Calcio giovanile: Intervista esclusiva a Matteo Villa, giovane allenatore pulcini dell’Accademia Inter

Calcio giovanile: Intervista esclusiva a Matteo Villa, giovane allenatore pulcini dell’Accademia Inter

Intervista a cura del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso

Matteo Villa ha 21 anni e da 3 anni è allenatore di Calcio. Da un anno è l’allenatore dei Pulcini dell’Accademia Inter. Contemporaneamente all’attività calcistica, Matteo studia presso la facoltà di Linguaggio dei Media dell’Università Cattolica con l’obiettivo di diventare giornalista sportivo. Non è tutto, perché questo giovane ha intrapreso anche gli studi presso la facoltà di Scienze Motorie (indirizzo calcio) per accedere ai patentini che gli permetteranno di diventare allenatore professionista. L’ho incontrato per scoprire alcuni aspetti della sua attività sportiva e del mondo del calcio giovanile.

Cosa significa allenare in una squadra così importante come l’Accademia Inter?

Allenare in una società strutturata e importante come l’Accademia inter è per me motivo di orgoglio e di grande responsabilità. Inoltre, potermi confrontare con altri istruttori, persone con maggior esperienza, è un motivo di crescita sia a livello tecnico sia a livello personale.

Quali sono state le ragioni che ti hanno spinto a intraprendere il percorso per diventare allenatore?

Come molti ragazzi, ho iniziato a praticare calcio fin da piccolo, ma, sfortunatamente, ho smesso di giocare relativamente presto. Continuavo ad avere una forte passione per questo sport senza riuscire, però, a indirizzarla in modo concreto finché, qualche anno fa, c’è stata l’occasione di iniziare un percorso nuovo: quello di istruttore. In Italia, per un giovane allenatore che non ha giocato ad alti livelli intendo, non è facile né emergere né iscriversi ai patentini che la Figc propone; però tramite lo studio è possibile scalare le graduatorie, ed è per questo motivo che sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie a Indirizzo Calcio.

Matteo Villa sul campo durante gli allenamenti

A tuo parere cos’è fondamentale insegnare, anche a livello tecnico, nella categoria Pulcini?

Nella categoria Pulcini penso sia molto importante continuare a lavorare sui fondamentali del calcio, quindi passaggio, tiro in porta e aspetti coordinativi. In particolare, nell’annata che seguo, lavoriamo molto sull’1VS1, cercando di affinare le tecniche di dribbling, e sul 2VS1, introducendo il concetto di gioco di squadra e di relazione tra i ragazzi. In aggiunta, c’è un lavoro continuo sul binomio tra ragazzo e sensibilità della palla, con lavori specifici sul controllo palla e trasmissione.

Quando si è così giovani, spesso si ha una delusione dopo aver perso una partita o aver giocato male: come consigli di affrontare al meglio una delusione post partita?

Può capitare di esser delusi dopo una partita persa, soprattutto se in campo non si è riusciti a mostrare tutte le proprie qualità. Possono capitare giornate meno brillanti e penso che la cosa più importante sia far capire ai ragazzi che è normale non esser sempre perfetti e che bisogna saper accettare questa cosa per non vivere in modo troppo negativo queste giornate. Inoltre, giocando ogni settimana, c’è la possibilità di “riscattarsi” subito, quindi l’obiettivo è trarre dalle partite meno buone un insegnamento per evitare di commettere gli stessi errori in futuro.

Qual è la qualità che osservi e apprezzi di più in un giocatore?

Le due qualità che rubano maggiormente l’occhio sono la velocità e l’abilità che un giocare ha nel dribbling. Personalmente, però, sono più attratto da quei giocatori che fanno dell’intelligenza e della visione di gioco la loro arma; quei giocatori che anche se non segnano, sono indispensabili per la struttura della squadra. Un esempio è Sergio Busquets, di cui spesso si diceva: “Se guardi la partita non si nota, ma guardando lui riuscirai a capire la partita”.

Ti ispiri a un allenatore in particolare?

Nel panorama calcistico attuale stanno emergendo molti giovani allenatori, tutti accumunati dalla volontà di proporre un calcio più offensivo; un calcio in cui è più importante lo spazio che un giocatore occupa durante la partita rispetto al suo ruolo iniziale. Mi ispiro a questo tipo di approccio, che ha come obiettivo imporre la propria identità di gioco privilegiando la libertà di scelta dei giocatori piuttosto che basarsi solo su schemi prefissati.

Cosa reputi importante di voler trasmettere ai ragazzi che alleni?

Allenando ragazzini di 10/11 anni penso sia molto importante, oltre all’aspetto tecnico, trasmettere i giusti valori. Il più importante è il rispetto sia dei propri compagni di squadra sia della struttura in cui ci si trova, quindi spogliatoi e materiale d’allenamento. Inoltre, un concetto a cui do particolare rilievo è la fatica; è importante che i ragazzi capiscano che dei buoni risultati si possono ottenere solo facendo fatica durante ogni allenamento; in questo senso creare un’esercitazione ad alta intensità e con poco recupero serve, anche, a sviluppare questo concetto.

Quali sono le caratteristiche che si valutano in un ragazzo in un settore giovanile?

Sicuramente nella valutazione di un ragazzo hanno un peso specifico le sue qualità genetiche, come la velocità, la potenza e la fisicità. Qualità che, nel corso degli anni, possono esser migliorate anche da chi non è dotato particolarmente ma con maggior difficoltà rispetto, ad esempio, alla coordinazione o alla posizione in campo. Oltre all’aspetto tecnico, viene valutata anche l’attitudine e il comportamento del ragazzo all’interno del gruppo squadra.

Quanto conta il risultato e quanto influisce sui genitori di questi ragazzi?

Parlando di ragazzini molto giovani, da parte mia così come della società, il risultato è un aspetto secondario; è molto più importante quello che viene fatto vedere in campo ed eventuali miglioramenti che si vedono partita dopo partita. È chiaro che alla base degli sport ci sia la competizione e quindi la volontà di dimostrare di esser più forti degli avversari, e finché questa rimane sana è anche una spinta in più per far bene. Non va dimenticato, però, che i ragazzi in campo devono divertirsi e giocare con la consapevolezza che, se dovessero fare un errore, non succederebbe niente.

Esiste il bullismo anche fra i giovani che alleni e in caso affermativo, quali consigli senti di dare per starne alla larga?

Il bullismo è un tema molto delicato, fortunatamente non mi sono mai capitati casi di questo tipo anche grazie al rigido regolamento che vige in Accademia, in cui il comportamento corretto dei ragazzi è un aspetto fondamentale e prioritario. Se dovessero succedere casi del genere, la cosa più importante è di non trattarli con superficialità e intervenire in modo deciso fin dall’inizio per stroncare sul nascere ogni atteggiamento sbagliato.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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