in particolare) a considerare il bambino in maniera diversa, più attenta e positiva, favorendo pratiche pedagogiche alternative, capaci di valorizzarne le potenzialità. E, di conseguenza, capaci di stimolare lo studente ad una trasformazione radicale del proprio modo di porsi fronte alle materie e agli argomenti da studiare. Con importanti conseguenze anche sulla condotta e sul comportamento!
L’80% delle scuole che hanno adottato questa teoria trasformandola in una pratica educativa della trasmissione delle conoscenze e dell’acquisizione del sapere in seno al progetto “Harvard Project Zero”, testimoniano che gli studenti con difficoltà d’apprendimento ne hanno ricavato un miglioramento negli apprendimenti, nella motivazione allo studio, nello sforzo, nell’impegno e perfino nelle relazioni sociali.
Una prospettiva che favorirebbe un approccio psicopedagogico più congeniale al discente e la messa in atto di strategie d’insegnamento-apprendimento più rapide ed efficaci.
***Immagine di copertina: si tratta dello screenshot dell’immagine iniziale del seguente video https://www.youtube.com/watch?v=AQRd2lsFRiw
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