Prontuario della Distensione: Liberarsi dalla ruminazione mentale

Prontuario della Distensione: Liberarsi dalla ruminazione mentale

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Immaginate di trovarvi in auto o sul metrò, o anche semplicemente alla finestra di casa. Piove, il tempo è uggioso, le pubblicità radiofoniche si susseguono a tamburo battente. Il vostro morale è a terra. Un passante vi ricorda vostro padre con cui da diversi mesi avete rotto i ponti. Così, per la quinta volta della giornata, ricominciate a pensare ai motivi della vostra lite. E continuate a ripetervi che in fondo è tutta colpa sua. Che vi manca. Ma che non è mai stato presente quando avevate bisogno di lui. Che qualcun altro avrebbe potuto capirvi, ma che siete rimasti soli. Come sempre.

La ruminazione interiore è una forma d’introspezione… che subiamo! Una forma di attenzione passiva e ripetitiva a emozioni e pensieri negativi.

Secondo la dottoressa Cristina Rubano, psicologa « La ruminazione mentale è una modalità di pensiero ridondante e ripetitivo con cui si ripercorrono passivamente con la mente episodi che hanno causato rabbia e impotenza ». ¹

L’intenzione del ruminatore è quella di liberarsi dalla difficoltà. Il problema è che, così facendo, ci si impantana!

La ruminazione interiore, come precisa Cristina Rubano, è una forma di passività che ci impedisce ogni evoluzione. Un po’ come se fossimo in poltrona col telecomando in mano a fare zapping da un programma deprimente all’altro sperando di tirarci su di morale! Così passiamo da un pensiero (negativo) all’altro senza mai liberarcene.

A causa di questo processo, i nostri problemi ci invadono progressivamente la mente facendo scivolare i nostri pensieri verso tristezza e depressione. Stimolando l’aumento del cortisolo, l’ormone dello stress.

Pensare a un problema che ci affligge, non equivale però sempre a “ruminare”.

Vi è una gran differenza tra il dirci per esempio: « Oggi il capo mi ha umiliato davanti ai colleghi. Sono stato un autentico imbranato, incapace perfino di rispondergli qualcosa! » e « Perché sono rimasto stordito fronte ai rimproveri del mio capo? Cosa mi ha impedito di ribattere? ». Nel primo caso mi pongo come spettatore passivo della mia propria impotenza, svalorizzandomi. Nel secondo, mi sforzo di prendere le distanze e di analizzare la situazione, postulando una risposta o un atteggiamento diverso.

Quest’ultimo approccio, inoltre, genera emozioni e vissuti negativi molto più facili da sopportare.

Qual è la differenza tra coloro che tendono alla ruminazione interiore e coloro che formulano riflessioni più costruttive? Come mai in certi periodi riflettiamo, mentre in altri rimuginiamo?

Globalmente potremmo dire che la differenza sta nella nostra convinzione di dominare o meno le nostre reazioni, i nostri comportamenti, la nostra vita.

Più saremo convinti di poter impattare, influenzare, controllare la nostra quotidianità, più tenderemo a elaborare riflessioni e approcci positivi. A pensare: « Questa volta non ce l’ho fatta, ma alla prossima occasione potrei fare/dire… ».

Se invece saremo tendenzialmente fatalisti, se siamo intimamente convinti che qualunque cosa faremo, nulla cambierà tenderemo a rifugiarci in una sterile ruminazione mentale.

Staccare la spina, riuscire a rilassarsi, a distendersi implica evidentemente l’accettazione che non riusciremo mai a controllare tutto al 100%. Ma dal non controllare tutto al non controllare niente la differenza è enorme!

Non confondiamo l’impotenza reale, con l’impotenza acquisita. Ruminazione interiore ed impotenza acquisita sono sovente legate a doppio filo. Il primo filo è la convinzione di non poter controllare la situazione, di doverla subìre senza alcun margine d’azione. Il secondo è la sensazione di “permanenza”, ovvero l’idea che questa nostra impotenza è stata, è e sarà sempre presente (Succede solo a me; mi capita sempre; non riuscirò mai a…).

Nel primo caso dobbiamo accettare che non sempre scegliamo ciò che ci capita, ma che abbiamo il potere di riflettere, d’interpretare la situazione e di optare per l’atteggiamento che ci sembra più adeguato. Ho conosciuto paraplegici che con la loro grinta e voglia di vivere, confortavano persone fisicamente valide sull’orlo di una depressione!

Nel secondo caso (l’idea di permanenza), il suggerimento è quello di riflettere sinceramente e a 360° sulla propria situazione: « è proprio vero che mi capita sempre?! ». Creando così un benefico squarcio nel velo di Maya delle false certezze che ci cantonano all’impotenza.

Il problema delle “ruminazioni mentali” è che sono “passive”. La soluzione è trasformarle in riflessioni attive, rendendo volontario ciò che subiamo in maniera involontaria.

Per concludere, una tecnica suggerita da una collega formatrice francese, esperta in “crescita personale” (développement personnel).

« Prova a scegliere un momento della giornata in cui decidere di ruminare! In auto, in tram o a casa tua. E, al posto di ripiegarti su te stesso, tieniti dritto impugnando i tuoi pensieri. Poi scegli che cosa ruminare. Le pessime relazioni con tua madre, la frustrazione al lavoro, lo stato di tensione permanente con la tua collega… Pensaci intensamente per cinque minuti (puoi mettere un timer) e resta concentrato unicamente sul problema scelto, evitando ogni distrazione. Vedrai che in breve tempo ti toglierai il vizio di ruminare!». ¹ www.crescita-personale.it/articoli/crescita-personale/psicologia/dialogo-interiore-e-ruminazione-mentale.html

DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO

Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

Lascia un commento

Your email address will not be published.