Prontuario della Distensione – Come disinnescare le relazioni negative

Prontuario della Distensione – Come disinnescare le relazioni negative

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Certe persone hanno il dono di suscitare in noi emozioni negative. Non proprio per colpa loro. Siamo noi i soli responsabili delle nostre emozioni e non dobbiamo cedere alla tentazione di deresponsabilizzarci. Tuttavia è indubbio che certe presenze… ci disturbino!

Alle volte non ce ne rendiamo quasi conto, almeno fino a che qualcosa o qualcuno non ce lo riveli e ce lo palesi in modo più chiaro ed evidente. Magari la battuta di un collega : « Ma ti sta antipatica? », « Quando sei con lui non ti riconosco più! ».

Così realizziamo che stando con quella persona non riusciamo ad essere noi stessi: siamo ansiosi, ci sentiamo in colpa, ci vergogniamo, siamo nervosi, percepiamo una forma di pesantezza o una sensazione di vuoto interiore.  

Sensazioni che dobbiamo avere la forza di riconoscere, accogliere e recepire perché significano che quella relazione, così com’è, non ci fa del bene.

L’Analisi Transazionale è una forma di psicoterapia che si basa sulla teoria della personalità, nata negli anni Cinquanta del Novecento grazie allo psichiatra canadese Éric Berne. Potremmo considerarla un’evoluzione in senso relazionale della psicoanalisi freudiana. Il suo campo di studio sono le relazioni interpersonali.

L’Analisi Transazionale ci spiega che nelle relazioni interpersonali possiamo avere diversi tipi di scambio, in base agli Stati dell’Io. Per banalizzare potremmo dire che sono in qualche misura le sfaccettature della nostra personalità; quelle che mostriamo agli altri a seconda del ruolo che recitiamo.

Berne ne individua tre: l’Io Genitore, l’Io Adulto e l’Io Bambino. L’Io « genitore » è quello che stabilisce le regole, giudica, valuta; ma può altresì essere premuroso, generoso e comprensivo. L’Io « bambino » può essere sottomesso, ribelle o libero. In modalità “bambino libero” siamo spontanei, giocosi, espressivi. In modalità “bambino ribelle” insorgiamo contro le regole, ci spingiamo oltre i limiti, provochiamo. L’Io « adulto », infine, è la parte razionale, oggettiva, logica che può consentirci di liberarci da determinati blocchi e inibizioni.

Gli Stati dell’Io sono un fattore determinante per analizzare le relazioni difficili e scoprire l’origine del conflitto.

Per semplificare citerò un caso di una “crisi di coppia” approdatami in studio qualche decennio fa. « Lo riconosco, a volte sono un po’ come la madre della mia compagna: le dico cosa dovrebbe fare o le chiedo provocatoriamente se ha l’intenzione di macchiarsi. Ma solo per mantenere il controllo su di lei! A quel punto Irina mi risponde bruscamente con frasi del tipo “Perché me lo chiedi?!”, “Sei della polizia segreta?!”». Per leggerla in chiave AT (analisi transazionale), quando Miriam si mette nei panni del “Genitore Normativo”, Irina si rifugia nel ruolo del “Bambino Ribelle”.

Trasliamo il caso di Miriam e Irina in una normale relazione di lavoro e ci appare chiaro come con determinate persone (personalità) gli Stati dell’Io ci portino inconsapevolmente ad adottare atteggiamenti oppositivi e generatori di conflitti.

Continuando nella lettura che ci fornisce l’approccio transazionale, possiamo constatare che ogni Stato dell’Io ha i suoi vantaggi, ma anche i suoi inconvenienti. Non vi è uno “stato ideale”. Il migliore da adottare dipende infatti dai momenti e dalle circostanze, ma anche dai fini e da una serie di altre variabili. Risulta dunque chiaro che l’ideale è la capacità di saperlo adattare alle diverse situazioni, rinunciando agli approcci meno adeguati per adottare quelli  più opportuni.

Purtroppo però in certi contesti e in certe relazioni gli Stati dell’Io s’irrigidiscono complicando parecchio le cose.

Prendiamo un caso da manuale: i problemi con la suocera. Ogni volta che viene a casa non perde l’occasione di criticare la pulizia dell’appartamento, l’educazione dei ragazzi, lo spreco eccessivo o lo stipendio troppo esiguo per mantenere una famiglia. Recitando così il ruolo di « Genitore normativo » e relegandoci a quello di « Bambino sottomesso » se accettiamo passivamente le sue critiche o di « Bambino ribelle » se reagiamo con stizza e provocazione. E questo gioco al veleno può durare a lungo. Talvolta persino degenerare. 

