Primo, secondo e terzo

Primo, secondo e terzo

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Primogenito, secondogenito, ultimogenito. Quanto il nostro ruolo familiare influenza il nostro carattere e la nostra personalità? 

Il Dottor Claudio Rao introduce in video il contenuto dell’articolo

Il nostro carattere e la nostra personalità sono indubbiamente influenzati dai nostri vissuti infantili e il posto che occupiamo in famiglia per età e ruolo assunto sembra giocare un ruolo preponderante.

«Ho due figli. Uno diverso dall’altro. Due persone talmente diverse che sembrano provenire da due famiglie distinte! Invece hanno avuto lo stesso padre e la stessa madre, sono vissuti nello stesso quartiere, hanno frequentato la stessa scuola, la stessa parrocchia… »

Non è necessario aver studiato psicologia o approfondito lo studio dell’età evolutiva per capire l’infondatezza di affermazioni come la precedente. Sappiamo tutti come cambiamo da un anno all’altro, da un’esperienza all’altra, da una relazione all’altra. Non siamo le stesse persone con tutti i nostri amici; gli stessi individui con tutti i nostri parenti; gli stessi genitori con tutti i nostri figli. Perfino la nostra vita di coppia subisce alterazioni e cambiamenti che ci portano a non essere più gli stessi dopo uno, cinque o dieci anni di vita comune!

Allora come e quanto il ruolo famigliare influenza il nostro modo di essere e di diventare? L’interesse dei ricercatori sembra più polarizzato sul tema rispetto al passato.

Ciascuno di noi nasce in una famiglia, in seno ad una data società e una data cultura. Diversi fattori entrano dunque in gioco nella strutturazione della nostra personalità. Una sorta di crocevia tra genetica, educazione, tradizioni familiari e culturali e vissuti esperienziali.

Non sono a conoscenza di ricerche sociologiche di un certo spessore  relative all’impatto del rango familiare sulla psicologia individuale. Tuttavia, per formazione ed esperienza, sono convinto che il ruolo che abbiamo in famiglia incida sul nostro carattere e la nostra personalità.

La maniera in cui veniamo educati dai nostri genitori e le relazioni che abbiamo con gli altri membri della nostra cerchia familiare non sono le stesse per il primogenito, il mezzano o l’ultimogenito.

Senza bisogno di scomodare Freud ¹, padre della Psicoanalisi, possiamo affermare che molto si gioca a livello implicito, non verbale e perfino inconscio. A seconda del posto occupato in famiglia.

  • Il primogenito: il responsabile e il capofila.

Il primogenito è colui che permette alla coppia di accedere alla genitorialità. Conferisce alla diade il ruolo di genitori.

Nella maggior parte dei casi è voluto, atteso e genera sorpresa e meraviglia.

Con lui (o lei, evidentemente!) tutto è nuovo e diverso. Ricopre un ruolo che nessun altro avrà più: godersi i genitori tutti per lui, polarizzandone l’attenzione e l’amore. Almeno fino all’arrivo del secondo! Questa nuova nascita gli farà perdere lo status privilegiato di figlio unico.

In tal caso genitori dovranno ingegnarsi per evitargli una sensazione di abbandono. Cosa che, durante l’infanzia, potrebbe favorire la nascita di relazioni fraterne tese o conflittuali. Ma le cose miglioreranno dopo la nascita del terzogenito.

In una famiglia con più figli i genitori daranno più responsabilità al primogenito. Cosa per lui non facile. Se madri e padri saranno troppo rigidi, il bambino potrà sentirsene oppresso e ciò genererà conflitti e ribellioni.

E in età adulta? L’aver mostrato l’esempio a fratelli e sorelle e ricoperto più responsabilità durante l’età evolutiva crea un “imprinting” nel loro modo di essere in coppia e di educare i propri figli. I primogeniti sono persone che tendono a dirigere gli altri e possono mostrarsi autoritari. Nella loro infanzia, infatti, sono stati piuttosto incoraggiati a guidare i più giovani.

Avendo avuto dei genitori più autorevoli che con gli altri fratelli, i primogeniti adulti temono l’insuccesso e si preoccupano di non deludere mai i propri familiari. Nella loro giovane età infatti sono stati spinti alla riuscita e invitati a indicare sempre l’esempio da seguire ai propri fratelli.

  • Il mezzano: il non amato ambizioso.

L’arrivo del secondogenito modifica l’organizzazione familiare. Con lui i genitori imparano a prendersi cura di due figli ed il maggiore ad assumere il ruolo di fratello o sorella.

Anche se è stato desiderato, il secondogenito non provocherà più le attese e l’incanto del primogenito.

Possiamo considerarlo come il figlio della disillusione. I genitori hanno già scoperto la genitorialità, se ne occupano in maniera più meccanica e – secondo alcune teorie psicologiche – sono inconsciamente meno coinvolti affettivamente rispetto al primogenito.

Per questo il più giovane può aver l’impressione di ricevere meno affetto ed attenzioni e di mobilizzare meno le energìe genitoriali.

Come contropartita papà e mamma saranno più indulgenti con lui, che riuscirà a passare più facilmente tra i paletti delle regole familiari. Nel caso di marachelle comuni, infatti i genitori saranno più attenti e severi col figlio maggiore.

Avendo beneficiato di un’educazione meno rigida, i figli più giovani sviluppano un carattere più aperto e tollerante.

Come per il primogenito, la nascita di un terzogenito rivoluziona la vita del secondo: o riuscirà a trovare il suo posto tra un fratello maggiore (considerato un esempio) e il nuovo “piccolo di casa”, oppure tenterà di ritagliarsi un ruolo di mediatore tra i due.

Cercherà d’imporsi in famiglia, di emergere. Questo potrà vederlo nel ruolo di ribelle per attirare l’attenzione o, al contrario, brillare nei risultati scolastici.

In età adulta – se i genitori sono più attenti agli altri due figli – la tendenza alla ribellione del “figlio di mezzo” potrà persistere e confermarsi.

Una tendenza dei figli mezzani è quella a sviluppare una certa ambizione con un discreto successo professionale, molto gradito dai genitori.

  • L’ultimogenito: il piccolo di casa, l’iperprotetto.

Nascere per ultimo conferisce un ruolo particolare, ma meno privilegiato di quanto possa sembrare. L’ultimogenito viene spesso considerato il beniamino, “il cocco di casa”, anche se molto dipende dal sesso.

Se l’ultima è la prima femmina, sarà tendenzialmente accolta come una principessina. Incoraggerà una relazione e un’educazione nuova e diversa, ma proporrà nuove problematiche. Susciterà la gelosia dei fratelli maggiori che le rimprovereranno di rubare loro l’amore genitoriale e potranno allearsi contro di lei, dandole un sentimento di esclusione. Analogamente se l’ultimogenito sarà l’unico maschio.

A livello educativo il beniamino sarà spesso allevato come se fosse figlio unico. Le regole imposte ai più grandi saranno meno rigide per lui, più protetto e tutelato.

Ancorché privo di grosse responsabilità, il più giovane potrà sentirsi soffocare da genitori e sorelle o fratelli maggiori iperprotettivi. Un contesto che non lo aiuterà nella conquista dell’autonomia e dell’indipendenza.

Gli ultimogeniti adulti non tollereranno persone poco accondiscendenti, avendo sperimentato pochi divieti e dinieghi durante la loro infanzia.

¹ Sigmund Freud attribuiva grande importanza all’ordine di nascita dei figli. Riteneva che ciò esercitasse una grande influenza sulla formazione del carattere, sui processi di identificazione e sulla configurazione delle nevrosi.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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