Cà du Ferrà e l’annata 2023 firmata Graziana Grassini

Cà du Ferrà e l’annata 2023 firmata Graziana Grassini

A cura di Susanna Schivardi e di Massimo Casali

Assaggi annata 2023. L’enologa Graziana Grassini entra in azienda e si fa subito sentire. Mare in bocca e pienezza del sorso, il gusto si amplifica e l’eleganza traghetta i vini Cà du Ferrà verso l’eccellenza.

Siamo a Roma con Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta, titolari dell’azienda vinicola Cà du Ferrà e parliamo di vino ligure, esattamente quello che viene prodotto a Bonassola (La Spezia), una perla a ridosso sul mare, circondata da un paesaggio che abbraccia Corsica, Capraia, Elba, a ponente le Alpi Marittime, il Monviso, scorrendo verso Punta Ala.

Un luogo che Davide ama definire un punto di incontro tra la verticalità e l’infinito, un continuo sali scendi di terreno che varia a seconda della vicinanza o meno dal mare, tra ripide alture che spingono ad una viticoltura eroica, per raccogliere i migliori grappoli. Da 50 a 200 metri, la stratificazione è la parola che accompagna oggi questa nostra incursione nell’annata 2023, firmata Graziana Grassini, enologa di fama internazionale, entrata da poco a far parte della famiglia Cà Du Ferrà che, ricordiamo, significa casa del ferro, perché qui, un tempo, venivano rifatti i ferri ai cavalli.

Il sogno dell’azienda nasce dalla visione dei genitori di Davide, che recuperano i vecchi vigneti, un territorio ricchissimo di minerali caratterizzato dai muretti a secco, che va dalla tipica sgretolatura del Flysh alla compattezza dei terreni più alti ricchi di carbonato di calcio. Dal primo vino che porta l’etichetta 2016 alla produzione di oggi, 30mila bottiglie che si spera diventeranno 50mila e non di più, il passo è stato veloce e determinato. Davide e Giuseppe si incontrano tanti anni fa e subito si crea una sinergia produttiva e costante. Davide avrebbe fatto il magistrato e la sua abilità comunicativa è cristallina e veloce, Giuseppe ha la capacità manageriale e gestionale per portare avanti un discorso aziendale complesso che vuole coniugare una filosofia legata alla territorialità e anche un messaggio innovativo, per una Liguria che ha tanto da raccontare.

I loro vini ricordano il viaggio, l’inoltrarsi in terre sconosciute, un vero miracolo naturale quello che avviene su queste sponde, dove il mare al tramonto luccica sulle increspature e la salinità riverbera in ogni sorso. Questi luoghi sono simbolo della partenza, delle grandi spedizioni alla scoperta del nuovo mondo e come non potrebbe essere altrimenti per una viticoltura che tende sempre al massimo, all’eccellenza. Ma andiamo agli assaggi, nella splendida cornice romana di una terrazza sul Pantheon, tra tetti, cupole e tavolozza di colori unica nel suo genere. L’aria primaverile riverbera tra le bottiglie, e i sentori si esaltano in un vortice di armonia e appagamento. Bonazolae Colline di Levanto bianco Dop, 2023, da uve raccolte sulle parcelle più basse dell’azienda, proprio di fronte al mare, per un intreccio di tre varietà, il Vermentino in prevalenza, l’Albarola che dona compattezza e una minima percentuale di Bosco, uva vigorosa.