Allora, per distendere le relazioni familiari, rendendole più serene e lineari, sarà necessario modificare il nostro atteggiamento. Incarnando il ruolo dell’Io adulto. Difficile infatti recitare la parte del “genitore” fronte ad un adulto autonomo! Un adulto che sappia affermarsi senza provocare o restare discreto e perfino silenzioso quando le circostanze lo suggeriscono. Per esempio, evitando d’incontrare la propria suocera quando non ci sentiamo particolarmente in forma. Oppure provando a sondare altri campi: chiedendole del suo lavoro, facendola parlare di lei e dei suoi interessi in modo che non si concentri più unicamente su di noi! Magari anche spiegandole che capiamo la sua delusione, ma che le sue critiche su di noi, il nostro lavoro, la nostra gestione familiare ci feriscono e chiedendole di evitarle. Insomma, tentando diverse strade e perseverando su quelle che si rivelano più efficaci.

Se ci riflettiamo bene, un problema ricorrente piuttosto fastidioso è la nostra tendenza a reiterare certi atteggiamenti, a ripetere certi approcci relazionali nonostante ci facciano soffrire, semplicemente perché siamo convinti di non aver altra scelta! Continuare a fare una cosa che non abbiamo voglia di fare perché l’abbiamo sempre fatta, per esempio, è una delle peggiori scuse, uno degli alibi più infelici per la nostra passività! Ricordiamoci che c’è sempre un’alternativa.

Il cambiamento ci intimorisce sia dal punto di vista personale che da quello relazionale. Eppure molto spesso è la soluzione ideale ai nostri problemi e, in definitiva, la sola certezza delle nostra vita.

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Certe persone hanno il dono di suscitare in noi emozioni negative. Non proprio per colpa loro. Siamo noi i soli responsabili delle nostre emozioni e non dobbiamo cedere alla tentazione di deresponsabilizzarci. Tuttavia è indubbio che certe presenze… ci disturbino!

Alle volte non ce ne rendiamo quasi conto, almeno fino a che qualcosa o qualcuno non ce lo riveli e ce lo palesi in modo più chiaro ed evidente. Magari la battuta di un collega : « Ma ti sta antipatica? », « Quando sei con lui non ti riconosco più! ».

Così realizziamo che stando con quella persona non riusciamo ad essere noi stessi: siamo ansiosi, ci sentiamo in colpa, ci vergogniamo, siamo nervosi, percepiamo una forma di pesantezza o una sensazione di vuoto interiore.  

Sensazioni che dobbiamo avere la forza di riconoscere, accogliere e recepire perché significano che quella relazione, così com’è, non ci fa del bene.

L’Analisi Transazionale è una forma di psicoterapia che si basa sulla teoria della personalità, nata negli anni Cinquanta del Novecento grazie allo psichiatra canadese Éric Berne. Potremmo considerarla un’evoluzione in senso relazionale della psicoanalisi freudiana. Il suo campo di studio sono le relazioni interpersonali.

L’Analisi Transazionale ci spiega che nelle relazioni interpersonali possiamo avere diversi tipi di scambio, in base agli Stati dell’Io. Per banalizzare potremmo dire che sono in qualche misura le sfaccettature della nostra personalità; quelle che mostriamo agli altri a seconda del ruolo che recitiamo.

Berne ne individua tre: l’Io Genitore, l’Io Adulto e l’Io Bambino. L’Io « genitore » è quello che stabilisce le regole, giudica, valuta; ma può altresì essere premuroso, generoso e comprensivo. L’Io « bambino » può essere sottomesso, ribelle o libero. In modalità “bambino libero” siamo spontanei, giocosi, espressivi. In modalità “bambino ribelle” insorgiamo contro le regole, ci spingiamo oltre i limiti, provochiamo. L’Io « adulto », infine, è la parte razionale, oggettiva, logica che può consentirci di liberarci da determinati blocchi e inibizioni.

Gli Stati dell’Io sono un fattore determinante per analizzare le relazioni difficili e scoprire l’origine del conflitto.

Per semplificare citerò un caso di una “crisi di coppia” approdatami in studio qualche decennio fa. « Lo riconosco, a volte sono un po’ come la madre della mia compagna: le dico cosa dovrebbe fare o le chiedo provocatoriamente se ha l’intenzione di macchiarsi. Ma solo per mantenere il controllo su di lei! A quel punto Irina mi risponde bruscamente con frasi del tipo “Perché me lo chiedi?!”, “Sei della polizia segreta?!”». Per leggerla in chiave AT (analisi transazionale), quando Miriam si mette nei panni del “Genitore Normativo”, Irina si rifugia nel ruolo del “Bambino Ribelle”.

