Ilaria Salis, suor Piera e la dignità umana

Ilaria Salis, suor Piera e la dignità umana

Di Claudio Rao

«Lei che è giornalista, cosa ne pensa della vicenda di quella ragazza in catene davanti ai giudici?» mi interroga suor Piera, cottolenghina. Lei che per vocazione si occupa delle persone marginalizzate dalla società dei benpensanti è fortemente interpellata dalla vicenda di Ilaria Salis.

Ricordiamo i fatti. Incarcerata da un anno in Ungheria, Ilaria Salis,  insegnante trentanovenne, rischia 11 anni di carcere per una duplice aggressione con una prognosi di cinque e l’altra di otto giorni.

Le due presunte vittime non hanno sporto denuncia (fonte ANSA). 

Da quanto sappiamo, le condizioni di detenzione sono state tutt’altro che rispettose, tanto che il padre parla di “torture”.  La donna, originaria di Monza e detenuta a Budapest in un carcere di massima sicurezza, è passata all’onore delle cronache per essere stata condotta in tribunale incatenata, ammanettata e con i piedi legati. 

Non è nostra intenzione entrare nel merito né a livello processuale nè penale, anche se la presunzione d’innocenza dovrebbe essere il fondamento e il coronamento di ogni procedimento giudiziario.

Ciò che però possiamo e vogliamo affermare è che la dignità umana deve essere rispettata a prescindere.

La Storia, maestra inascoltata di vita, ci insegna che il genere umano ha progredito nei castighi e nelle pene¹ sia a livello individuale che sociale e che nel XXI° secolo, nella nostra civilissima Europa, speravamo che certe pratiche appartenessero definitivamente al passato. La realtà dei fatti ci dimostra che non è così.

Lasciateci almeno la libertà d’indignarcene.

¹ La lettura o rilettura del classico « Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene » ci potrà illustrare l’equilibrio e la lungimiranza in un campo delicato e complesso, stimolando opportumamente la nostra riflessione a riguardo.

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