Il vino è frutto di microvinificazioni, tagli e assemblaggi finali, almeno 48 ore di freddo e poi pressatura soffice, a cui segue il batonnage per tre mesi. Davide chiama questo vino una ballerina sulle punte, effettivamente richiama una ricca complessità mantenendo forte l’eleganza e l’equilibrio tra olfatto e gusto. Troviamo una spinta acida notevole e più vigore rispetto all’annata precedente, il sorso prende corpo e il vino risulta di una bella persistenza sul finale. Segue Magia di Rosa, Liguria di Levante Rosato IGP, 2023, un rosato che a noi piace molto, a partire dal colore rosa tenue, buccia di cipolla, elegante come il vino. Le tre uve sono Sangiovese, Vermentino nero e Syrah, condotte a 230 metri con una pendenza del 35%, dove un fazzoletto di un ettaro si compone di sei varietà diverse. Le uve non fanno macerazione, la pressatura è soffice, previsto il batonnage. Il naso è complesso, si evidenzia una forte mineralità accompagnata da freschezza e una certa vena speziata che si ritrova al gusto. La lunghezza e la rotondità di questo vino ci entusiasmano, la nota tattile in bocca che regala presenza ad ogni sorso. La tecnologia in azienda è totalmente all’avanguardia, grazie alla visionarietà dell’agronomo Gabriele Cesolini, un apparato di indicatori meteo e di calcolatori dell’indice di calore in base alla traspirazione, con l’apporto protettivo di reti antigrandine. Queste solo alcune delle accortezze necessarie per evitare i danni causati dalle condizioni meteo, il caldo eccessivo e le grandinate improvvise.

Veniamo al Luccicante, Colline di Levanto Vermentino Dop 2023, un vino che è narrazione di un luogo, di un’idea, di un obiettivo. La macchia mediterranea qui è mirabilmente racchiusa nell’olfatto e nel gusto, la brezza marina, la sapidità sempre molto presente. Il palato si allarga, i sentori riempiono bocca e naso, impressionante la potenza di questo vino, l’eleganza estrema, la lunghezza infinita. Sembrano rivivere qui anni e anni di ricerche, la solidità delle convinzioni, la destrezza di un’enologa che ha saputo interpretare questo regno vinicolo magnificamente. Le uve provengono da una placca marina che ha creato una zolla di 450 metri e che in 24 anni è stata recuperata secondo i vecchi disegni. Una vigna straordinaria, ricca di terra rossa piena di ferro e argilla, sali e sedimenti marini. Un vero e proprio Cru. Le escursioni termiche aiutano con giornate molto calde e nottate fresche. Qui sentiamo il frutto, non la frutta, il sale della roccia, è un’immersione viva nel territorio, un viaggio infinito verso l’orizzonte al tramonto, quando i raggi solari luccicano e creano una magia.

Dedicato al nonno Angelo è ‘Ngilù, Colline di Levanto Rosso DOP, 2022, un blend di Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot, Granache, Vermentino Nero e Syrah. Un vino rosso molto succoso, nato dai vitigni tipici del Mediterraneo. Fa solo acciaio e si abbina bene a piatti piuttosto grassi.

Terminiamo il pranzo con due vini passiti. L’Intraprendente, Liguria di Levante, Passito bianco IGP, da uve Bosco, Vermentino e Albarola, che già dall’etichetta racconta molto di Davide. Un bambino che cerca di pescare ritratto di spalle. Le uve vengono raccolte e messe in cassette per l’appassimento di tre mesi. Ci vogliono sei giorni per la sgranatura a mano; fermentazione sulle bucce; ricorda la lavorazione dello Sciacchetrà ma è molto più fresco. Un vino profondo, con un finale sapido che smorza la dolcezza e lo rende elegante e molto piacevole in bocca.

Il 17 maggio è il compleanno di Giuseppe e a lui è dedicato il Diciassettemaggio, Ruzzese, Liguria di levante Passito bianco IGP, da Ruzzese, vitigno molto antico, prefillosserico, e recuperato alla memoria proprio grazie agli studi degli ultimi anni e a un vivace contributo che Cà du Ferrà opera in questo senso. La vendemmia è tardiva ma l’acidità rimane intatta e compensa i 230 grammi litro di zuccheri. Un vino lungo, armonico, nobile, che racconta di viaggi per mare, come il colore della sua bottiglia immersa nel Pantone turchese pastello.

Una cartolina ad accompagnare il viaggiatore in questo itinerario, partendo proprio dalla stratificazione, concetto a cui Davide e Giuseppe sono molto legati. “Abbiamo lavorato sommando elementi apparentemente diversi, a volte anche frivoli, legandoli scientificamente tra di loro per generare una nuova idea, precisa e determinata”. Il racconto di un viaggio, e l’adesso, “Memoria. Sensi. Immaginazione. Scienza. Viaggio”.

Molte sono le novità del 2025, tra cui un Ruzzese in veste insolita. Ma non spoileriamo e attendiamo con ansia le nuove uscite!

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