Trasliamo il caso di Miriam e Irina in una normale relazione di lavoro e ci appare chiaro come con determinate persone (personalità) gli Stati dell’Io ci portino inconsapevolmente ad adottare atteggiamenti oppositivi e generatori di conflitti.

Continuando nella lettura che ci fornisce l’approccio transazionale, possiamo constatare che ogni Stato dell’Io ha i suoi vantaggi, ma anche i suoi inconvenienti. Non vi è uno “stato ideale”. Il migliore da adottare dipende infatti dai momenti e dalle circostanze, ma anche dai fini e da una serie di altre variabili. Risulta dunque chiaro che l’ideale è la capacità di saperlo adattare alle diverse situazioni, rinunciando agli approcci meno adeguati per adottare quelli  più opportuni.

Purtroppo però in certi contesti e in certe relazioni gli Stati dell’Io s’irrigidiscono complicando parecchio le cose.

Prendiamo un caso da manuale: i problemi con la suocera. Ogni volta che viene a casa non perde l’occasione di criticare la pulizia dell’appartamento, l’educazione dei ragazzi, lo spreco eccessivo o lo stipendio troppo esiguo per mantenere una famiglia. Recitando così il ruolo di « Genitore normativo » e relegandoci a quello di « Bambino sottomesso » se accettiamo passivamente le sue critiche o di « Bambino ribelle » se reagiamo con stizza e provocazione. E questo gioco al veleno può durare a lungo. Talvolta persino degenerare. 

Allora, per distendere le relazioni familiari, rendendole più serene e lineari, sarà necessario modificare il nostro atteggiamento. Incarnando il ruolo dell’Io adulto. Difficile infatti recitare la parte del “genitore” fronte ad un adulto autonomo! Un adulto che sappia affermarsi senza provocare o restare discreto e perfino silenzioso quando le circostanze lo suggeriscono. Per esempio, evitando d’incontrare la propria suocera quando non ci sentiamo particolarmente in forma. Oppure provando a sondare altri campi: chiedendole del suo lavoro, facendola parlare di lei e dei suoi interessi in modo che non si concentri più unicamente su di noi! Magari anche spiegandole che capiamo la sua delusione, ma che le sue critiche su di noi, il nostro lavoro, la nostra gestione familiare ci feriscono e chiedendole di evitarle. Insomma, tentando diverse strade e perseverando su quelle che si rivelano più efficaci.

Se ci riflettiamo bene, un problema ricorrente piuttosto fastidioso è la nostra tendenza a reiterare certi atteggiamenti, a ripetere certi approcci relazionali nonostante ci facciano soffrire, semplicemente perché siamo convinti di non aver altra scelta! Continuare a fare una cosa che non abbiamo voglia di fare perché l’abbiamo sempre fatta, per esempio, è una delle peggiori scuse, uno degli alibi più infelici per la nostra passività! Ricordiamoci che c’è sempre un’alternativa.

Il cambiamento ci intimorisce sia dal punto di vista personale che da quello relazionale. Eppure molto spesso è la soluzione ideale ai nostri problemi e, in definitiva, la sola certezza delle nostra vita.

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Certe persone hanno il dono di suscitare in noi emozioni negative. Non proprio per colpa loro. Siamo noi i soli responsabili delle nostre emozioni e non dobbiamo cedere alla tentazione di deresponsabilizzarci. Tuttavia è indubbio che certe presenze… ci disturbino!

Alle volte non ce ne rendiamo quasi conto, almeno fino a che qualcosa o qualcuno non ce lo riveli e ce lo palesi in modo più chiaro ed evidente. Magari la battuta di un collega : « Ma ti sta antipatica? », « Quando sei con lui non ti riconosco più! ».

Così realizziamo che stando con quella persona non riusciamo ad essere noi stessi: siamo ansiosi, ci sentiamo in colpa, ci vergogniamo, siamo nervosi, percepiamo una forma di pesantezza o una sensazione di vuoto interiore.  

Sensazioni che dobbiamo avere la forza di riconoscere, accogliere e recepire perché significano che quella relazione, così com’è, non ci fa del bene.

L’Analisi Transazionale è una forma di psicoterapia che si basa sulla teoria della personalità, nata negli anni Cinquanta del Novecento grazie allo psichiatra canadese Éric Berne. Potremmo considerarla un’evoluzione in senso relazionale della psicoanalisi freudiana. Il suo campo di studio sono le relazioni interpersonali.

L’Analisi Transazionale ci spiega che nelle relazioni interpersonali possiamo avere diversi tipi di scambio, in base agli Stati dell’Io. Per banalizzare potremmo dire che sono in qualche misura le sfaccettature della nostra personalità; quelle che mostriamo agli altri a seconda del ruolo che recitiamo.

Berne ne individua tre: l’Io Genitore, l’Io Adulto e l’Io Bambino. L’Io « genitore » è quello che stabilisce le regole, giudica, valuta; ma può altresì essere premuroso, generoso e comprensivo. L’Io « bambino » può essere sottomesso, ribelle o libero. In modalità “bambino libero” siamo spontanei, giocosi, espressivi. In modalità “bambino ribelle” insorgiamo contro le regole, ci spingiamo oltre i limiti, provochiamo. L’Io « adulto », infine, è la parte razionale, oggettiva, logica che può consentirci di liberarci da determinati blocchi e inibizioni.

Gli Stati dell’Io sono un fattore determinante per analizzare le relazioni difficili e scoprire l’origine del conflitto.

Per semplificare citerò un caso di una “crisi di coppia” approdatami in studio qualche decennio fa. « Lo riconosco, a volte sono un po’ come la madre della mia compagna: le dico cosa dovrebbe fare o le chiedo provocatoriamente se ha l’intenzione di macchiarsi. Ma solo per mantenere il controllo su di lei! A quel punto Irina mi risponde bruscamente con frasi del tipo “Perché me lo chiedi?!”, “Sei della polizia segreta?!”». Per leggerla in chiave AT (analisi transazionale), quando Miriam si mette nei panni del “Genitore Normativo”, Irina si rifugia nel ruolo del “Bambino Ribelle”.

Trasliamo il caso di Miriam e Irina in una normale relazione di lavoro e ci appare chiaro come con determinate persone (personalità) gli Stati dell’Io ci portino inconsapevolmente ad adottare atteggiamenti oppositivi e generatori di conflitti.

Continuando nella lettura che ci fornisce l’approccio transazionale, possiamo constatare che ogni Stato dell’Io ha i suoi vantaggi, ma anche i suoi inconvenienti. Non vi è uno “stato ideale”. Il migliore da adottare dipende infatti dai momenti e dalle circostanze, ma anche dai fini e da una serie di altre variabili. Risulta dunque chiaro che l’ideale è la capacità di saperlo adattare alle diverse situazioni, rinunciando agli approcci meno adeguati per adottare quelli  più opportuni.

Purtroppo però in certi contesti e in certe relazioni gli Stati dell’Io s’irrigidiscono complicando parecchio le cose.

Prendiamo un caso da manuale: i problemi con la suocera. Ogni volta che viene a casa non perde l’occasione di criticare la pulizia dell’appartamento, l’educazione dei ragazzi, lo spreco eccessivo o lo stipendio troppo esiguo per mantenere una famiglia. Recitando così il ruolo di « Genitore normativo » e relegandoci a quello di « Bambino sottomesso » se accettiamo passivamente le sue critiche o di « Bambino ribelle » se reagiamo con stizza e provocazione. E questo gioco al veleno può durare a lungo. Talvolta persino degenerare. 

Allora, per distendere le relazioni familiari, rendendole più serene e lineari, sarà necessario modificare il nostro atteggiamento. Incarnando il ruolo dell’Io adulto. Difficile infatti recitare la parte del “genitore” fronte ad un adulto autonomo! Un adulto che sappia affermarsi senza provocare o restare discreto e perfino silenzioso quando le circostanze lo suggeriscono. Per esempio, evitando d’incontrare la propria suocera quando non ci sentiamo particolarmente in forma. Oppure provando a sondare altri campi: chiedendole del suo lavoro, facendola parlare di lei e dei suoi interessi in modo che non si concentri più unicamente su di noi! Magari anche spiegandole che capiamo la sua delusione, ma che le sue critiche su di noi, il nostro lavoro, la nostra gestione familiare ci feriscono e chiedendole di evitarle. Insomma, tentando diverse strade e perseverando su quelle che si rivelano più efficaci.

Se ci riflettiamo bene, un problema ricorrente piuttosto fastidioso è la nostra tendenza a reiterare certi atteggiamenti, a ripetere certi approcci relazionali nonostante ci facciano soffrire, semplicemente perché siamo convinti di non aver altra scelta! Continuare a fare una cosa che non abbiamo voglia di fare perché l’abbiamo sempre fatta, per esempio, è una delle peggiori scuse, uno degli alibi più infelici per la nostra passività! Ricordiamoci che c’è sempre un’alternativa.

Il cambiamento ci intimorisce sia dal punto di vista personale che da quello relazionale. Eppure molto spesso è la soluzione ideale ai nostri problemi e, in definitiva, la sola certezza delle nostra vita.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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